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prendere una decisione

  • Il metodo

    Maschile e femminile: la miglior comprensione per trasformare il conflitto in azienda

    conflitto-in-azienda-myhara

    La prima competenza necessaria per risolvere il conflitto in azienda è la conoscenza di Sé.

    Il maschile e il femminile sono 2 energie, prima ancora di essere rappresentate dall’immagine di uomo e donna.

    In un paradiso delle origini esse inizialmente erano inscindibilmente unite.

    Ritroviamo tutto ciò nella mitologia greca (Pandora che viene forgiata da Prometeo), andina (Pachamama la grande terra e Pachacamac il signore del cielo), nella religione cattolica (Eva nasce dalla costola di Adamo), nella psicologia evoluzionista (la neonata rispetto agli approcci psicologici più tradizionali) che ci conferma che, frutto di un determinismo evolutivo, esistono queste due nature con proprie specificità e non possiamo farci niente.

    L’esperienza socio ambientale si innesca su una natura umana già alla base differenziata, dotata di una grande plasticità, ma non è unisex come dice Stewart-Williams, Steve nel libro “La scimmia che ha capito l’universo.” 

    Quando il femminile si stacca dal maschile, sulla Terra ha origine la sofferenza,il dolore, la frustrazione.

    Pandora apre il vaso da cui escono tutti i mali, Eva mangia la mela provocando la caduta del paradiso terrestre, Pachamama grazie a Pachamacac, che porta la prima alba, torna a regnare sulla Terra florida.

    La psicologia evoluzionista non prende minimamente in considerazione il maschile senza il femminile.

    Il maschile e femminile sono due rovesci della stessa medaglia, che ci riguardano direttamente, nella nostra intrinseca natura.

    Essere uomo o donna appartiene al nostro corpo fisico (considerato peraltro l’altra faccia dell’anima) e alla nostra biologia. E’ indiscutibilmente vero che un corpo fisico maschile ha caratteristiche differenti da quello femminile, primo fra tutti, l’apparato genitale esterno nell’uomo, interno nella donna.

    Ma maschile e femminile riguarda tutta la Natura, l’acqua, l’aria, il fuoco, la luna, il sole.

    Se pensassimo il giorno senza la notte la Natura sarebbe scompensata, se non dormissimo e fossimo sempre legati ad attività diurne, presto o tardi manifesteremo sindromi di squilibrio.

    Hai mai pensato che tutto, ma proprio tutto è maschile e femminile?

    Quando questo movimento e’ alterato si crea conflitto.

    Le stesse energie, come riporta C.G.Jung parlandoci di Animus e Anima come componenti maschili e femminili presenti in ognuno di noi, vanno osservate e riconosciute ed armonizzate.

    Questo è il primo conflitto che nasce dentro di noi e che poi genera conflitti all’esterno, ed anche in azienda.

    All’origine queste 2 energie erano distinte, ma non separate.

    Quando ci pensiamo come o solo energia femminile o solo energia maschile creiamo in noi stress, sofferenza, ansia e agitazione.

    Il cammino per conoscere la vera causa del dolore e reciderlo alla radice è il cammino della riunificazione degli opposti.

    Questo è il percorso che ognuno di noi dovrebbe fare per sciogliere l’inganno della sofferenza.

    Gli archetipi e il conflitto in azienda, e nella vita

    Quando l’uomo riesce ad unificare dentro di Sé l’archetipo maschile e quello femminile è “illuminato”, sta bene, è vitale, propositivo, creativo, centrato.

    Nella nostra cultura è una condizione rara.

    Non solo l’archetipo maschile e l’archetipo femminile sono distinti e separati, ma c’è prevaricazione dell’archetipo maschile.

    La simbologia patricentrica lasciata da sola, senza il contributo del simbolo matricentrico, si fonda solo sulla ratio, il logos, il pensiero, l’analisi diagnostica e non integra l’invisibilità, l’anima.

    L’azienda in questa visione patricentrica è come una macchina, un corpo meccanico in cui il sistema matricentrico non è presente.

    L’azienda patricentrica, focalizzata al profitto e alla competitività, non lascia spazio al simbolo matricentrico e parte dal mettere al centro non solo l’Io, ma ha come fine il  continuo rinforzo delle strutture dell’Io.

    Ma l’Io separato dalla sua ombra, dalla sua parte invisibile, del Tutto… è una gabbia.

    La visione patricentrica dell’azienda ne filtra l’anima attraverso le categorie diagnostiche, il distinguo analitico.

    L’Archetipo maschile risponde a solarità, razionalità, ordine,logos, logica analisi.

    sociale, dominio. La vista è il senso che prevale sugli altri .

    L’Archetipo femminile risponde a lunarità, oscurità, pathos, sentimento, anima, invisibilità, cura del particolare. Il senso prevalente è il tatto, legato alla carezza, al gesto che guarisce.

    Nell’articolo precedente abbiamo anche visto come interagiscono i 2 emisferi cerebrali ed ora potremmo mettere insieme tutti i pezzi di questo puzzle, che siamo noi, e comprendere meglio come il conflitto interno è causa del conflitto in azienda e nelle relazioni in generale.

    Il conflitto deve essere compreso ed integrato.

    Solo un approccio consapevole consente di gestire e trasformare il conflitto in un momento di sviluppo aziendale e crescita personale.

    Non sempre il conflitto in azienda e nella vita è negativo

    Chiarito il posizionamento del maschile e femminile e l’importanza di includere la diversità come nutrimento e ricchezza, torniamo alla consapevolezza di questo continuo movimento delle 2 energie in noi per migliorare la gestione del conflitto in azienda e fuori.

     “Il conflitto è quella situazione che si determina tutte le volte che su un individuo agiscono contemporaneamente due forze psichiche di intensità più o meno uguale, ma di opposta direzione”.

    (Kurt Lewin)

    La vera consapevolezza è che dentro di noi sussistono sempre forze psichiche opposte e distinte, ma non separate. Quindi il conflitto nasce, per sua natura, intrapsichico quando non riconosciamo le nostre 2 energie, maschile e femminile, senza includere e armonizzandole.

    Recenti ricerche mostrano che l’85% dei dipendenti a tutti i livelli (compresi quindi il management ed il vertice d’impresa) trascorrono in media circa 2,8 ore ogni settimana nell’affrontare situazioni conflittuali in cui differenti obiettivi di settore e individuali, nonché differenti vedute ed esigenze, creano divergenze. Ogni anno, quelle ore di perdita di produttività sommate valgono miliardi di euro. Senza considerare gli effetti psicologici ed emotivi.( cit. Working Paper)

    Di per sé un conflitto è la presa d’atto che esistono posizioni diverse rispetto ad un problema comune. Questa non è una situazione negativa ed anzi può essere un’occasione per attivare un interessante processo di problem solving finalizzato ad individuare una soluzione con il contributo di tutti i soggetti coinvolti.

    Una situazione conflittuale diventa realmente problematica quando è gestita male e si trasforma in uno scontro tra persone.

    Vari modi di catalogare i conflitti in azienda

    In base ai soggetti coinvolti:
    • Conflitto intrapsichico: stato di tensione che una persona avverte confrontandosi con bisogni, desideri, impulsi e motivazioni contrastanti. La tensione nasce a causa di forze contrapposte che indirizzano la persona a prendere una decisione piuttosto che un’altra.
    • Conflitto interpersonale: il soddisfacimento di un desiderio o il conseguimento di un obiettivo da parte del singolo entra in contrasto con desideri e obiettivi di altre persone.
    • Conflitto intragruppo e conflitto intergruppo: fra membri dello stesso gruppo o di gruppi differenti.

    In base alla tipologia di argomento:

    • Conflitto di tipo emotivo: tende a degenerare, perché le persone in questione non chiariscono i loro punti di vista o per timore dell’altro o per paura di esporsi in una relazione di rabbia o di rifiuto.
    • Conflitto di interessi: le persone coinvolte hanno interessi differenti e contrastanti che possono essere soddisfatti solo a discapito dell’altro.
    • Conflitto di dati: quando le persone coinvolte non solo hanno due punti di vista diversi ma possiedono informazioni parziali o travisate. 

    In base all’esito:

    • Conflitto distruttivo: interferisce con l’efficacia del lavoro svolto e con un clima di lavoro salutare. La comunicazione in questo caso è contraddistinta dalla competizione: ogni membro del gruppo cerca di influenzare gli altri semplicemente allo scopo di avere ragione imponendo il suo punto di vista. 
    • Conflitto costruttivo: i membri del gruppo sono consapevoli che il disaccordo è un aspetto naturale all’interno delle dinamiche di gruppo e può anzi rappresentare un fattore chiave per il raggiungimento dei loro obiettivi comuni. Questo tipo di atteggiamento si riflette in un tipo di comunicazione in cui prevale la cooperazione: le idee e le opinioni di tutti sono ascoltate con interesse, attenzione e positività.

