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  • Il metodo

    La motivazione personale è semplice. La disciplina è affidabile.

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    La motivazione personale può arrivare facilmente, senza alcuno sforzo, ma può altrettanto facilmente andarsene.

    La disciplina è affidabile, non se ne va.

    Ogni mattina quando ci svegliamo, non ne siamo sempre consapevoli, ma dobbiamo, in qualche modo, fare affidamento ad entrambe per affrontare qualsiasi esperienza la giornata ci offra.

    Quando, nelle nostre attività motivazione personale e disciplina sono presenti insieme, il risultato è garantito.

    Ma la verità è che noi siamo vulnerabili e che non tutti i giorni sono uguali.

    Cosa fare quindi quando motivazione personale e disciplina non collaborano in sinergia?

    Ciò che dobbiamo garantirci che in assenza di una, possa esserci almeno l’altra.

    Faccio un esempio molto semplice:

    Mi alzo, come tutte le mattine molto presto per andare a correre. Ieri mattina c’era il sole, oggi piove da stanotte e sono sotto le coperte in conflitto con le mie autogiustificazioni che mi invitano a stare ancora un po’ a letto a dormire, visto che piove, è umido ecc.

    La motivazione personale in questo caso è…zero.

    Ma la disciplina mi ricorda che sto allenandomi tutti i giorni perché voglio aumentare la durata del mio allenamento e che, anche se piove so, che alla fine della corsa, il beneficio che provo è per me fonte di benessere.

    Ecco un semplice esempio di come la disciplina supplisce alla motivazione personale e addirittura poi, aprendomi all’esperienza, scopro che correre sotto la pioggia mi regala sensazioni piacevoli, perché, una volta deciso di affidarmi completamente all’esperienza, lascio aperti nuovi canali percettivi.

    È meglio creare la disciplina che fare affidamento sulla motivazione personale.

    La maggior parte delle volte ci viene suggerito come mantenere alta la motivazione.

    Sono piene le librerie de: I 7 passi per il tuo successo, gli ingredienti per essere sempre al top, Scopri le chiavi per rendere la tua motivazione sempre al massimo, ecc.

    Oggi vorrei spostare la tua attenzione su quella che reputo la domanda più sostanziale :

    Come allenare il nostro corpo, la nostra mente a lavorare senza motivazione

    È la disciplina la chiave del successo e, paradossalmente, è proprio quella che manca nella maggior parte delle persone al giorno d’oggi e che impedisce loro di essere costanti in quello che vogliono.

    La disciplina è libertà.

    La disciplina è la differenza tra tu che vivi una vita che non ti piace e tu che vivi i tuoi sogni. E’ la differenza tra chi sei e chi sarai.

    La disciplina implica la costanza, un lavoro lento e costante su se stessi, giorno dopo giorno, mese dopo mese.

    Nulla ci viene regalato, tutto dipende dalle nostre capacità di controllare la nostra mente, avendo la meglio sugli impulsi di pigrizia e indolenza.

    Per me è stato strategico, in tanti anni di percorsi di crescita personale e coaching, iniziare ogni giorno a farmi la seguente domanda:

    A chi sto dando il mio potere?”

    E’ la pigrizia, il mal di schiena, il dover fare mille cose ecc. che determinano le mie decisioni?

    Chi comanda chi?

    Qual è quel miglioramento che se fatto poi cambia tutta la tua vita?

    Rispondi a queste domande ora in un foglio di carta.

    Quando si tratta di voler lavorare su sè stessi, per mettere in atto dei miglioramenti che ci portino nella direzione dell’unico grande obiettivo di vita che ci accomuna tutti: amare se stessi, la legge è matematica:

    i risultati dipendono solo dalla percentuale di impegno che ci mettiamo:

    dato 100 – avremo 100

    dato 20 – avremo 20

    E’ inconfutabile!

    il primo passaggio per attivare un miglioramento è:

    programmare il nostro corpo.

