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  • Il metodo

    TRASFORM-AZIONE VERA: Il DIRE implica il verbo sbagliare

    “Il senso della vita? Primo: cercare di non sbagliare. Secondo: cercare di sbagliare senza abbattersi”

    Fernando Savater, Etica per un figlio,1991

    IV appuntamento di TRASFORM-AZIONE VERA: Dire, Fare, Abbracciare. Un percorso di allenamento al benessere, concreto, facile e di sicuro successo.

    La parola di oggi è: ERRORE

    La voce del verbo sbagliare

    Quando da piccoli venivamo rimproverati, avevamo paura che con quel rimprovero fossimo privati dell’amore.

    Confondevamo la voce del verbo sbagliare con l’essere: non capivamo la differenza fra l’azione sbagliata e la percezione di essere noi stessi l’errore.

    Da adulti tendiamo a fare lo stesso: non separiamo l’errore, che fa parte di un processo di apprendimento, dal sentirsi sbagliati, che fa parte di un processo di riconoscimento di Sé.

    La reazione all’errore è pressoché quella del bambino: nascondersi, nascondere la mancanza, sentendosi insicuri e incerti per paura del giudizio.

    Nel momento della mancanza ritorniamo a vibrare alla frequenza infantile, che il più delle volte ci portiamo dietro insieme a quella sensazione, crescendo, di essere sempre incompleti, non abbastanza, a causa dei nostri errori.

    La cosa incredibile è che noi nell’errore non ci riduciamo, ma anzi ci espandiamo.

    E’ proprio in questa espansione che avviene la trasform-azione e la situazione da avversa diventa una nuova opportunità.

    “Il più grande errore che facciamo è quello di vivere nella paura costante di farne uno” John C.Maxwell

    Lo sbaglio ci appartiene, come la nostra pelle

    Siamo fatti per sbagliare. Il nostro cervello si è evoluto per sbagliare.

    Le stesse neuroscienze ci dicono che impariamo più dagli errori che facciamo che dai nostri successi.

    Questo perché l’’effetto sorpresa causato dall’errore, quindi lo shock, la paura, l’ansia, il vedere che le cose non sono andate come volevamo, facilita l’apprendimento. 

    Così quando ci troviamo di fronte ad una situazione analoga a quella che ci ha indotto all’errore, dal lobo temporale del nostro cervello parte uno stimolo, un’ allarme che ci avverte che stiamo sbagliando di nuovo e questo ci permette di correggere il tiro.

    Però per imparare dagli errori dobbiamo non solo riconoscerli ma ammetterli.

    Perché sbagliare ci mette così in difficoltà?

    Vedere l’errore è utile ma non facile.

    Il mancato riconoscimento dei nostri errori si basa su una tensione interna. 

    Ammettere un errore crea dissonanza rispetto alla stima che abbiamo di noi stessi, a tal punto che pur di mantenere la nostra autostima ci troviamo spesso a giustificare oppure ad attribuire a qualcun altro la colpa.

    In questo modo noi salviamo noi stessi. 

    Ci firmiamo una giustificazione che ci solleva dal dover affrontare l’oggettività dell’errore e contemporaneamente l’opportunità di investigare la profondità di noi stessi.

    A volte l’errore entra anche in dissonanza con una convinzione radicata che magari è legata ad esperienze del passato, o a credenze ereditate: in questo caso tendiamo a ripetere un comportamento che una volta che si è dimostrato vantaggioso viene attivato di conseguenza anche quando vantaggioso non lo è più.

    Paul Watzlawick, filosofo, sociologo e psicologo austriaco nel suo libro “Change: la formazione e la soluzione dei problemi “ chiamava questi comportamenti “tentate soluzioni” che invece di risolvere il problema lo mantengono.

    Queste mantengono il problema poiché sono meccanismi di azioni e comportamenti che hanno il fine di fronteggiare i disturbi ed i sintomi presenti, ma in realtà rinforzano il problema. Sono interazioni ripetute. 

    In questa visuale di approccio “anche il minimo cambiamento all’interno del sistema produce una reazione a catena, l’effetto butterfly, che finisce con il modificare l’intero sistema e ciò offre il vantaggio di ridurre notevolmente la resistenza al cambiamento, poiché offre un’evidenza concreta. 

    La principale caratteristica del team di Palo Alto ( di cui Watzlawick fa parte) è l’approccio costruttivista alla realtà, secondo cui il mondo è la conseguenza dell’esperienza umana e non la sua causa. 

