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  • Il metodo

    A braccetto con la paura in azienda. Vincerla non serve a niente.

    Vincere la paura in azienda o attraversarla?

    Noi si tratta solo di termini linguistici, ma di approccio alla paura.

    • Quale parte di noi ha paura?
    • Cosa fai quando hai paura in azienda?
    • A cosa ti serve avere paura?

    La paura è unemozione primaria, presente da sempre sia nel genere umano che nel regno animale. Come tutte le emozioni, la paura ha una funzione adattiva, protegge l’individuo di fronte a un pericolo o a una minaccia (reale o immaginaria che sia) ed è preziosissima sin dai primi anni di vita. Essa è tra le emozioni una delle più antiche.

    Assolve a fondamentali funzioni evolutive e senza tale meccanismo metteremmo continuamente a rischio la nostra incolumità. Il nostro “sistema organismo” attribuisce una importanza gerarchica fondamentale a questa emozione perché legata alla nostra sicurezza e sopravvivenza. L’evoluzione ha predisposto il sistema nervoso umano in modo tale che una forte paura abbia la precedenza su qualsiasi altra cosa nella mente e nel corpo. L’organismo di fronte ad un evento minacciante reagisce con comportamenti che l’essere umano ha in comune con numerosi altri animali. 

    Fiutare il pericolo, allertare l’attenzione, esaminare la situazione bloccare ogni altra attività.

    Ecco perché non ha senso vincere la paura, gestire la paura, ecc.

    E’ più vantaggioso invece cercare di viverla in maniera appropriata ed il primo passo da fare è accettarla. Accettare non ha nulla a che fare con la rassegnazione.

    Eckart Tolle scrive:

    “È la nostra mente a causare i nostri problemi, non le altre persone, non “il mondo esterno”. È la nostra mente, con il suo flusso di pensieri pressoché costante, che pensa al passato e si preoccupa del futuro. Noi commettiamo il grave errore d’identificarci con la nostra mente, pensando che questa sia la nostra identità, mentre in realtà noi siamo esseri ben più grandi.”

    Cosa succede quando abbiamo paura in azienda e nella vita?

    Facciamo l’esempio di quando stiamo camminando in un bosco e a un certo punto ci sembra di scorgere nelle vicinanze un animale pericoloso. Già prima di iniziare a correre il cervello ha avvertito il pericolo. L’immediata attivazione del sistema nervoso autonomo e il successivo rilascio di adrenalina determinano una reazione definita di attacco o fuga, a cui sono collegati una serie di cambiamenti fisiologici:

    • incremento della quantità di ossigeno disponibile per i muscoli;
    • aumento del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna;
    • aumento della sudorazione;
    • blocco della digestione, bocca secca e nodo allo stomaco;
    • rallentamento del sistema immunitario.

    Oltre alla fuga, in una situazione di pericolo sono possibili altri due tipi di reazioni naturali: il freezing e il faint

    Freezing sta per “congelamento”. L’essere vivente si nasconde dal predatore e si immobilizza mentre valuta l’azione più adatta da intraprendere. 

    Faint sta per la “finta morte”, una condizione di irrigidimento totale del corpo. 

    Il faint sembra verificarsi nelle situazioni in cui non si riesce a trovare una via di fuga o una strategia difensiva utile. È molto frequente nel regno animale, poiché i predatori preferiscono le prede vive a quelle morte, la cui carne potrebbe essere in putrefazione.

    Nell’essere umano la paura spesso si manifesta come faint per cui c’è una riduzione del tono muscolare e il distacco dall’esperienza e dalla realtà

    La paura è un’importante funzione dell’organismo, ma a volte può diventare eccessiva e condizionare negativamente la nostra vita.

    Spesso, soprattutto in azienda, nel parlare utilizziamo i termini ansia e paura allo stesso modo. 

    L’ansia e la paura in azienda possono essere considerate come due tonalità di uno stesso colore: hanno in comune la percezione di una minaccia o di un danno futuro (reale o potenziale). La principale differenza consiste nell’oggetto della minaccia. 

    Per la paura è specifico e concreto, mentre per l’ansia risulta generalmente meno definito, inoltre è presente l’incertezza sul da farsi, a causa della maggiore indefinitezza dell’oggetto/situazione da affrontare.

    Ma ciò che fa la differenza non è né l’agente esterno, né l’emozione stessa.

    L’emozione di per sé è neutra. Ciò che cambia è la narrazione che facciamo di quella emozione.

    La narrazione va a toccare uno dei 4 temi esistenziali del genere umano: conoscenza, appartenenza, sopravvivenza e autorealizzazione.

    La paura in azienda può essere attraente

    Se da un lato il nostro istinto ci suggerisce di stare alla larga dai pericoli, dall’altro gli stimoli di paura possono anche risultare attraenti, perché sono in grado di aumentare i livelli di adrenalina e di generare una sensazione di “brivido”. Non è raro osservare comportamenti a rischio tra alcuni manager work alcholic i quali sono spinti dal desiderio di sperimentare emozioni forti, superare i limiti, sfidarsi e confrontarsi con se stessi per sentirsi importanti e più riconosciuti.