    Competenze necessarie per gestire positivamente i conflitti in azienda

    Come possiamo verificare dall’elenco qui sotto la prima voce riguarda sempre il proprio Sé. 

    • Conoscenza di sé 
    • Conoscenza dell’Altro
    • Comprensione
    • Comunicazione
    • Cooperazione
    • Fiducia
    • Pensiero  Divergente e Creativo
    • Valorizzazione (autostima)

    Quando smetteremo di cercare fuori la soluzione al nostro conflitto interiore, noteremo un grande beneficio:

    Armonia: sentirsi in sintonia con la nostra essenza trasmette una sensazione di tranquillità. È così che ci avviciniamo a ciò che desideriamo e intraprendiamo una ricerca assertiva

    Auto-conoscenza: cercare dentro di noi ci permette di conoscerci meglio

    Assertività: volgendo lo sguardo verso il nostro Io interiore, scenderemo dal piedistallo su cui ci pongono gli altri, ci lasceremo alle spalle i pregiudizi e instaureremo relazioni più sane.

    Quando cerchiamo fuori, quello che in realtà abbiamo dentro, ci allontaniamo da noi stessi.

    Il conflitto in azienda e l’omeostasi di sistema

    Noi siamo parte di un sistema con il quale interagiamo quotidianamente. Un sistema che varia e che, per reggersi ed essere continuo, si deve autoregolare attraverso l’integrazione delle parti.  

    Pensando all’azienda come ad un “essere vivente” una delle sfide di leadership è la ricerca dell’omeostasi interna. 

    Il termine omeostasi deriva dalla fusione di due parole greche, òmoios, “simile” e stasis “posizione”. 

    Padre di questo neologismo fu Walter Cannon, che riprese i concetti di Claude Bernard, secondo cui “tutti i meccanismi vitali, per quanto siano vari, non hanno altro che un fine costante: quello di mantenere l’unità delle condizioni di vita dell’ambiente interno“. 

    E’ la tendenza naturale al raggiungimento di una relativa stabilità, sia delle proprietà chimico-fisiche interne sia comportamentali, che accomuna tutti gli organismi viventi, per i quali tale regime dinamico deve mantenersi nel tempo, anche al variare delle condizioni esterne, attraverso precisi meccanismi autoregolatori, grazie all’integrazione e all’equilibrio delle funzioni.

    Il conflitto in azienda può essere risolto attraverso il bilanciamento delle parti?

    Abbiamo compreso che pensare di eliminare il conflitto tra le persone è inutile. Imparare a creare un ambiente in cui il conflitto venga assorbito e trasformato in possibilità, no.

    Come sosteneva  Eraclito «Il Polemos è il padre di tutte le cose» 

    Ogni conquista dell’uomo, nel bene e nel male – al di là del bene e del male – è sempre stata il risultato di un polemos, una guerra, un conflitto, condizionato quindi da quest’ultimo.

    Il conflitto dei conflitti: maschile e femminile in azienda

    Come nessun uomo presenta, a senso unico, i tratti tipici del maschile, così la donna non rappresenta al cento per cento i tratti tipici del femminile. Abbiamo visto anche l’approccio delle psicologia evoluzionista che definisce il grado di identificazione al ruolo associato al sesso biologico, come un dato di natura. Vi sono poi i fattori culturali e le dinamiche intrapsichiche che affondano le loro prime radici nell’infanzia e in rapporto alle figure genitoriali, che vengono poi rimaneggiate con lo sviluppo della sessualità. 

    Tutto concorre al continuo movimento di queste 2 archetipiche energie.

    Un uomo in posizione femminile non è necessariamente omosessuale o isterico, così come una donna che si discosta dallo stereotipo femminile non va da sé che scelga di amare le donne o soffra di nevrosi ossessiva. 

    Non solo: un uomo con forti tratti femminili può essere virile al pari di uno pienamente identificato alla mascolinità, se non addirittura risultare un maschio più completo. Stessa cosa per la donna: quella dal carattere più forte può esaltare la sensibilità femminile fino alle vette più alte. 

    Il possesso quindi  di particolarità appartenenti al principio opposto non diminuisce quelle considerate congruenti con il sesso biologico ma può, quando non prende il sopravvento, addirittura esaltarle e arricchirle attraverso la convivenza dei contrari. Viceversa l’adesione senza scarti a ruoli predefiniti implica impoverimento e ripetizione di stereotipi.

    La nostra singolarità è data dalla miscela unica e irripetibile che c’è in ciascuno di noi, di tratti femminili e maschili. Di energia abbiamo parlato più volte negli articoli precedenti (https://www.energyogant.it/la-prima-risorsa-di-diversita-ed-inclusione-sei-tu/).

    Artiste, scienziate, manager e tutte coloro che sono impegnate su un qualche versante esistenziale sono esempi di donne la cui femminilità può venir esaltata proprio dal possesso di tratti maschili, se essi non ne dominano completamente lo psichismo e restano in tensione con il femminile.

    Questi tipi hanno del maschile l’orientamento al sociale, la ferrea razionalità, un certo coraggio nell’osare e nel prendersi delle responsabilità. Ma, se conservano anche doti femminili, la loro capacità di cura, l’apertura all’altro e la ricettività ne saranno potenziate e non sminuite o schiacciate.

    Il maschile viene in aiuto al femminile nella misura in cui ne valorizza l’energia intuitiva e tempera gli eccessi. Allo stesso tempo gli uomini possono beneficiare dei loro aspetti più squisitamente femminili, se imparano a considerarli non come limiti ma come marce in più rispetto ai loro colleghi maschi “che non devono chiedere mai”. Qui è il femminile che può venire in aiuto: sensibilità e attenzione all’altro sono doti che limitano gli effetti distruttivi di individualismo e razionalità spietate. 

    Un uomo che non rinuncia alla sua componente femminile raccoglierà frutti e soddisfazioni più durature e meno effimere rispetto al puro esercizio del potere.

    Ecco che le caratteristiche dei due generi si completano e, se gestite correttamente, generano maggiore efficienza e bilanciamento di talenti in azienda.

    Rifiutare un genere a favore dell’altro rientra nella visione maschile della società.Il femminile crea e trasforma, il maschile concretizza.

    Raffele Morelli sostiene : “Ogni volta che rifiuto un uomo/una donna sto rifiutando una parte di me”.

    Non c’è altra via che il lavoro di crescita su di Sé attraverso la conoscenza dei propri meccanismi di funzionamento, la scoperta delle proprie potenzialità e la capacità di gestire i talenti in funzione della richiesta della situazione.

    Solo allora potremmo usare il femminile ed il maschile dentro di noi come ricchezza della diversità e inclusione delle sue parti. E nella manifestazione corretta di queste due energie, generare alte frequenze a beneficio del collega, del team di lavoro, dell’azienda in generale.

    «Non è il nostro compito quello d’avvicinarci, così come non s’avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e d’imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento.»

    Hermann Hess, Narciso e Boccadoro, 

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • News

    Anche la NON scelta è una scelta

    Ogni attimo è frutto di una decisione e ognuno di noi è il risultato delle decisioni prese nel corso del tempo.
    Non possiamo non scegliere.
    Anche quando decidiamo di non prendere una decisione, stiamo facendo una scelta.

    Si parla spesso di essere neutrali, obbiettivi quando si prendono decisioni importanti.

    Di cosa si tratta realmente?
    Come possiamo essere certi di fare la cosa giusta?

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  • Il metodo

    Il potere decisionale allena il coraggio e aumenta il benessere

    In azienda nessuno può darti potere personale, mentre possono darti potere decisionale.

    Ma attenzione, di quale potere stiamo parlando?

    Solitamente, in azienda,  il potere decisionale è detenuto dal soggetto economico, cioè dalla persona o dal gruppo di persone che rappresentano gli interessi economici dell’azienda.

    Poichè in un’azienda non tutti possono essere AD, Ceo o membri del Consiglio Direttivo, è evidente che sono pochi i detentori del potere decisionale. E quindi?