    L’assunto di base del modello è che l’oggetto di approfondimento non dev’essere l’individuo ma piuttosto la rete di relazioni nella quale è inserito (la relazione con sé stesso, con gli altri e con il mondo), sistemi dinamici estremamente complessi con sequenze ripetitive, cioè dei comportamenti che si collocano tra il problema ( errore) e ciò che la persona fa per risolverlo, proprio le tentate soluzioni.

    Se noi ci accorgiamo che tendiamo a vivere situazioni similari, che ci provocano sofferenza, prima di accusare il contesto, gli altri, la sorte, dovremmo prendere in considerazione la possibilità di guardare in faccia il nostro errore ricordandosi che errore non significa fallimento o fallito, ma azione distonica rispetto al risultato che vogliamo ottenere. 

    Come ti risuona la frase “ Non ci sono errori nella vita, ma solo correzioni?”

    Per quanto mi riguarda, dalla prima volta che la sentii proferire in un corso di formazione di circa quindici anni fa, ricordo l’emozione “salvifica” di apertura e di fiducia. Ricordo benissimo che sentii proprio nel corpo fisico un’espansione nel respiro e un rilascio di tensione.

    Sbagliare fa rima con esplorare

    Ci sono esperti di strategia di impresa e processi decisionali, come Paul Schumacker e  Robert Gunther, che sostengono che introdurre in un sistema complesso errori controllati – cioè a basso rischio – permette di esplorare nuove opportunità.

    La multinazionale Procter & Gamble ha coniato lo slogan “fail often, fast and cheap”, “sbaglia spesso, rapidamente e con pochi costi”, che invita a contemplare l’errore come un salutare compagno di viaggio.

    Un invito a vedere l’errore non come un nemico ma come un compagno di viaggio prezioso e inevitabile.

    C’è una ricerca dell’Università di Cambrige che ha suggerito una strategia per gestire l’ansia quando ci sono standard molto elevati: per superare l’indecisione o il senso di inadeguatezza che impedisce di agire è utile imporsi di fare le cose, anche male.

    Do it badly!

    Il modo in cui affrontiamo o gestiamo le cose nella vita ha un impatto diretto sulla quantità di ansia che proviamo: modificando il modo in cui stai affrontando la situazione puoi abbassare i tuoi livelli di ansia. 

    Quando devi prendere una decisione qual’è il tuo atteggiamento?

    Che relazione hai con la paura di perdere il controllo?

    Bene, un modo per superare l’indecisione e andare avanti in quel nuovo progetto è “farlo male”.

    Può sembrare strano, ma lo scrittore e poeta GK Chesterton ha detto che: “Anything worth doing is worth doing badly.” (Tutto ciò che ha un valore vale la pena di farlo male).

    Il motivo per cui funziona così bene è che accelera il tuo processo decisionale e ti catapulta direttamente nell’azione. Altrimenti, potresti passare ore a decidere come dovresti fare qualcosa o cosa dovresti fare, il che può richiedere molto tempo e stress.

    Le persone spesso vogliono fare qualcosa “perfettamente” o aspettare il “momento perfetto” prima di iniziare. 

    Ma questo può portare a procrastinazione, lunghi ritardi o addirittura impedirne del tutto la realizzazione. E questo, di nuovo, provoca stress e ansia.

    Perché non iniziare semplicemente “facendolo male” e senza preoccuparsi di come andrà a finire?

    Ciò non solo renderà molto più facile iniziare, ma permetterà anche di scoprire che stai completando le attività molto più rapidamente di prima. 

    Il più delle volte, scoprirai anche che non lo stai facendo così male.

    Usare “do it badly” come motto ti dà il coraggio di provare cose nuove, aggiunge un po’ di divertimento a tutto e ti impedisce di preoccuparti troppo del risultato. 

    Si tratta di farlo male oggi e di migliorare man mano che si va. In definitiva, si tratta di riscoprire libertà nell’azione.

    Utilizzare il verbo sbagliare ci apre all’umiltà e alla relazione

    Esiste un’ inerzia nel sistema nervoso per cui noi tendiamo a rifare le cose nello stesso modo, non solo nel modo in cui l’abbiamo fatto noi ma acquisendo comportamenti, e schemi comportamentali della nostra famiglia.

    La psicologia dinamica ha posto l’attenzione su come riuscire a far tesoro dei propri errori attraverso processi non banali. Significa attivare doti come l’umiltà, il discernimento, la volontà, il coraggio, il distacco.

    L’approccio all’errore è un allenamento che andrebbe trasmesso sin da piccoli.

    Il metodo Montessori, per esempio, insiste molto sull’importanza dell’errore per il bambino. 

    Perché?