    E così c’è proprio chi per natura, se non c’è adrenalina in tutto quello che fa, c’è noia.

    E quella noia fa paura sentirla. 

    Ecco allora che torniamo al tema della paura, come regina delle nostre emozioni.

    Noi agiamo o non agiamo per paura.

    Così anche in azienda.

    Proviamo a comprendere meglio come interagisce la nostra mente con l’emozione della paura in azienda e nella vita.

    Tutte le volte che i nostri 2 emisferi (destro e sinistro) non sono in integrazione, noi siamo nella paura.

    Se sono nella paura sono o in freezing o in faint e so che ho delle risorse che non sto utilizzando o che non utilizzo come potrei.

    L’emisfero destro mi aiuta a vedere la paura nella sua immagine completa (è il cervello poetico) l’emisfero sinistro mi aiuta a vedere il dettaglio (è il cervello intellettuale). Avete presente quel gioco della settimana enigmistica dove bisogna unire tutti i puntini per vedere l’immagine?

    Ecco l’emisfero sinistro vede i puntini, quello destro l’immagine.

    Ho un intervento da fare in pubblico, sono preparata, so tutto, l’emisfero sinistro sa tutto, quando sono davanti a tutti pronta per parlare in pubblico, l’emisfero destro va in tilt.

    Il nostro cervello è un hardware, ma noi siamo molto di più dell’hardware, siamo anche il software (le emozioni) ma ben oltre anche il nostro software.

    Il cervello lo possiamo definire e la scienza oggi sempre più ci aiuta, ma la mente è un campo.

    Il cervello è l’organo che abbiamo nel cranio ma la mente è un campo che abbiamo ovunque.

    Come affrontare la paura in azienda?

    Con la collaborazione della nostra mente.

    Immaginiamo la nostra mente come un capitano che guida il suo veliero.

    • La mente conscia (il capitano) corrisponde alla nostra personalità, la nostra parte egoica. E’ volitiva, stabilisce questo o quell’obiettivo, giudica i risultati, prende le decisioni. E’ legata al tempo (il dramma del passato influenza presente e futuro) Ha una capacità limitata di elaborazione. La memoria è a breve termine (20 sec.) da 1 a 3 eventi contemporaneamente ed elabora 40 bit informazioni al secondo. Corrisponde al 5% della punta dell’iceberg che manifestiamo.
    • La mente subconscia (il veliero sulla quale sta il capitano) Molti pensano che il subconscio ci faccia fallire. E’ invece il più grande amico che possiamo avere. Dobbiamo solo dirgli dove andare. Monitora la quantità di corrente che dal cervello va ai muscoli. Pensa in modo letterale. E’ abitudinario, non vuole il cambiamento. Percepisce la realtà attraverso i sensi. Non è legato al tempo, vive solo unicamente nel presente (un successo di 30 anni fa o di oggi per il subconscio è lo stesso). Non giudica, esegue. Ha una capacità elevata di elaborazione. Può gestire migliaia di eventi in contemporanea. Processa 40 milioni di bit al secondo.
    • La mente superconscia è il vento che soffia nelle vele e che ci porta nella direzione giusta se lo ascoltiamo. Sa tutto di noi. Vede il grande obiettivo della nostra vita. Sa perché siamo qua. Qualcuno lo identifica come sé superiore, Dio, Anima, Vita. Il primo a parlare di superconscio è stato Roberto Assaggioli, padre della psicosintesi.

    Se questi tre livelli della mente sono in armonia riusciamo ad accogliere l’emozione della paura.

    Abbiamo il meraviglioso compito di entrare in contatto con questo vento, alla guida del nostro timone per navigare nel mare delle credenze potenzianti e depotenzianti rispetto alla narrazione che ci facciamo dell’emozione della paura.

    La paura è un messaggio.

    • Cosa ci sta dicendo?
    • Dove la riconosco nel mio corpo? spalle, schiena, stomaco?

    Ecco alcuni punti su cui provare ad allenarsi in autonomia per tenere a bada la paura:

    • Ridurre le condotte di evitamento e allenarsi ad affrontare le situazioni temute a piccole dosi, prima programmando esposizioni a stimoli che generano meno paura, poi a quelle man mano più spaventose. 
    • Immaginare lo scenario peggiore, in modo da prepararsi al peggio ma al tempo stesso osservando come la realtà è meno dura di come la si era immaginata. Chiudi gli occhi ed entra in contatto con il tuo worst case: prova a immaginare proprio la peggior situazione che ti potrebbe capitare, riempi l’immagine di dettagli, come se tu fossi già lì al momento presente.
    • Imparare a non giudicarsi troppo severamente per le proprie paure. Avere paura è umano. Non è utile riempire la mente di giudizi inutili. Meglio prendere contatto con le proprie qualità personali che possono aiutare ad affrontare quei timori. Quando è stata l’ultima volta che hai avuto paura e che ne sei uscito, perché altrimenti non saresti qui a leggere questo articolo. Cosa ti ha aiutato in quel momento? Richiama quell’emozione e sentila nel corpo fisico. Come ti sei sentito?
    • Chiedere aiuto, condividere le proprie paure con le persone fidate. Chiedere aiuto infatti può essere un modo per cominciare ad affrontare con coraggio ciò che si teme.  Dichiarare la propria fragilità e vulnerabilità è un atto di forza, apre lo spazio di una maggiore connessione reale con i tuoi collaboratori, apre anche lo spazio sicuramente alla possibilità di essere attaccato, ma quanto ti costa mantenere sempre in piedi la corazza? Molto di più ed oltretutto ti allontana da te stesso prima di tutto e dagli altri. 

    Ricordiamoci che il subconscio non vuole il cambiamento, perché per il subconscio non esiste il bello e il brutto, giusto e sbagliato: esistono solo le emozioni che lui ha archiviato e che ti ripropone ogni volta come una tavola imbandita.

    Sta a noi, capitani del veliero cambiare la rotta, se siamo in grado di metterci veramente in ascolto del nostro superconscio.

    Perché allora andremo avanti spediti sapendo che anche quella paura è perfetta per noi!

    Tuttavia ci sono 4 elementi che aiutano ad accettare e ad attraversare la paura in azienda: la fiducia, la relazione di cura, il trasformare il bisogno del lavoro in un valore e la capacità di creare attorno a questo valore un ambiente protettivo dove si possa esprimere una propria libertà responsabile. In breve creare un ambiente dove non si ha paura di accettare la paura. Se si accetta la paura, la si accoglie e la si trasforma in potenzialità, la paura in azienda diventa coraggio, (cor -actum=azione del cuore). E allora il nostro superconscio (il vento) può soffiare pienamente con noi che timoniamo il nostro veliero da esperti naviganti.

    Andare a braccetto con la paura in azienda praticando la mindfulness

    La mindfulness è uno strumento efficace per riportare equilibrio e pace nella vostra vita quotidiana.Lo studio delle aree del cervello coinvolte durante la mindfulness avviene tramite neuroimmagini, (rappresentazioni del sistema nervoso centrale) ottenute mediante: 

    • Tomografia Computerizzata (TC), 
    • Risonanza Magnetica (RM), 
    • Tomografia ad Emissione di Positroni (PET). 

    La TC e la RM forniscono immagini statiche delle strutture cerebrali,la PET immagini dinamiche in base al consumo di ossigeno e di glucosio. In questo modo è possibile evidenziare quali strutture si attivano in una determinata attività e misurare cambiamenti anatomo-funzionali del cervello. L’amigdala è la parte del nostro cervello sede della risposta “attacca o fuggi” e delle emozioni di paura e ansia. Diversi studi dimostrano che grazie alla pratica mindfulness, l’amigdala si riduce di spessore e le connessioni funzionali tra amigdala e corteccia pre-frontale si indeboliscono. Questo porta ad una minore reattività e crea le basi per il rafforzamento delle connessioni tra aree cerebrali associate a funzioni superiori, ad esempio attenzione e concentrazione.

    Si abbassa così la soglia della paura, non tanto perché diminuiscono le condizioni esterne che provocano paura, sono in realtà meno attive le aree dedicate alla memoria e alle emozioni. La Mindfulness contribuisce alla riduzione della connettività associata a queste 2 aree. Esiste un collegamento tra paura e ricordi della paura. Quando proviamo proviamo, ne creiamo un ricordo. La volta in cui proviamo la stessa paura, i nostri ricordi della paura possono farci sentire ancora peggio e metterci in uno stato di freezing o faint.

    Esercizio:

    Dove vanno i tuoi pensieri quando sei nella paura 

    Lasciar scorrere i pensieri, senza andar loro dietro, iniziando a dialogarci, e restare con l’attenzione sul respiro, per circa 15-20 minuti al giorno, salverebbe dallo stress un buon 70% della popolazione mondiale

    Praticare l’attenzione al respiro, ci connette con una parte profonda e saggia da cui arriva ciò che ci serve, nei vari adesso della nostra vita.

    Restare in meditazione con l’attenzione al respiro, ci permette di guardare i pensieri come fossero didascalie di un film, ricordandoci spesso che i pensieri non sono eventi “reali”, non stanno davvero accadendo, sono come una telenovela! La nostra realtà è un’altra!

    E’ quella di essere qui, seduti, con gli occhi chiusi, attenti al respiro e al corpo.

    E’ da questo spazio che si può chiedere cosa è più sano per noi fare, dire, non fare… Se si cerca una risposta, non serve rimuginare in uno stato di semi-ipnosi, serve svegliarci. E per svegliarci bisogna essere presenti, vigili, attenti.

    Se sei interessato ad approfondire questo tema, o sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile.

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

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