    La mancanza di potere decisionale spesso in azienda viene vissuto come una frustrazione. Anzi talvolta genera quello che oggi viene definito il quiet quitting, inteso come opposto dell’employee engagement. Secondo il report “State of the global workplace 2022” di Gallup, in Europa solo il 14% dei dipendenti è davvero coinvolto nella propria attività lavorativa. Dall’analisi dei dati relativi ad un’indagine condotta da Harvard Business Review nel 2020 su 2.801 manager è emerso che la volontà dei dipendenti di fare il minimo indispensabile era più diffusa in quei contesti in cui i capi non erano in grado conciliare gli obiettivi di business con le esigenze e le priorità degli impiegati; al contrario il fenomeno era molto meno presente in realtà lavorative in cui c’era più empatia e complicità tra manager e dipendenti.

    Ma c’è di più, la psicoanalista Marie Langer, studiando per esempio gli anziani si rese conto che il semplice fatto di aumentare la loro capacità decisionale, ne aumentava anche le prospettive di vita. Quando sei in un ospizio hai poche “cosa da decidere”. Gli studi della Langer e collaboratori erano tutti centrati sull’idea di aumentare il tipo di decisioni e di responsabilità dei degenti di alcuni ospizi, utilizzando il pollice verde di alcuni gruppi di anziani.  Scoprendo che chi si assumeva più responsabilità era anche più felice e viveva più a lungo. 

    Più potere decisionale abbiamo e meglio stiamo? 

    Sembrerebbe di sì.

    Alla domanda presta attenzione a quante decisioni prendi durante la tua giornata, è emerso che quante più sono le decisioni, tanto più si innalza lo stato di benessere. Tutto ciò tra l’altro riveste un target molto ampio che va dai bambini ai vecchietti nell’ospizio. Teresa Amabile dell’Università di Stanford ha condotto numerosi studi sui bambini e la creatività. In uno molto famoso e datato ha chiesto ad alcuni bambini di fare dei collage. Mentre un gruppo veniva guidato verso la scelta dei materiali un altro gruppo era invece libero di scegliere con cosa comporre la propria opera d’arte. I bambini liberi di scegliere il loro materiale erano più creativi.

    Da queste riflessioni emerge un denominatore comune, rispetto al potere decisionale: quanto più si innalza il potere di scelta tanto più la persona è viva e vitale. Tutta la nostra vita è costellata di grandi e piccole scelte. Prendere decisioni è qualcosa che ha che fare con chi siamo, quali sono i nostri valori, i nostri condizionamenti, le nostre convinzioni, ecc. Osservando il nostro orientamento rispetto a prendere o non prendere decisioni impariamo moltissimo di noi stessi, prima di tutto.

    Sono oltre 3 anni che progetto con passione ed entusiasmo la realizzazione  del HR Energy Training specificatamente dedicato ai responsabili delle risorse umane.

    Sono partita con la convinzione personale che non ci fosse in giro un progetto integrato sull’HR Manager così come non solo l’avevo in mente, ma lo sentivo io.

    Sono convinta che la strada sia quella giusta, ma essere convinta solo io ha ben poco valore.

    Soprattutto non mi conferisce potere decisionale.

    Ho iniziato così, come insegna il Design Thinking, a tagliare a fette l’elefante, pensando a delle azioni piccole da fare prima di decidere. 

    Alle domande che mi facevo tipo: saranno interessati? è davvero un loro bisogno? corro il rischio di un flop? Ho ben chiari i loro bisogni per poter  offrire soluzioni interessanti?

    Interviste, questionari, telefonate, incontri per ascoltare qual era il bisogno, l’opinione ed il sentire degli interlocutori delle risorse umane.

    Se, in una giornata, incontravo solo persone favorevoli, la mia energia si innalzava e rafforzava la mia convinzione al 100%. Ma se il giorno successivo, incontravo opinioni differenti, subito si faceva spazio la voce del dubbio e l’esitazione.

    Nel caso delle scelte strategiche di myHARA stavo conferendo il potere decisionale all’esterno di me, alle aziende, ai miei interlocutori. 

    Sono stata per un pò di tempo in freezing. Mi sentivo in un turning point.

    C’era solo un aspetto che mi è ormai familiare: che il cambiamento avviene attraverso attriti.

    Le resistenze sono la forza che permette il cambiamento

    Solo l’attrito mette in gioco l’altra forza di noi  (che è sana) e che riguarda  sentimenti trasversali complessi (giudizio, valutazione, critica, ecc)

    Quando c’è attrito c’è una caduta di potenziale tra ciò che noi vogliamo e ciò che è e, in questo caso, quanto più è alto il potenziale, meglio è.

    Non dobbiamo parlare con la resistenza, ma dobbiamo apporre resistenza alle resistenze. Non dobbiamo dare una pacca sulla spalla alle resistenze, perché le resistenze che appartengono alla nostra mente subconscia non vogliono il cambiamento, lo vedono pericoloso perché fa crollare delle difese egoiche. L’ego sa che se avviene un cambiamento andiamo più vicini alla nostra saggezza interiore, alla nostra essenza. L’ego è attaccato al condizionamento.

    Solitamente nell’instabilità crescente ci sono risorse che vanno in crisi nel tentativo o di restare nella zona di comfort oppure di ricreare il livello precedente. Da comfort zone a growth zone.

    Ma quando siamo in uno stato di turning point tutto ciò è già in corso su più livelli: emotivo fisico e energetico ed anche spirituale. In genere il corpo nella sua visione olografica (fisica energetica emotiva e spirituale) ha già in sé la risposta e la chiarezza. E’ la mente che spesso boicotta con dubbi e perplessità. Sia ben chiaro che non si tratta di demonizzare la mente, anzi, come neanche tutte le altre parti di noi  ma, con consapevolezza, ridare a tutte il giusto posto, senza dare, come spesso succede soprattutto in azienda, predominanza assoluta alla mente.

    Allora ho iniziato a pensare che anche la natura, la più grande coach esistente, potesse aiutarmi.

    La primavera è l’unica stagione caratterizzata, per il nostro logos, dall’”improvviso”. Il giorno prima è inverno, il giorno dopo sono sbocciati i fiori. La primavera ha la qualità del “salto”. 

    Mi sono chiesta quanta energia fisica, mentale, psicologica ho da mettere in questo progetto?

    Qual è il mio scopo? Perché spesso anche le energie fisiche possono essere falsate. 

    Donald Winnicot dice che è dal corpo fisico che traiamo le maggiori informazioni del nostro falso Sè.

    E subito mi sono “accesa”, si è riacceso il mio desiderio.

    Il mio desiderio più grande è che, attraverso il contributo di myHARA e la condivisione di tutto quello che ho esperito, prima di tutto e sempre su di me e poi con le colleghe, che con me condividono valori e mission, è di aiutare i collaboratori in azienda a fare il proprio “salto di primavera”.

    La mia passione origina dal desiderio, dalla spinta dentro di me che conferisce senso alla mia esistenza.

    “Pensare è molto difficile, per questo la maggior parte della gente preferisce giudicare”

    C.G. Jung

    La frase di Jung mi ha sferzata e rimesso nel potere della  scelta, non mi interessava più il giudizio, sicuramente non avrei potuto nè arrivare a tutti, nè piacere a tutti ma, nel punto di svolta, (turning point) ci voleva per forza un’azione per riprendere il mio potere decisionale. E così ho messo nel campo il primo prototipo di HR energy Training che inizierà il 26 maggio prossimo.

    I meccanismi per sviluppare il proprio potere decisionale

    Un pò li abbiamo visti attraverso i miei passaggi personali e professionali. Sicuramente il modo più efficace per determinare la nostra vita è agire! Se vogliamo dirigere la nostra vita, dobbiamo assumere il controllo delle nostre azioni.

    Le persone che hanno più successo, prendono decisioni rapidamente perché hanno ben chiari i loro valori e che cosa vogliono veramente per la loro vita.

    ll vero potere personale è generato dall’interno.

     6 consigli per sfruttare al meglio il tuo potere decisionale:

    1 RICORDA IL VERO POTERE DI PRENDERE DECISIONI:  quando cominci a sentirti sopraffatto, o quando hai la sensazione di non avere scelta, puoi cambiare tutto quanto se solo decidi di farlo. Ricorda che una vera decisione la si misura in base al fatto che sei entrato in azione. Se non c’è azione, non si tratta di una vera decisione (questo è un passaggio fondamentale).

    2 RENDITI CONTO CHE IL PASSO PIU’ DIFFICILE PER OTTENERE QUALCOSA È IMPEGNARTI VERAMENTE: quindi prendere una vera decisione! Prendi le tue decisioni con intelligenza ma anche con rapidità. Non stare a rimuginare in eterno come e se attuarla. Decidi e agisci!

    3 PRENDI SPESSO DECISIONI: più decisioni prenderai meglio sarà. La funzione sviluppa l’organo, i muscoli si rinforzano con l’esercizio e lo stesso accade per le decisioni.