    Secondo Maria Montessori il bambino costruisce la propria personalità attraverso le esperienze e le relazioni con l’ambiente che lo circonda. 

    Egli comincia la conquista dell’indipendenza all’inizio della sua vita e mentre si sviluppa, perfeziona se stesso superando gli ostacoli che incontra nel suo percorso; così facendo si libera dai tentativi degli adulti di “modellarlo”.

    Sbagliando s’impara è una delle grandi verità; l’errore deve essere chiamato “signore” perché soltanto mediante la sua scoperta il sapere migliora. Negli errori si imbattono coloro che sono impegnati nel fare scoperte”

    Le emozioni del verbo sbagliare

    Quale è l’errore più grande che ti senti di aver compiuto e quale è stato per te occasione di evoluzione?

    Quali sono i contesti verso i quali ti senti spaventato o in ansia?

    Ci sono caratteristiche comuni tra le varie situazioni?

    Ci sono figure che si ripetono? Ad esempio ruoli sarcastici, arroganti, punitivi che si ripropongono nelle situazioni che vivi o nelle sensazioni che le situazioni che stai vivendo ti restituiscono?

    Prova a dare risposte a queste domande e poni attenzione alle emozioni che sono associate alle tue risposte.

    Esiste un’origine per quelle emozioni. Guardandoti indietro, riesci a ricordare quando è stata la prima volta che hai provato il senso di irreparabilità e umiliazione che l’errore solitamente porta con sé?

    Vorrei ricordare che gli errori irrecuperabili nella vita sono pochissimi: certo può essere fastidioso, spiacevole, umiliante guardare le cose e chiamarle con il loro nome, ma in grande percentuale ogni errore ha margine di recupero.

    Igor Sibaldi disse una volta che l’errore più grande che possiamo fare è “ pensare di aver trovato”. Avere la certezza di aver trovato qualcosa, tendenzialmente provoca un fermo nella persona. 

    Ho trovato, mi fermo, sospendo la raccolta dei dati, i tentativi di miglioramento perchè ho paura che scoprendo altro, io possa scoprire di  avere torto.

    Questo succede nella vita lavorativa come nella vita personale. Soprattutto nella relazione con gli altri: amici, parenti, amori, colleghi.

    Invece continuare a ricevere informazioni, e ricercare mantiene acceso il lume della visione e della ricerca.

    L’errore quindi è di fatto un potente strumento di ricerca. Se riusciamo a vederlo, accettarlo e commetterlo attiviamo l’energia della riparazione. 

    Ciò non significa che possiamo tornare indietro come se non fosse successo, ma anzi, l’errore alimenta la nostra avanzata nell’espansione e conoscenza di noi stessi.

    Piccolo elenco di emozioni legate al verbo sbagliare 

    Un altro punto da ricordare è che sbagliamo tutti.

    Ecco un  elenco di alcune emozioni strettamente collegate al verbo sbagliare, che determinano poi i nostri “errori”.

    • Abbandono di relazioni nel momento del confronto
    • Credo di non essere all’altezza della situazione
    • Dimentico la compassione 
    • Eccedo nelle critiche agli altri
    • Esagero nell’attaccamento
    • Ho difficoltà a lasciare andare
    • Ho mancanza di fiducia nelle mie intuizioni 
    • Ho paura nell’affrontare strade nuove
    • Mi perdo nella solitudine
    • Mi riconosco spesso in atteggiamento difensivo
    • Non gestisco l’impulsività
    • Non mi do il giusto valore

    Uno strumento estremamente utile ed efficace per il superamento e la trasform-azione del nostro agire è il PER-DONO.

    Il perdono apre uno spazio mentale in cui non c’è nulla di giusto o sbagliato. Esistono schemi mentali non strettamente misurabili, se non in una conformità socio-aziendale condivisa.

    Il perdono, inteso nel suo significato più profondo, ha a che fare con PERDONARTI, PER-DONARTI e per nessun’altra ragione.

    Ci apre ad una visione del metterci a servizio nell’autenticità, nell’umiltà di riconoscere lo sbaglio, nel mettere cura e attenzione alle nostre parole e al nostro atteggiamento, per il nostro benessere e per il successo garantito dei risultati di ciò che vogliamo.

    Anche questa settimana ti invito ad ascoltare “Il Pronto Soccorso del tuo Potere”, che può esserti d’aiuto in ogni momento della tua vita, per aiutarti a connetterti velocemente alla tua forza interiore.

    Ti invito anche ad attivare da subito questo approccio con te stesso, con i tuoi colleghi e in generale nella tua quotidianità, e poi, se ti fa piacere, fammi sapere com’è andata.

    Se invece sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in  azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

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