    Il corpo è lo strumento più grossolano che abbiamo per iniziare a risvegliare una nuova consapevolezza in noi.

    Il corpo è un barometro perfetto della nostra anima, delle nostre emozioni!

    Il nostro involucro, dobbiamo comprenderlo, viverlo senza separazione.

    Il fisico ci appartiene fin dalla nascita, eppure abbiamo difficoltà a sentirlo nostro, lo diamo per scontato, come se fosse normale camminare, respirare, guardare.

    Ci pensiamo solo quando stiamo male.

    Attraverso Thinking Growth, il quarto beneficio del metodo ENERGYOGANT, un vero e proprio coaching di gruppo, ci si allena al miglioramento della propria forma mentis partendo da esercizi e tecniche quotidiane, suggerite al gruppo di manager coinvolti, per osservare e riconoscere le proprie credenze introducendone di nuove, ai fini di sviluppare e migliorare la propria energia personale ogni giorno a piccoli passi, nel nostro contesto lavorativo e con disciplina

  • Il metodo

    Il maschile e il femminile che possono aiutarci nella vita professionale e personale

    Quanto la definizione di ruolo e la classificazione di gender penalizza in azienda quello che in realtà oggi le aziende stanno cercando?

    Se è vero quello che emerge dai Forum dedicati alle Risorse Umane e dai recenti report del World Economic Forum relative alle competenze più importanti per il 2025 quello che le risorse umane faticano a trattenere e/o a ricercare sono collaboratori talentuosi, desiderosi di esprimere autenticità, creatività e passione, oltre che ovviamente le competenze specificatamente richieste.

    Le competenze per il 2030 secondo il WEF sono aumentate, da 12 a 16: quello che emerge è una contaminazione più intensa tra mondo fisico, digitale e biologico con l’urgenza, nonostante il progresso dell’intelligenza artificiale (AI), robotica, internet delle cose (IoT) di un lavoro sempre più “umano”. Sottolineo “più”, non “meno” umano perché la tecnologia sostituisce i lavori più ripetitivi e automatizzabili ma, di fatto, cambia la mentalità del lavoro, subentrano nuovi lavori e ancora, soprattutto, siamo in un cambiamento culturale dell’idea di lavoro.

    Se il vecchio schema del sacrificio, della vita dedicata al lavoro è stato desacralizzato, oggi è sicuramente più chiaro quello per cui non si è più disposti, ma ancora non si è ufficialmente riconosciuto, il nuovo way of working che coinvolge tutte le generazioni.

    Si parla ormai da tempo di Diversity, Equity & Inclusion (DE&I) si fa riferimento a un insieme di programmi, di tecniche e di strategie volte a riconoscere e a valorizzare le differenze individuali, così da massimizzare il potenziale di tutti i dipendenti, nessuno escluso.

    Certamente negli ultimi anni sono stati fatti dei passi in avanti in tal senso, ma c’è ancora molto da percorrere. Le differenze da considerare sono molte: età, etnia, religione, disabilità, sesso, orientamento sessuale, credo politico, status economico, ecc.

    La base di partenza è che, lì dove c’è diversità, c’è anche bisogno di inclusione.

    Se osservassimo e riconoscessimo il concetto di inclusione con un altro sguardo?

    Inclusione implica riconoscere e dare potere alla mente duale, che per sua natura, ragiona per categorie, ruoli ecc. 

    Ma non c’è bisogno di inclusione.

    Si tratta di entrare in una terra sconosciuta che implica svelare e accogliere quello che c’è, come potenzialità che si sprigiona. Il maschile e femminile sono forze archetipiche primordiali, originarie, sono lo “scrigno prezioso” che, una volta aperto, genera la più potente espressione di vitalità, intuizione, creatività e innovazione. Proprio come diceva Michelangelo di fronte ad un blocco di marmo: “Quando guardo un blocco di marmo, io riesco a scorgervi dentro la scultura. Tutto ciò che mi rimane da fare è togliere i residui.”

    Allora non si tratta di includere, ma di togliere i residui, per permettere la manifestazione vera.