    4 IMPARA DALLE TUE DECISIONI: a volte sbaglierai, non c’è scampo. Quando accade l’inevitabile, chiediti: “Cosa c’è di buono in questo? Che insegnamento posso trarre?” Invece di concentrarti sul fallimento immediato, cerca piuttosto di trarre una lezione per il futuro, in modo da risparmiare tempo, denaro e sofferenze, questo ti darà modo di riuscire in futuro.

    5 RESTA ATTACCATO ALLE TUE DECISIONI, MA SII ELASTICO NELL’APPROCCIO: una volta che hai deciso che persona vuoi essere non essere rigido sul modo di raggiungere il tuo scopo. È il fine quello che conta. Spesso, nel decidere quello che vogliamo, le persone scelgono la strada che sul momento sembra la migliore, tracciano una mappa ma poi non restano aperti a percorsi alternativi. Questo è un errore. Impara a coltivare l’arte della flessibilità.

    6 DIVERTITI A PRENDERE DECISIONI: devi sapere che in qualsiasi momento una tua decisione può cambiare per sempre il corso della tua vita.

    Sono le decisioni che prenderai a determinare il TUO destino

    Se sei interessato ti aspettiamo al webinar gratuito del 3 aprile, in cui presenteremo il nuovo percorso HR ENERGY TRAINING. Puoi prenotare il tuo posto da QUI.

  • Il metodo

    Gestisci il tuo benessere personale, non il tuo tempo

    Il benessere personale  non è una possibilità, ma uno stato naturale.

    Come esseri umani, ogni aspetto della nostra fisiologia si adopera per raggiungere 
    l’equilibrio e prestazioni ottimali.

    Nella mia ricerca ormai più che ventennale di benessere ed esplorazione dell’energia personale, la cultura orientale mi ha sempre interessato, in particolare l’approccio di salutogenesi della medicina tradizionale cinese e, in particolare, della medicina ayurvedica.

    Ayurveda letteralmente deriva dal sanscrito ed è composto da ayus (vita) e veda (conoscenza).

    L’ayurveda è la scienza della longevità, da oltre 5000 anni.

    Gli antichi testi Veda (antichissima raccolta in sanscrito vedico dei popoli arii che invasero intorno al XX secolo l’india settentrionale, da cui prese origine l’induismo) si posero una domanda estrema

    E’ proprio necessario ammalarci e diventare vecchi?  La loro risposta fu negativa.

    Sempre secondo l’ayurveda, possiamo seguire questa via ed entrare nel declino ma, e questa è la rivoluzione, rispetto al sapere convenzionale, ogni disordine può essere fatto retrocedere, pur di lavorare costantemente per mantenere l’equilibrio tra la mente, il corpo e lo spirito.

    Alla base del benessere personale c’è l’equilibrio

    • Quanto ci sembra lontana questa affermazione nel nostro sistema di vita? 
    • Quanto è messo in discussione il nostro worklifebalance
    • Ma… in discussione da chi?

    Pretendere che qualcuno dall’esterno ce lo debba fornire e lamentarsi per non riuscire a raggiungerlo, o peggio ancora rimpiangere quando ce l’avevamo, come se l’equilibrio fosse qualcosa di statico, non ci permette di fare un “salto” di coscienza.

    Deformata professionalmente dalla mia passione per la conoscenza dei linguaggi del corpo, ti invito a sollevare le braccia in alto sopra la testa, ad appoggiarti sulla gamba destra con tutto il tuo peso e a sollevare il piede sinistro, flettendo il ginocchio all’esterno ed appoggiando la pianta del piede sull’interno coscia. In altre parole, prova a fare la posizione dell’albero (Vrksasana). Ti renderai conto da solo, immediatamente, di come, in apparenza, per mantenere la posizione, il tuo piede destro è costretto ad un continuo basculamento. Non esiste equilibrio senza continuo movimento. E questo continuo movimento interiore è caratterizzato da un impulso che ci muove verso una ricerca. 

    Deepak Chopra, scrittore, medico indiano e autore di numerosi saggi, sostiene un principio fondamentale: siamo tutti governati da un impulso all’evoluzione che ci spinge a crescere e progredire, ad espanderci oltre i limiti personali, che abbiamo noi stessi immaginato.

    L’impulso all’evoluzione riguarda tutti, anche se con intensità differenti.

    Nella Bibbia si trova scritto che chi si volta indietro diventa una statua di sale

    Anatomicamente siamo fatti per avere gli occhi frontali che guardano avanti.Sempre.

    Questo impulso l’abbiamo in tutte le cellule. Dirige il nostro equilibrio generale in modo automatico, e può essere osservato in ogni organo e cellula del nostro corpo.

    E il modo migliore per andare avanti nell’evoluzione, che ci co-spinge comunque, è l’equilibrio tra corpo mente e spirito.

    Il messaggio più positivo che possiamo mandare alle nostre cellule, ogni giorno, è di essere allineate all’equilibrio, in ogni cosa che facciamo o pensiamo.

    • Quante volte fai un “check” per verificare se quello che fai, quello che pensi e quello che senti sono in allineamento tra loro?
    • Cosa fai quando senti uno “scollamento” tra quello che fai e quello che pensi?

    Possiamo comunicare con le nostre cellule ogni giorno, anche quando la nostra vita ci sembra sempre una giostra o una centrifuga, se scegliamo a chi dare il nostro potere personale.

    Ricordo di aver ascoltato in passato un intervento di Padre Brescianini, amico, monaco camaldolese e coach che, relativamente alla loro regola benedettina “ora et labora” sottolineò il fatto che ciò che fa la differenza è l’et. Nell’et ci sta la nostra consapevolezza e il nostro intento. Ai monaci non era chiesto di pregare e basta o di lavorare e basta, bensì di fare entrambe le cose, ma in quell’et c’era tutto: c’era l’equilibrio e la consapevolezza del “giusto” per ognuno, c’era il pieno e il vuoto, ecc.

    Credo che ora la regola benedettina potrebbe calzarci a pennello, in termini di worklifebalance.

    7 ingredienti fondamentali per il benessere personale in azienda e nella vita

    1. Spazio dedicato di silenzio
    2. Adeguato riposo
    3. Movimento fisico e mentale
    4. Lo stato di coscienza
    5. L’imprevisto
    6. L’intuizione
    7. Feedback loop

    Prenderci il tempo di entrare nella quiete, ogni giorno, e darci l’adeguato riposo, aiuta a mantenere l’equilibrio, di cui il nostro corpo ha bisogno. 

    Anche Dio creò il mondo dal nulla, dal vuoto. Facendoci delle domande apriamo dei vuoti che la realtà tende a riempire fornendoci le risposte, ma queste possono arrivare solo se abbiamo fatto lo spazio necessario. Senza spazio, non possono arrivare cose nuove da scoprire.Ma abbiamo bisogno anche di muoverci fisicamente e mentalmente. Fare esercizio fisico è uno dei modi per tenere a bada l’inerzia fisica, nutrire un appassionato interesse alla vita mantiene in buon ordine l’inerzia mentale.

    • Come può la consapevolezza di sé stessi rendere il sistema corpo-mente dinamico?

    Quando la consapevolezza di sé lascia spazio alla spontaneità il sistema corpo-mente si armonizza, perché si apre alla squisita libertà di ciò che accade in modo inaspettato.

    Osserva se puoi lasciarti aperto alla spontaneità in tutta la tua vita personale ed ogni giorno.

    Sorprendi te stesso: trova un interesse, trova qualcosa di cui appassionarti. 

    Queste sono tutte forme di guarigione profonda e quando ti occupi di questi interessi puoi veramente sperimentare il benessere personale, che ovviamente si ripercuote nella tua vita professionale e personale.

    Lo stato di coscienza potenzia il nostro benessere personale

    La buona notizia è che tutto è reversibile. In qualunque situazione ci si trovi, qualunque, possiamo sempre fare molto per migliorare la situazione in cui siamo.

    Ma come per conquistarci questo “dono” dell’equilibrio, dobbiamo impegnarci ogni giorno.

    Il nostro equilibrio è strettamente connesso al nostro stato di coscienza. Non mi addentro ora su temi relativi a cosa è la coscienza, perché il tema apre a comprensioni ampie e sicuramente interessanti, ma che ora ci porterebbero troppo fuori tema. Mi limito solo ad alcuni accenni fondamentali per il nostro benessere. 

    Per ora accogliamo che, quando c’è uno stato di coscienza ampliato, significa essere in salute a tutti i livelli. 

