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  • Il metodo

    Migliorare la performance aziendale con la disintossicazione digitale

    Nell’articolo della settimana scorsa abbiamo parlato di  J.O.M.O. (Joy of missing out) che è la gioia di perdersi qualcosa ed accettare la realtà. 

    La scelta di chi pratica J.O.M.O è la gioia di perdersi con quello che è, lasciando andare la paura di non essere abbastanza (F.O.M.O.)

    Per migliorare le performance aziendale bisogna scegliere.

    Scegliere di allenarsi a stare nel flow e allentare lo stato di tensione continua, che si manifesta con la sensazione di non essere mai abbastanza, di dover dimostrare, di essere in balia del giudizio altrui.

    Stare nel flow ai giorni nostri, implica una digital detox, implica vivere, come lo definisce Mihaly Csikszentmihalyi  “un’esperienza di gioia vivissima, un sentimento di estasi apparentemente senza motivo, dove la concentrazione è così intensa che non rimane più attenzione da dedicare ad altro.”

    Durante lo stato di flusso, le persone in genere sperimentano un profondo godimento, creatività e un totale coinvolgimento con la vita, ed entrano direttamente in contatto con il proprio Sé e con il senso di pienezza.

    Tutto ciò ha a che fare con 2 elementi fondamentali: l’attenzione e lo stato di pienezza.

    Lo stato di flow sta all’attenzione, come l’attenzione sta alla digital detox.  

    L’attenzione migliora la performance aziendale attenuando l’ansia

    L’attenzione e’ localizzata nella neo corteccia pre-frontale.

    Quando la nostra attenzione si focalizza su un determinato oggetto, interno od esterno, c’è un addensamento di neuroni (aumenta lo spessore).

    Grazie alla neuroplasticità cerebrale, più attenzione portiamo, più il nostro cervello diventa capace di attenzione stabile. 

    In questo modo aumentano i neuroni che si traducono in brain wellness.

    L’attenzione può essere diretta in modo volontario oppure in modo automatico.

    Nella nostra quotidianità accade spesso che le componenti di orientamento volontario e quelle di orientamento automatico dell’attenzione siano compresenti. 

    Ad esempio, se il nostro obiettivo è cercare qualcosa, soprattutto nel mondo web, capita spesso che la nostra attenzione venga distratta dalla presenza di un altro oggetto. 

    In generale, si ritiene che l’attenzione possa essere catturata automaticamente da eventi, stimoli e informazioni irrilevanti, rispetto allo scopo e al compito del soggetto.

    Per attenzione stabile si intende la capacità di concentrarsi sull’oggetto di interesse, e di elaborare in modo privilegiato le informazioni rilevanti, per il raggiungimento di uno specifico scopo. 

    L’informazione a cui si presta attenzione viene selezionata ed elaborata in maniera più efficiente, ha accesso alla coscienza e guida la risposta.

    L’attenzione stabile entra in gioco solo quando bisogna selezionare una risposta da emettere. 

    In tal senso, l’attenzione stabile consente di controllare l’accesso dell’informazione alla coscienza, ci porta all’interno di noi, ci fa stare nella presenza e genera benessere.

    I vantaggi dell’attenzione stabile sono :

    • Efficienza ed efficacia operativa: dedicati al 100% all’attività specifica entrando in stato di flow
    • Miglioramento della qualità delle relazioni umane: quando siamo più attenti, siamo presenti
    • Attivazione della contemplazione: meraviglia, ampliamento della percezione, senso di appartenenza e benessere 
    • Osservazione di Sé: migliora la consapevolezza perchè impariamo a notare le nostre esperienze mentali, fisiche ed emotive

    Quindi :

    +contenuti mentalI-attenzione = stress.

    -contenuti mentali (o meglio contenuti mentali scelti ), +attenzione= migliori performance aziendali.

    Lo stato di pienezza migliora la performance aziendale, non c’è dubbio

    Che differenza c’è tra pensare ed agire da uno stato di pienezza o da uno stato di bisogno?

    Il 20 aprile del 1986 nella partita tra Boston Celtics e Chicago Bulls  il giovane 23enne Michael Jordan segnò 63 punti, attuale record dei playoff.

    Quel giorno Jordan era in chiaro stato di flow, qualsiasi tiro gli entrava, schiacciava in testa a tutti e non sbagliava mai, sembrava un adulto che giocava con dei bambini e questi erano i grandissimi Boston Celtics (che poi vinsero il titolo NBA dell’86).

    Il grande Larry Bird dopo quella partita disse: “Ho visto Dio travestito da Michael Jordan”.

    Questa performance lasciò un segno e la ricordiamo raccontata nella famosa serie di Netflix “The Last Dance”.