    Nel desiderio e nell’urgenza che abbiamo in azienda di avere persone motivate, riconosciute, proattive e competenti potrebbe trattarsi di spostare il focus.

    Dalla rincorsa al riconoscimento della diversità ed equità di genere, al bisogno di “liberare” le persone da categorie e schemi precostituiti, che per lo più, si traducono in pressioni per i collaboratori che reagiscono con senso di stanchezza, passività e frustrazione.

    Non si tratta di “diversità di genere” ma di “liberazione dal genere” a favore di unicità e autenticità che si scontrano con l’emozione della paura e del controllo, che ben conosciamo nei nostri sistemi organizzativi e che peraltro non sono da biasimare o eludere, ma non per funzionano se ciò che cerchiamo è autenticità, passione e creatività.

    L’unicità coinvolge la nostra natura istintiva, archetipale, direi quasi animalesca, che esiste, ed è l’ingrediente più importante per l’espressione della nostra forza vitale.

    Non si tratta certo di rendere le nostre aziende una giungla…

    Vogliamo persone contente o persone felici in azienda?

    C’è una bella differenza!

    La contentezza non permette al successo di manifestarsi, perché “contento” deriva da continere, contenere, trattenere. Ciò che alimenta il successo è la felicità.

    Originariamente la parola latina “felice” significava «fertile, ricco di messi e frutti».

    La persona felice continua a nutrire il suo terreno e a mettere semi, che diventano frutti e fiori rigogliosi.

    Quando l’animale sociale ingabbia l’animale selvatico, che vive libero e potente in ognuno di noi, la strada diventa una giungla di visioni contrapposte e terrifiche, ma quando l’animale selvaggio risolleva la sua testa e si libera dal giogo, allora e solo allora, tutto diventa semplice e chiaro. 

    Siamo natura nella natura, la natura non è altro da noi.

    La fusione tra maschile e femminile è potentissima proprio perché non si capiscono affatto, proprio perché parlano due lingue diverse, perché mentre lui guarda fuori, lei guarda dentro, perché mentre lui sfida il mondo, lei sfida sè stessa.

    Tutta la ricchezza sta proprio lì, nella difficoltà di superare la mente binaria e trovare una prospettiva più ampia in grado di capire che esistono due verità che si nutrono a vicenda e si alimentano per smuovere l’energia stagnante e generare vita. 

    Viviamo incatenati alle dicotomie: abbiamo preso l’abitudine di imprigionarci dentro una visione univoca che si oppone ad un’altra visione univoca: siamo arroccati senza in realtà un autentico dialogo tra le parti. 

    Eppure la biologia parla una lingua semplice e trasparente; il futuro nasce dall’incontro di nature opposte.

    Stiamo parlando di forze, di energia prima ancora che di gender o di ruolo.

    Tutto ciò che noi chiamiamo gender in realtà è un costrutto, non esiste un gender puro, esistono generi misti che a volte arrivano persino a creare conflitti tra gli impulsi sessuali e la fisiologia.

    La vera ricchezza è l’unicità, scoprire la natura e guidarla in accordo ai sogni, ai desideri, ai talenti. Non esistono nemmeno giochi, colori, abitudini, ruoli per maschi o per femmine, perché in ognuno di noi ci sono entrambi gli aspetti. Ci sono femmine più portate verso le materie scientifiche, verso lo sport o verso giochi scatenati, la lotta e la guerra, e invece maschi che amano la poesia, oppure cucire e giocare con le bambole.

    Tutto questo significa allenarsi al non giudizio, lasciandoli scegliere senza forzature, quello che amano, senza farci domande e dare etichette, lasciando che la natura faccia il suo corso.

    La vera difficoltà che abbiamo, una volta adulti e inseriti in un qualsiasi contesto organizzativo e sociale, è che siamo diventati una sovrastruttura consolidata di maschere e ruoli.