    All’opposto uno stato di coscienza ristretto porta sofferenza a tutti i livelli. Quando i confini sono stretti non ci permettiamo di esprimere a pieno chi siamo. Suggerisco la lettura, a tal proposito “Reinventare il corpo e risvegliare l’anima” di Deepak Chopra.

    • Cosa si intende per coscienza?
    • Chi sono io? 
    • Cosa sono venuta a fare in questa vita? 
    • Cosa voglio veramente? 
    • Qual è il senso del mio fare? 

    sono tutte domande utili che riguardano il nostro ampliamento di coscienza e la nostra consapevolezza. Con “espansione” mi riferisco fondamentalmente al nostro livello di coscienza, di chi siamo noi.Non è necessario trovare le risposte, ma attivare le domande ci apre ad uno “spazio” per cui la mente intuitiva può accedere e far arrivare risposte di senso.

    Cosa succede quando noi ci espandiamo e troviamo un’identità più grande?

    Riusciamo ad arrivare sempre più ad un a personalità (sì, anche la “personalità”) più espansa, e ci identifichiamo con qualcosa più grande di noi: diventiamo idealisti.

    Gli idealisti sono più sani, se vivono in armonia con i loro ideali.

    Quando la nostra consapevolezza è ampliata, aumenta il nostro spirito d’avventura e risultiamo più flessibili all’imprevisto. 

    L’imprevisto è un toccasana per  il benessere personale

    L’imprevisto è qualcosa di inaspettato, fuori dal nostro controllo ma che richiede necessariamente la nostra attenzione in un momento specifico. Non è evitabile e, tendenzialmente, non è prevedibile. Quando si tratta di imprevisti, tendiamo ad amplificare le nostre emozioni negative perché ci imponiamo due azioni limitanti:

    La prima azione limitante: pensare che accada solo a noi

    Razionalmente lo sappiamo non è così. Tuttavia, quando questi accadono tendiamo a centralizzarci e a pensare di essere vittime di una serie di sfortunati eventi.

    La seconda azione limitante: assecondare le emozioni negative

    Spesso, invece di trovare una soluzione che ci possa aiutare ci lasciamo scivolare nella spirale di emozioni negative – frustrazione, senso di fallimento, ansia e angoscia – e rimuginiamo su quello che è andato storto.

    Dobbiamo di fatto accettare che gli imprevisti esistono e che soprattutto accadano a tutti. Inoltre gli imprevisti sono nella maggior parte dei casi situazioni temporanee. Con questo pensiero è più semplice rimbalzare l’emozione negativa associata e trovare la motivazione di andare avanti nei piani della giornata. Se abbiamo uno stato di coscienza amplificata l’imprevisto non ci fa più paura, perché noi siamo stabili, sappiamo chi siamo, qualsiasi cosa ci fa paura la gestiremo. Siamo un po’ come dei surfisti sulla cresta dell’onda.

    C’è però un organo fondamentale per l’equilibrio. Quale? il cuore.

    • Come fa il tuo corpo a informarti che si sente sovraccarico, stanco o stressato?
    • Descrivi come si sente il tuo corpo quando mangi un pasto non salutare. Come ti senti invece quando mangi un pasto sano?
    • Oggi quali messaggi positivi puoi mandare al tuo corpo per dimostrargli amore e sostegno?

    L’intuizione del corpo è un’ informazione 

    Noi abbiamo la possibilità di migliorare la nostra condizione fisica semplicemente ascoltando i segnali che il corpo ci offre. Il corpo fisico è un messaggero. Secondo l’Ayurveda, il sistema di cure più antico del mondo, i nostri corpi hanno attitudini innate, chiamate dosha.

    Einstein disse “la mente intuitiva è un dono segreto e la mente razionale un servitore fedele”

    Abbiamo creato una società che onora il servitore e ha dimenticato il dono.

    Ognuno di noi possiede una sapienza interiore di saggezza, di intuizione che può servirci come una sicura guida personale.

    L’intuizione è quella voce interiore che sentiamo dentro, mentre siamo impegnati nell’attività quotidiana.

    Si può avere fiducia nell’intuizione, perché non richiede di essere esaminata dal nostro cervello superiore. La nostra saggezza interiore può renderci capaci di fare rapide ed accurate valutazioni che portano a risultati positivi.

    D’altra parte, quando ignoriamo la nostra intuizione perdiamo l’abilità di sentire la situazione e questo ci porta a prendere decisioni, guidate da un’eccessiva razionalizzazione,anche quando abbiamo torto.

    L’intuizione non risiede nel regno dei sensitivi e chiaroveggenti, al contrario è qualcosa che tutti possediamo. Lo stesso Daniel Kanheman in Pensieri lenti e veloci sostiene che “raramente le scelte umane sono dettate esclusivamente dalla razionalità, anche quando sembrano molto, molto ponderate

    L’intuizione gioca un ruolo importante nel mantenere i nostri corpi in equilibrio e ci aiuta guidandoci verso la salute perfetta.

    Nell’ayurveda ogni persona ha un suo tipo fisico, che delinea le tendenze inerenti al nostro sistema già dalla nascita.

    Queste tipologie fisiche si originano dall’incontro della mente con il corpo, quando il pensiero si volge a diventare materia, un luogo che viene ad essere occupato da principi operativi chiamati dosha. dosha  sono le tre sostanze vitali presenti nell’apparato psico-somatico di ogni persona. Autorevoli trattati ayurvedici descrivono come la qualità e la quantità di queste tre sostanze fluttuino in maniera diversa nell’organismo secondo le stagioni, l’ora del giorno, la dieta e molti altri fattori. Da un certo punto di vista, i dosha ayurvedici sono paragonabili agli umori biologici della concezione ippocratica occidentale.

    Vengono identificati 3 dosha: 

    • vata che controlla il movimento
    • pitta che sovraintende al metabolismo 
    • kapha che governa la struttura

    Tutti e tre sono presenti in ciascuno, ciononostante noi mostriamo di più delle tendenze di uno, mentre altri mostrano una combinazione di uno o anche di tre. I dosha facilitano il dialogo tra mente e corpo e quando c’è una difficoltà aprono la possibilità di un sistema corpo-mente che è sempre in equilibrio, sano in evoluzione.

    Una volta compresi i nostri dosha spesso osserviamo che la nostra intuizione ci aveva da sempre insegnato il modo giusto per bilanciare le tendenze ed allineare il corpo già di per sé.

    Le scelte di certi cibi, il tipo di movimento fisico che sentiamo più giusto per noi, o anche il bisogno di dormire sono il lavoro dell’intuizione che dice al nostro corpo unico come stare al meglio sano e bilanciato.

    Abbiamo visto che c’è il cuore, come organo fondamentale per l’equilibrio e c’è la mente intuitiva

    Einstein ci ha insegnato che la mente intuitiva va oltre, legge tra le righe

    Questa intuizione, che dovrebbe essere l’attitudine della mente fondamentale, è invece stata relegata a qualcosa di aleatorio: non ci fidiamo della nostra intuizione, non le diamo importanza.

    Questo anche perché viviamo in una società che non ha interesse a sviluppare la fiducia in noi stessi, il potere dell’autoguarigione, ecc. perchè significherebbe meno business.

    Non siamo abituati a chiedere alla nostra intuizione …

    Dobbiamo recuperare la fiducia nella nostra intuizione!

    Come fare?

    • Come si sente il tuo corpo quando devi fronteggiare un dilemma o una decisione importante? Sii specifico descrivi la sensazione nel corpo
    • Come fa il tuo corpo a rivelarti la sua intuizione e la sua guida interiore?
    • Descrivi un’occasione in cui hai seguito la tua intuizione? 
    • Qual è stato il risultato?

    Ci sono le trappole della mente? Siii…certo, ma dobbiamo imparare a conoscerle. 

    Noi siamo individui che muovono l’energia in maniera molto individuale.

    I dosha ci possono essere d’aiuto per conoscere ancora meglio noi stessi. 

    Se non l’hai mai fatto, puoi provare qui il test per conoscere quale dei tre dosha è per te predominante https://www.ayurvedaitalia.it/test-ayurvedico.php

    C’è un famoso detto vedico che afferma: “E’ nostro dovere nei confronti del resto dell’umanità essere perfettamente sani perché noi siamo onde nell’oceano della coscienza e quando siamo malati, anche solo leggermente, stiamo distruggendo l’armonia cosmica.”

    Il benessere personale si rafforza nel feedback loop

    La saggezza convenzionale ci dice che, se vogliamo trovare l’equilibrio ed essere sani, dobbiamo prenderci cura di noi stessi, eppure il vero segreto per vivere in buona salute è di fatto l’opposto: dobbiamo permettere ai nostri corpi di prendersi cura di noi.