    Quando sei nel flow si nota! 

    Perchè le tue prestazioni migliorano notevolmente.

    Csikszentmihalyi spiega come il forte focus mentale porta a un senso di estasi, un senso di chiarezza, hai il pieno controllo della situazione, ti dimentichi di te stesso. Ti senti parte di qualcosa di più grande. In questo spazio anche la percezione del tempo si trasforma.

    Ti è mai capitato di lavorare, studiare o giocare così intensamente da perdere la cognizione del tempo? 

    Ovviamente non dobbiamo essere tutti Michael Jordan e neanche grandi scienziati.

    Se le nostre abilità non sono all’altezza della sfida avremo uno stato di ansia e stress e al contrario saremo troppo rilassati.

    Quando abbiamo un livello medio di conoscenza, ma poche sfide, entra in gioco la noia.

    In qualsiasi campo siamo occorrono anni per raggiungere il giusto livello di esperienza/conoscenza: esso è la base per attivare lo stato di flusso.

    “Mi ci sono voluti quattro anni per dipingere come Raffaello, ma una vita per dipingere come un bambino”. Pablo Picasso

    Lo stato di pienezza ha a che fare con la passione e il senso

    Sono pieno e pago di me. 

    Non significa che sono arrogantemente nella presunzione di non aver più nulla da imparare. 

    Tutt’altro, significa che sono in un flusso tra il mio amore per ciò che sono e la mia voglia di scambiare, tra la mia passione che mi spinge a migliorarmi sempre più e il desiderio di rendere utile agli altri, di fare sharing.

    Quando lo scambio avviene da uno stato di pienezza ad un altro stato di pienezza, il risultato è arricchente per entrambe le parti.

    Avviene sia nelle relazioni affettive, che nelle relazioni lavorative.

    Quando l’ansia da prestazione, la paura di non essere all’altezza, sottende il mio agire, lo scambio parte sempre da una vibrazione di scarsità o di bisogno e si mantiene ad una frequenza bassa, o addirittura prosciuga energia da una o da entrambe le parti.

    A quel punto scatta la fear of missimg out (FOMO) che spesso riguarda più la nostra parte egoica.

    Voler generare, è diverso da dover generare

    Volere è potere, ma dovere non è volere.

    Il volere avvicina al senso. Il dovere allontana dal Sé.

    Ognuno di noi può percepire la propria giornata come una serie di attività che deve svolgere, o che vuole svolgere, anche quando ha la sensazione che tutto sia un to do list.

    Cosa succede se alla parola “devo” sostituisco la parola “ voglio”? 

    Che emozione si muove dentro di me, quando inizio osservando la sensazione?

    Questo non significa che tutte le nostre prestazioni lavorative debbano essere tese a migliorare la performance ma che l’intento, la volontà e la disciplina con la quale svolgiamo i nostri compiti, siano allineati al nostro sentire e alla nostra unicità.  Anche nel limite e nell’errore che, vale la pena ricordarlo, sono parte fondamentale di ogni processo migliorativo.

    Quando a scuola ci fecero leggere questa poesia di Douglas Malloch, l’insegnamento trasmesso fu quello di risplendere della propria migliore luce per il proprio benessere, e quello di chi con noi si relaziona.

    Se non puoi essere un pino in cima alla collina, sii una macchia nella valle,

     ma sii la migliore, piccola macchia accanto al ruscello; 

    sii un cespuglio, se non puoi essere un albero.

    Se non puoi essere un cespuglio, sii un filo d’erba,e rendi più lieta la strada;

    se non puoi essere un luccio, allora sii solo un pesce persico, ma il persico più vivace del lago!

    Non possiamo essere tutti capitani, dobbiamo essere anche un equipaggio,

    C’è qualcosa per tutti noi qui, ci sono grandi compiti da svolgere e ce ne sono anche di più piccoli,

    e quello che devi svolgere tu è li, vicino a te.

    Se non puoi essere un’autostrada, sii solo un sentiero, se non puoi essere il sole, sii una stella;

    Non è grazie alle dimensioni che vincerai o perderai: sii il meglio di qualunque cosa tu possa essere.

    Oggi spesso sostituiamo al nostro Sé, la sua imitazione: ci esibiamo e ci mostriamo attraverso una narrazione di superficie, uno storytelling che sia accettabile dagli altri, che comunichi il nostro senso (accettabile) di benessere e che ci dia visibilità.

    L’esistenza oggi significa presenza, ma non a se stessi: soprattutto agli altri.

    A volte succede perchè molti di noi faticano a ad avere chiarezza su chi sono e cosa vogliono.

    Nella vita, come sul lavoro.