    La nostra corazza ormai è talmente spessa che ci identifichiamo con essa, senza neanche più riuscire a contattare cosa c’è sotto, qual è la nostra scintilla autentica.

    Tutto questo in realtà è stato necessario per sopravvivere e permetterci di stare dentro perimetri e confini, a volte autoimposti, spesso condizionati, per essere amati e accolti dall’altro (persona, sistema, contesto).

    Comprensibile razionalmente, ma oggi che le nuove scienze ci sollecitano ad osservare l’uomo come essere olografico, di cui la mente è la punta dell’iceberg, è necessario risvegliare anche in azienda nuova consapevolezza.

    Ma pensate quanta creatività e potenzialità inespressa?

    Cerchiamo persone motivate, appassionate e talentuose, muovendoci da uno stato di paura e controllo. E’ quasi impossibile che il risultato non sia frustrazione e insoddisfazione generale.

    Se il Femminile è il grembo/terra che accoglie, il Maschile è il seme che feconda la terra; insieme, e solo insieme, possono dare vita alla creazione. Se il Femminile è la nostra capacità di introspezione e profondità, di accogliere, contenere, comprendere, ecco che il Maschile è quella parte di noi che ci consente di agire, determinare, andare nel mondo, dare una direzione, penetrare la realtà fendendola con i nostri significati e con il nostro valore. Solo nel mutuo e reciproco incontro si rende possibile il Processo Creativo, e con esso la reale crescita e trasformazione.

    In che modo il maschile e il femminile possono aiutarci?

    Il presupposto è che entrambi questi aspetti contengono aspetti di luce e di ombra; entrambi sono variegati, con diverse possibilità che per ciascuno di noi si “mixano” in modo del tutto soggettivo e personale. Alcuni aspetti possono essere molto noti, chiari, esperiti nella vita di tutti giorni, altri aspetti possono rimanere nascosti nell’ombra, sconosciuti, relegati nel mondo dell’inconscio. Sappiamo però che rimanere nell’inconscio non vuol dire rimanere inattivo, anzi, spesso ciò che abbiamo relegato nell’inconscio è proprio ciò che ci fa agire in modo apparentemente impulsivo e che a volte guida e domina le nostre azioni.

    E’ fondamentale quindi porsi delle domande:

    • i modelli di Femminile e Maschile che mi abitano, mi aiutano a crescere, a svilupparmi, a seguire i miei desideri autentici, mi permettono di essere chi realmente sono? 
    • riesco ad usare appieno il patrimonio di qualità che un buon Femminile e un buon Maschile mi possono donare? O rimango imprigionata/o in modelli e schemi limitanti e fuorvianti?

    Un Femminile “sano” ci regala una buona capacità di ricevere, stare in ascolto, fiducia nelle nostre intuizioni, una buona comprensione del nostro ritmo personale, un istintivo accordarsi ai ritmi della natura, una naturale predisposizione ad una visione ampia, che tesse connessioni e relazioni, la vicinanza ai misteri delle cose. Ci offre la possibilità di sapere intuitivamente quando è bene coltivare qualcosa, alimentarlo (una relazione, una situazione, un aspetto di noi, ecc.) e quando è bene lasciarlo andare, in modo fluido e in accordo con il naturale trasformarsi della vita. Ci fornisce la giusta quota di aggressività sana per difendere in modo corretto i nostri territori, psichici e fisici. Un Femminile integro è la chiave di accesso per l’ascolto dei nostri desideri più autentici.

    Un Maschile “sano”ci dona focalizzazione, capacità di scegliere un obiettivo e di stabilire i passi per raggiungerlo, determinazione, capacità di agire nel mondo e di concretizzare, un buon uso della parola e del pensiero logico. Un maschile “autentico” ci regala coraggio, disciplina, capacità di rimanere agganciati ai nostri obiettivi, chiarezza di visione, perseveranza.Un Maschile integro è la chiave di accesso alla realizzazione concreta dei nostri desideri più profondi.