    Il corpo umano è composto da 50 trilioni di cellule che funzionano perfettamente sotto lo stesso principio guida e l’organo che regola e governa tutto questa intelligenza è il cervello.

    L’intero sistema fisico è stato disegnato per mantenere la vita indefinitamente.

    Le nostre cellule hanno funzioni perfettamente specializzate per ogni organo e per ogni tessuto.

    Hanno imparato a collaborare l’una con l’altra stando in continua comunicazione.

    Il cervello e il sistema nervoso centrale lanciano continuamente messaggi creando un feedback loop cioè un circuito di scambio continuo di informazioni.

    Un lato di questo circuito funziona in modo automatico, l’altro lato è influenzato dal libero arbitrio e dalle scelte che compiamo. I cicli di retroazione o feedback loop non sono comuni solamente in natura ma possono essere ritrovati anche nelle nostre aziende.

    Pensiamo, ad esempio, a qualcosa che chi si occupa di qualità conosce molto bene, l’ottimizzazione dei processi: ogni processo viene monitorato tramite indicatori che, se non ci restituiscono il risultato atteso, portano a una retroazione sul processo per allinearlo a ciò che vorremmo ottenere da esso.
    Lavoriamo tutti in ambienti complessi e le nostre organizzazioni, per funzionare bene, hanno bisogno di costruire una rete ben progettata di circuiti di feedback, per tenere aggiornati coloro che devono prendere le decisioni. Servono anche per aumentare la produttività nelle prestazioni di una persona, nel lavoro di squadra, nei progetti e nei processi.

    Un esempio tipico di feedback loop è il processo di ascolto dei clienti che mira a portare l’organizzazione a elaborare le informazioni raccolte per progettare soluzioni che riescano a soddisfare ancora meglio le richieste della clientela.

    Tutte le parti del sistema sono collegate e, quindi, un cambiamento in una parte del sistema genera ondate di cambiamenti che raggiungono le altre parti. L’azione ritorna, dunque, al punto di partenza in una forma modificata e abbiamo un ciclo che si chiama, appunto, ciclo di feedback.
    La parola “feedback” è spesso usata per designare qualsiasi reazione ma, in realtà, significa avere la percezione che il risultato delle nostre azioni deve influenzare le azioni successive. La nostra esperienza si forma proprio come risultato di azioni appartenenti a questo tipo di circuiti di feedback e la presenza di feedback è una caratteristica che c’è sempre in un sistema, affinché possa definirsi tale. 

    Facciamo parte di un ciclo di feedback che collega i nostri atti coscienti alla risposta cosciente del campo. In linea con l’implicazione di Heisenberg, l’universo presenta il volto che l’osservatore sta cercando, e quando cerca un volto diverso, l’universo cambia maschera. “

    —Deepak Chopra

    Noi sei tu che ti prendi cura del corpo

    La percezione delle esperienze e le nostre scelte entrano giorno per giorno in questo circuito di informazioni corporee, mandando un segnale chimico dal cervello alle cellule.

    L’intero sistema di scambio, continuo e retraoattivo, di informazioni funziona con questo meccanismo e, finchè si considerano le cellule, non c’è differenza tra un messaggio che inizia come un’emozione o uno che inizia con un ormone estrogeno o con l’adrenalina.

    Benchè il fare esercizio fisico, nutrirci in modo appropriato e stare lontani da tossine siano fattori importanti per la nostra salute in generale, ancora più importanti sono i messaggi che le nostre cellule ricevono.

    Il corpo è un meccanismo intelligente, governato da un cervello, che si prende cura di noi per la vita, se minimizziamo i messaggi negativi e massimizziamo quelli positivi

    Noi sei tu che ti prendi cura del corpo, ma è il corpo che si prende cura di te e lo devi lasciare fare…la sua saggezza è incommensurabile.

    Concludendo, se noi riuscissimo a restare completamente in contatto con il nostro corpo, noi raggiungeremmo lo stato di autentico  benessere personale, perché il corpo è stato pensato in modo da garantirci una sopravvivenza costante. E’ un continuo riparare, riciclare, riusare rimettere sostituire…

    • Quali messaggi dici a te stesso durante il giorno?
    • Quando hai di fronte una situazione difficile, qual è il messaggio positivo che puoi dare a te stesso?
    • Come potresti parlare in modo più positivo a te stesso ogni giorno per sostenere al meglio il tuo benessere?

    Se sei interessato a queste tematiche, seguici nelle prossime settimane per scoprire le prossime novità.

  • Il metodo

    Fare squadra: stabilire confini e avere fiducia

    Avere fiducia è una “cosa seria” e, come dice Severgnini, il “tradimento della fiducia si paga subito, e si paga caro.”

    Oggi, 5 giorni su 5 in ufficio, è diventata una delle possibilità, rispetto al passato (peraltro molto vicino) dove, in quasi tutte le aziende, non era nemmeno immaginabile una modalità diversa.

    Quindi, di fatto, una nuova presa di consapevolezza:

    siamo stati tutti bravi! chi più velocemente, chi meno, perché, comunque, tutti siamo immersi nel processo trasformativo, con una grande opportunità: scoprirci capaci.

    Alcuni addirittura più capaci.

    Non solo capaci di continuare a mantenere i nostri obiettivi e performare i risultati, ma capaci di fare i conti con le nostre paure e con le nostre abitudini, attraversandole per uscirne rafforzati.

    Ci siamo ritrovati “capaci di sopportare e supportare” una vita senza confini rendendoci forse conto che non è una scelta virtuosa. Ma oggi la scelta virtuosa implica il passaggio dalla resilienza all’antifragilità.

    Ti sei mai fatto i complimenti da solo per la tua antifragilità?

    Usando le parole di Nassim Nicholas Taleb, autore di “Antifragile: prosperare nel disordine

    Certe cose traggono vantaggio dagli scossoni; prosperano e crescono quando sono esposte alla volatilità, al caso, al disordine e ai fattori di stress, e amano l’avventura, il rischio e l’incertezza.

    “antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a se stesso; l’antifragile migliora.”

    Chi è antifragile, dunque, non solo resiste agli urti e agli imprevisti della vita, ma ne trae addirittura vantaggio: crescendo, migliorando, rafforzandosi.

    Come ti senti oggi dopo questo “periodo buio” che, per diversi aspetti, stiamo ancora vivendo?

    • Indebolito (fragilità)
    • Immutato (robustezza)
    • Rafforzato (antifragilità)

    Nella società fluida senza confini in cui siamo inseriti, gli scenari di presenza al lavoro sono ormai moltepici: 3 giorni su 2, 2 giorni su 3, 8 giorni al mese in azienda, full time da remoto, 1 settimana al mese in presenza, full time in presenza, ecc.

    Qualsiasi sia la soluzione, c’è un comune denominatore:

    “Dobbiamo fare squadra” sempre e comunque.

    Se già era difficile prima, dove vanno oggi i nostri pensieri, se siamo manager a cui vengono affidate delle persone da guidare ed ispirare?

    Dove mettiamo la nostra attenzione per “nutrire” la nostra squadra?

    Quali confini dobbiamo rispettare e valorizzare ?

    Siamo nell’era della digitalizzazione e della migliore governance dei processi, abbiamo big data, analisi che ci permettono di avere una visione dettagliata dello stato delle cose ma, nonostante queste facilitazioni e questa misurabilità, spesso ancora qualcosa ci sfugge. E probabilmente ci sfuggirà sempre, nonostante la governabilità, metaverso, ecc.

     E’ la parte animica della persona, la mente coscienziale,non misurabile.

    Tra l’altro, la stessa digitalizzazione, da una parte, dà maggior controllo, dall’altra toglie, perchè il collaboratore può lavorare anche da lontano, privando i manager di “controllo”.

    La letteratura degli ultimi anni, che sempre più si occupa di organizzazione, business e di leadership, affronta spesso la dicotomia allentare il controllo-avere fiducia.

    In questa velocità trasformativa, le organizzazioni, i manager, non hanno avuto nè il tempo, nè il modo per definire come tenere le fila dei propri team e si pone, dunque, in modo sempre più deciso il tema del giusto equilibrio fra controllo e avere fiducia, necessari per una delega efficace.

    Secondo Castelfranchi, uno dei più importanti ricercatori nell’ambito della psicologia cognitiva italiana e internazionale, la fiducia è un’emozione, una delle più importanti nel modulare e organizzare le relazioni sociali umane.