    Il significato etimologico di performance ‹pëfòomëns› s. ingl. [der. di (to) perform «compiere, eseguire», dal fr. ant. performer «compiere», che è dal lat. tardo performare «dare forma», ci riporta quindi al senso non solo di compiere, ma generare, dare forma, che è ancora prima della creatività.

    Cosa attiva la paura di performare in azienda?

    Lasciare andare una dimensione che non ci appaga e non ci soddisfa, ma della quale conosciamo limiti e vantaggi, è più facile che mettere in atto un cambiamento: decidere di “metterci sempre la faccia” e portare al mondo il nostro valore, condividerlo per migliorare se stessi richiede coraggio!

    Coraggio nel dimensionare le nostre aspettative su noi stessi, nel confrontarsi realmente con gli altri ed essere predisposti ad accogliere critiche e commenti.

    Oggi, nel grande cambiamento, abbiamo un’occasione unica: possiamo attingere da tecniche di consapevolezza, centrarci e immetterci nel flusso che si muove verso una nuovo setting del mondo del lavoro e della vita.

    Senza dimenticare che non siamo soli.

    Questo ci dovrebbe ricordare che, in una visione cosciente e solida del Sé, l’altro ci completa sempre, non ci mina ne ci boicotta. L’altro è sempre messaggero di opportunità di miglioramento.

    L’essere connessi, se prodotto di una scelta consapevole, ci sostiene nel migliorare la performance della nostra vita. 

    Inclusione, relazione, condivisione, crescita collettiva sono gli obiettivi oggi realmente conseguibili.

    E’ tempo dunque di lasciare andare ciò che ci siamo imposti di essere o che gli altri hanno scelto per noi, e stare.

    E’ tempo di valorizzare il diamante grezzo che si cela dentro di noi: stare in silenzio ad ascoltare, stare in ascolto del Sé, stare in pacifica attesa affinché il valore, i talenti, possano trovare lo spazio necessario per manifestarsi.

    E poi agire.

    Dalla disintossicazione digitale al benessere digitale per migliorare la performance aziendale

    E’ quindi necessario, alla luce di quanto sin qui detto, prendersi una pausa. 

     «Prima di pensare a cambiare il mondo, fare le rivoluzioni, meditare nuove costituzioni, stabilire un nuovo ordine, scendete prima di tutto nel vostro cuore, fatevi regnare l’ordine, l’armonia e la pace. Soltanto dopo, cercate delle anime che vi assomigliano e passate all’azione» così scriveva Platone (più o meno 2400 anni fa).

    Chiunque intenda intraprendere una disintossicazione digitale dovrebbe:

    • avere una motivazione: non importa che sia riprendere finalmente contatto con la natura, avere un po’ più di tempo per sé o per la famiglia e gli amici ecc.
    • accettare un limite di tempo per il proprio rehab: perché sia di qualche utilità, si dovrebbe stare lontani dai social non meno di ventiquattro ore. 

    Una bella sfida potrebbe essere farlo per una settimana. In questo caso potrebbe essere necessario avvertire in anticipo i propri contatti e reinventarsi modi un po’ “vintage” per non restare isolati e far sì che la propria sfera affettivo-relazionale non ne risulti danneggiata.

    • Programmare le proprie giornate analogiche e riempire il tempo normalmente dedicato ai social: si potrebbe fare una lunga passeggiata, approfittarne per visitare quel museo in cui non si è mai stati, per rivedere amici di vecchia data, finire i libri dimenticati sul comodino, scrivere una lettera a qualcuno, ecc. 

    Gli step visti fin qua dovrebbero aiutare a godersi davvero la propria pausa dagli ambienti digitali: all’inizio è normale provare un senso di smarrimento e la voglia di tornare immediatamente al mondo e alle proprie abitudini digitali; bisogna pazientare però perché, passato lo sconvolgimento iniziale, si comincerà a godere della sensazione di essere finalmente disconnessi e di riprendersi il proprio potere, il potere del Sé.

    Anche il ritorno al mondo digitale potrebbe essere straniante, non fosse altro che per le numerose notifiche accumulate, le email arretrate a cui rispondere, le informazioni e le news da recuperare. 

    Fare selezione è altrettanto importante in questa fase e il proprio rehab dovrebbe aver insegnato, del resto, a sentirsi più centrati, nella propria forza, ad aver recuperato consapevolezza rispetto al digitale come strumento e non come fine.

    Riprendersi il proprio potere significa tornare in azienda con quello stato di flow e di pienezza che caratterizza il migliorare le performance e renderle la conseguenza dell’ essere vicini alla nostra unicità, con passione  e vitalità in tutti gli aspetti della nostra vita.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

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