    Avere fiducia significa essere caratterizzati da:

    • predisposizione nei confronti degli altri
    • decisione di affidarsi all’altro
    • incertezza e accettazione del rischio
    • accoglienza dell’errore

    La fiducia, come emozione, inoltre si basa su tre tipi diversi di giudizio:

    • la sincerità (cioè, giudico l’altro o la situazione come autentica)
    • la competenza (ritengo che l’altro abbia le capacità e l’autorevolezza necessaria per svolgere quel determinato lavoro o per emettere una determinata dichiarazione) 
    • l’affidabilità (cioè il rispetto degli impegni presi).

    Posso avere fiducia nell’altro, perché il mio giudizio su di lui è positivo su tutti e tre gli elementi; ma posso decidere di dare fiducia a una persona anche sulla base di un solo elemento. 

    Ad esempio, so che il mio collaboratore è una persona affidabile e sincera, ma non posso fidarmi di lui per aprire un sales meeting perché ancora non si sente a suo agio nel parlare in pubblico (competenza).

    Il miglior momento per diffondere e avere fiducia è oggi

    Si è sempre parlato di fiducia, ben prima della pandemia. Frasi come “Per fare squadra è importante avere fiducia: nel proprio capo, nei propri collaboratori, collaboratori, tra colleghi “ o “La fiducia è elemento fondante per creare senso di appartenenza,  responsabilizzazione sui risultati e convinta compartecipazione agli obiettivi aziendali” erano  ricorrenti.

    Misurare il livello di fiducia tra le persone non è però oggettivamente facile e risultava quindi anche difficile stabilire quanto permeasse realmente la cultura organizzativa.

    Il salto improvviso da lavoro in presenza a lavoro da remoto è stato un’immediata cartina  tornasole di quanto le relazione nelle organizzazioni fossero realmente o meno basate sulla fiducia e nello stesso tempo ha offerto una grande opportunità nell’avvicinarsi al concetto dell’ avere fiducia con uno sguardo inevitabilmente diverso.

    La fiducia coinvolge la nostra vita completamente, oggi più che mai con i confini della nostra vita così labili e sempre più sfumati. Incide sia nelle relazioni personali e professionali. Se vogliamo che la nostra vita sia piena e appagante dobbiamo nutrire, dare e avere fiducia con intelligenza, assumendola come uno strumento potenziante per il nostro benessere e, di conseguenza per i nostri risultati. L’intelligenza a servizio della fiducia. https://www.energyogant.it/assenso-e-consenso-aumentano-la-leadership/

    La fiducia è come quel sasso che gettiamo in uno specchio d’acqua che genera dei cerchi che si propagano dall’interno verso l’esterno, allargando sempre di più il raggio.

    La fiducia prima di tutto dal proprio Sé più profondo e ha a che fare con la credibilità.

    Per dare e avere fiducia devo essere credibile.

    Costruirsi credibilità è lavoro di una vita. Non si nasce credibili, bisogna conquistarsela.

    E’ una lavoro affascinante su di Sé che presuppone, come dice Stephen Covey, educatore, insegnante e consulente aziendale, alcuni aspetti essenziali:

    • integrità,
    • intento,
    • capacità,
    • risultati

    Se diventiamo persone credibili, ciò che facciamo ha molta più rilevanza di ciò che diciamo e le nostre relazioni professionali e personali sono caratterizzate da

    1. Schiettezza;
    2. Ascolto;
    3. Capacità di affrontare la realtà;
    4. Allenare la responsabilità;
    5. Mantenere gli impegni.

    Quando siamo impegnati per essere sempre persone  credibili e abbiamo costruito relazioni di fiducia, respirare fiducia in azienda e avere dipartimenti allineati, diventerà una conseguenza.

    Anche in azienda l’energia si muove prima delle parole. Vedi il mio libro “L’energia che ci muove”

    Un’azienda che non ha un elevato livello di fiducia, andrà incontro a problemi di diversa entità, come ad esempio:

    1. Distacco. Le persone svolgono il loro lavoro a sufficienza ma non contribuiscono attivamente con il loro talento, energia o entusiasmo. Queste persone percepiscono che non si ha fiducia in loro e qui si innesca un circolo infinito:

    è nato prima il distacco o la diffidenza?

    1. Turnover. Il turnover dei dipendenti è un costo enorme e, in aziende con un basso livello di fiducia, il dato rischia di andare in eccesso rispetto agli standard del settore.

    Dal punto di vista manageriale, dare e avere fiducia nei propri collaboratori e nella loro capacità di fare squadra, anche da remoto, è stata, nella gran parte dei casi, la presa di consapevolezza di capacità e talenti individuali che non si conoscevano e la possibilità, grazie alla loro valorizzazione, di potersi dedicare ad attività più strategiche.

    Per quanto riguarda i collaboratori, nella gran parte dei casi, il risultato è stato quello di sentirsi più liberi, ma proprio per questo più responsabilizzati e maggiormente creativi nell’individuare strategie o percorsi innovativi per trovare risposte o superare criticità, sia lavorando in squadra sia in autonomia.

    “Fare del bene non è più visto come qualcosa al di fuori degli affari, ma come qualcosa che ne fa parte”.

    Stephen M.R. Covey

    Alla base della fiducia c’è il contributo, vale a dire l’intenzione di creare valore all’interno del proprio contesto, sociale o business che sia: 

    restituire anziché prendere.

    Diamo valore allo scambio se vogliamo avere fiducia

    Oggi il mondo del lavoro si sta orientando prevalentemente verso soluzioni che valorizzino lo scambio che possa conciliare ciò che di positivo crea per i team avere momenti di condivisione e co-creazione in presenza e momenti di separazione e impegno individuale in remoto

    Il modello di squadra verso cui ci si sta orientando oggi è quello del Team Sublime, che passa senza soluzione di continuità dallo stato solido (insieme,in presenza) alla stato gassoso (dispersi, in remoto).

    È un modello di Team che può funzionare solo se team leader e membri del team sapranno valorizzare lo scambio, in termini di restituzione e non solo avere, e sapranno coltivare e rafforzare il senso di sicurezza che nasce dalla speranza o dalla stima fondata dell’altro, ovvero dall’avere fiducia nelle potenzialità e nelle capacità l’uno nell’altro.

    Ciò di cui le organizzazioni hanno bisogno è lavorare sullo sviluppo di leader che siano fiduciosi in sé nel perdere il controllo e sostenerli nel creare patti con collaboratori e stakeholder, in modo da costruire relazioni di fiducia. Come si fa a fare tutto ciò concretamente?

    Se sei interessato a confrontarti anche con altre realtà su questi temi, ci vediamo il 6 ottobre a Milano per l’evento dal vivo “Il Team Sublime”: Come sostenere il cambiamento di stato del team da «solido» a «gassoso» e viceversa. Puoi prenotare il tuo posto cliccando QUI.

  • Il metodo

    Essere squadra o fare squadra per stare bene in azienda?

    Essere squadra ha a che fare con la nostra mente coscienziale, fare squadra con la nostra mente animale.

    D’altro canto, noi siamo catalogati come una specie animale umana, come dice Rossella Rustici e non siamo catalogati come specie umana consapevole.  Per diventare consapevoli dobbiamo agire sulla nostra mente umana coscienziale.

    Siamo composti da:

    • mente umana in cui si sviluppa la nostra coscienza 
    • mente animale, del mammifero, rettiliana

    Ogni giorno c’è una lotta tra la mente animale e la mente umana.

    In questa lotta spesso la nostra mente umana, la nostra coscienza perde colpi

    viene assorbita dalla mente animale.

    E’ fondamentale che la mente coscienziale mantenga la sua scala di valori

    (amore, etica, responsabilità, vita, gioia, bellezza, tipiche di una mente spirituale, dove spirituale non deve essere confuso con religioso)

    I desideri della mente animale sono quelli di ricercare le zone di comfort per adattarsi all’ambiente. L’adattamento alle zone comfort ci porta a cercare di avere sempre più cose possibili. L’avere non è l’essere della mente coscienziale. Nella mente coscienziale sono presenti emozioni come: provare gioia, serenità, fare le cose con empatia, amore, aiuto, rispetto,non calpesta ecc.  

    Quando la mente coscienziale colpisce gli altri e l’ambiente a cui si rivolge tutti ne restano contaminati e si produce in generale più serenità, collaborazione, vita, positività ecc. 

    Quando non riesco a collegarmi alla scala di valori positivi, continuo a stare legata alla mente animale (mi arrabbio, non rispetto gli altri ecc) Mancando la scala dei valori della propria coscienza, manca la consapevolezza se ciò che sto facendo sia giusto o sbagliato per me, se faccia bene o no anche agli altri. La mente animale ha le regole dell’adattamento all’ambiente per sopravvivere (le leggi di capobranco, del gregario, del maschio alfa, del potere, lotta per il territorio, ecc.) Non ha la consapevolezza del giusto o sbagliato.

    La nostra mente coscienziale non si adatta all’ambiente per sopravvivere, come fa la parte animale che cerca sempre zone di comfort. Ma adatta l’ambiente a se stessa, alle proprie energie. Si può capire la lotta che c’è tra la parte animale e la mente coscienziale. Sono nettamente in opposizione

    Proviamo dunque a chiedere ad a un collaboratore o a un candidato durante un colloquio di selezione, cosa significa fare squadra o essere squadra e non dovremmo stupirvi se le risposte che otterremo oscilleranno tra affermazioni romantiche, ma poco concrete come “essere in perfetta sintonia con i colleghi” e tra dichiarazioni di intenti più simili a slogan elettorali quali “tutti uniti verso un comune obiettivo”.

    Difficile sviluppare un’abilità così fondamentale e da tutti dichiarata di possedere, se in partenza, già nel singolo individuo c’è confusione.  

    Essere squadra significa definire prima la propria scala di valori e verificare se corrisponde a quella del team, prendere accordi sulle questioni organizzative e comportamenti condivisi, che concilino efficienza, efficacia, gratificazione ed espressione personale di ogni membro della squadra.

    Per essere squadra è importante farsi domande

    Alcune di esse potrebbero essere:

    • Cosa mi impegno a fare per accrescere la sinergia del team e mantenere alto il mio livello di soddisfazione e motivazione personale?
    • Cosa perderei se togliessi un po’ del “mio fare sempre il meglio” per far sostenere e innalzare coloro che stanno solo “facendo sempre bene” o per permettere, a chi non lo sta facendo, di farne almeno un pò?

    Probabilmente perderemo un po’ di: 

    • visibilità, 
    • rafforzamento della nostra parte egoica che ha bisogno di sentirsi “speciale”, 
    • crescita economica.

    Ma non credo che tutto ciò minerebbe la nostra sicurezza. Anzi.

    E’ indiscutibile che per restare sul mercato e rispondere sempre meglio alle necessità o addirittura anticiparle, dobbiamo dare il meglio.

    Ma il meglio lo dobbiamo dare come persone di senso.

    Il senso, o scopo, è quello che dà significato e forza a ciò che facciamo e al perchè lo facciamo.

    Qual è lo scopo di essere o fare squadra?

    Il mercato infatti lo fanno la bravura, il tempo, il servizio, l’intenzione e l’informazione.

    Nel mettere a servizio il nostro meglio non emergono meno “punte di diamante” ma aumenta il livello generale di bene aziendale, che si traduce in successo.

     Un po’ effetto marea, il livello si alza.

    • Che vantaggi trae il singolo a cui viene chiesto di mettere il meglio a servizio del bene collettivo e dell’essere squadra? 

    Innumerevoli:

    • maggiore compartecipazione
    • allentamento della tensione, ansia stress
    • comprensione del valore della condivisione
    • nessuno è perfetto
    • integrare le proprie imperfezioni
    • alzare il senso di responsabilità comune 
    • maggiore successo per tutti
    • essere leader veri e cioè guide, ispiratori per far emergere il meglio da ognuno
    • dare ed ottenere fiducia

    Bisogna lavorare dall’interno, verso l’esterno.

    Un gruppo va costruito dall’interno e va guidato con strumenti che permettano alle persone di mantenersi nella propria centralità ed unicità, armonizzandosi poi con il team, anche di fronte a momenti di alta pressione lavorativa.

    Tu non sei speciale, sei unico.

    Tutto ciò nasce dall’osservazione, prima di sè stessi, dall’aver registrato una memoria nel corpo fisico di forze interne ed esterne che si allineano, per poi imparare a dosarle nel gruppo, per nutrirlo ed arricchirlo. I nostri corpi hanno l’intelligenza necessaria per relazionarsi e ciò che si manifesta sono leggi della fisica che regolano tutta la materia, dai filamenti cellulari ai corpi dell’universo. C’è un’armonia sottostante e il nostro corpo la conosce. Se la ricorda.

    La scelta tra  essere  o fare squadra  coinvolge il singolo su tutti e 3 i livelli:

    • fisico
    • mentale
    • emotivo

    L’energia del corpo fisico è la prima leva potente di comunicazione non verbale che non tradisce. Si accede ad una lettura facilitante, se ci si pone attenzione.

    Vantaggi e Svantaggi dell’essere o fare squadra da remoto o in presenza

    Vero è che nel team in remoto è una lettura estremamente difficile quella del corpo fisico, anche se con un buon allenamento ci si può affinare. Sicuramente si può bilanciare con il cinestesico.

    Ma la postura del corpo fisico è fondamentale nell’essere team ed è estremamente contagiante, soprattutto a livello inconscio.

    Per quanto riguarda la mente, abbiamo accennato all’importanza della scala dei valori che sono la caratteristica della mente coscienziale o spirituale.

    Quali sono i valori che guidano le nostre giornate e le nostre relazioni.

    Esercizio

    Prova a svolgere questo semplice esercizio in due parti:

    1) dalla seguente lista di valori, individua i 10 più importanti per te.

    2) ordinali per importanza. 

    In questo modo avrai una gerarchia chiara e precisa nel caso in cui due valori siano contrastanti su una determinata questione.

    Abbondanza, comodità, eccellenza, impegno, pazienza, serenità, abilità,  perdono, accettazione, educazione, indipendenza, perfezionismo, severità, adattabilità, coerenza, efficacia, perseveranza, affetto, efficienza, integrità, persuasione, sicurezza, affidabilità, compassione,  intelligenza, piacere, sincerità, allegria, competenza, eleganza, portamento, socializzazione, altruismo, competizione, intimità, positività, solidarietà, ambizione, comprensione, empatia, intuizione, potere, amicizia, comunità, equilibrio, spiritualità, amore, equità, leadership, precisione, controllo, tradizione, lealtà, prestigio, stabilità, apertura, cooperazione, esperienza, libertà, privacy, successo, appartenenza, coraggio, etica, prudenza, supremazia, apprendimento, correttezza, fama, maturità, puntualità, sviluppo, approvazione, creatività, famiglia, merito, purezza, tempo, armonia, credibilità, fede, minimalismo, relazioni, tenerezza, assistenza, crescita, fedeltà, natura, religione, umanità, astuzia, curiosità, felicità, reputazione, umiltà, autenticità, decisione, fiducia, obbedienza, responsabilità, umorismo, democrazia, forza, onestà, rettitudine, utilità, autorità, denaro, generosità, onore, ricchezza, autostima, determinazione, gentilezza, ordine, riconoscimento, verità, avventura, devozione, giustizia, organizzazione, rischio, visione, bellezza, dignità, gratitudine, orgoglio, rispetto, vulnerabilità, benessere, disciplina, grazia, ottimismo, sacrificio, calma, gruppo, pace, saggezza, cambiamento, divertimento, guadagno, partecipazione, salute, carriera, dovere, igiene, patriottismo, semplicità

    Se abbiamo chiari i nostri top ten di valori, la capacità di essere team sarà direttamente proporzionale a quanto riusciamo ad esprimere gerarchicamente quelli per noi più importanti.

    Se per esempio, nella tua lista di valori la tranquillità è più in alto rispetto all’orgoglio, deciderai di lasciar cadere quelle provocazioni.

    Se invece l’orgoglio viene prima, deciderai di rispondere a tono rinunciando alla tua tranquillità pur di difendere il tuo onore.

    Comprendere, in base alla propria scala di valori, se l’essere squadra sia per i collaboratori più funzionale in presenza, da remoto o un mix di entrambe ha proprio a che fare con la graduatoria dei valori e permette l’espressione vitale ed autentica delle persone.

    Non c’è una ricetta che possa funzionare per tutti. E sicuramente c’è poi una strategia che debba tenere conto del sistema. Il sistema migliora e si potenzia però solo quando il team è vitale e valorizzato, e per essere squadra è necessario attivare la mente coscienziale dei singoli.  Sicuramente la scala dei valori può essere un buon suggerimento.

    Se sei interessato a confrontarti anche con altre realtà su questi temi, ci vediamo il 6 ottobre a Milano per l’evento dal vivo “Il Team Sublime”: Come sostenere il cambiamento di stato del team da «solido» a «gassoso» e viceversa. Puoi prenotare il tuo posto cliccando QUI.