    Solo l’incontro fecondo tra maschile e femminile genera crescita e successo

    Faccio un esempio semplice, forse riduttivo, ma efficace: pensiamo a quando in azienda nasce un’idea, un progetto: la persona e il team, nella prima fase, avranno bisogno di accedere alla forza del Femminile per ricevere e ascoltare: intuizioni, visioni, immagini. Verranno “cullate” all’interno del team, come la terra custodisce al buio il seme, ma poi interverrà l’energia Maschile, per apportare quelle quote di propulsione e direzione necessarie per concretizzare, dare una forma, portare nel mondo. 

    Senza energia maschile, le meravigliose visioni del team rimarrebbero solo idee, senza alcuna possibilità di manifestarsi nel mondo concreto.

    Senza energia femminile, il risultato sarebbe mera tecnica, senza contatto con il mondo interiore delle singole persone e del team. E il risultato si vede!

    L’incontro fecondo tra queste due parti consente che il potere creativo, la capacità di determinare e creare, possa svilupparsi e realizzarsi appieno, con vero successo.

    Il maschile viene in aiuto al femminile nella misura in cui ne valorizza l’energia intuitiva e ne tempera gli eccessi, raffinandolo come un diamante. Questo perché la contraddizione interna, il conflitto, la lotta fra opposti, se tollerati, attraversati e vissuti (non sbrigativamente liquidati!) producono ricchezza. Esiste una conciliazione possibile fra i contrari, come accade in una sinfonia in cui si alternano più voci, qui più forti e decise, là più delicate e struggenti. E la bellezza dell’opera si basa proprio sulla complessità, deve ad essa il suo fascino e la sua espressività.

    Femminile e maschile sono allora due forze che si rinforzano a vicenda e che concorrono allo sviluppo più pieno di una personalità. Lo stesso Jung parlava della psiche come di una combinazione di principi maschili e femminili: un’energia dominante che contiene allo stesso tempo anche quella opposta. https://www.energyogant.it/maschile-e-femminile-la-miglior-comprensione-per-trasformare-il-conflitto-in-azienda/

    “Essere dalla parte delle donne non significa sognare un mondo in cui i rapporti di dominio possano finalmente capovolgersi per far subire all’uomo ciò che la donna ha subito per secoli. Essere dalla parte delle donne vuol dire lottare per costruire una società egualitaria, in cui essere uomo o donna sia ‘indifferente’, non abbia alcuna rilevanza. Non perché essere uomo o donna sia la stessa cosa, ma perché sia gli uomini sia le donne sono esseri umani che condividono il meglio e il peggio della condizione umana.”
    (Michela Marzano)

    Se sei interessato a questi argomenti contattaci. Possiamo presentarti i nostri progetti dedicati alle aziende: 

    • Maschile e Femminile in azienda: la prima D&I sei tu!
    • L’energia che ci muove: il maschile e il femminile che vibra in noi.
  • Il metodo

    L’HR Director ha una grande fortuna: essere leader senza autorità!

    Nell’era dell’agile, della flessibilità, della cura e dell’ascolto, della leadership non più top-down, essere leader senza autorità è un privilegio.

    Chi meglio dei manager delle risorse umane, grazie e/o a causa della pandemia e di tutto il pre e il post, sono stati capaci di agire concretamente la trasform-azione (cambiamento di forma)? Proprio tutti? Sicuramente no.

    Quali caratteristiche aiutano chi si occupa di risorse umane ad essere un leader di successo senza autorità?

    Ovviamente, lungi da me l’idea di avere la formula o i 4 ingredienti magici per essere un leader di successo senza autorità. Soprattutto perché mi sto rivolgendo a persone che investono la loro giornata lavorativa su questi temi.

    Ma, forse, proprio perché mi trovo, “fuori dai giochi”, ma tutto sommato “anche dentro”, riflettere insieme può offrirci uno spunto di maggiore chiarezza.

    Mi è piaciuto moltissimo Il libro di Joseph M. Marshall III dal titolo Il potere del quattro. Qui la risposta ci arriva da un modello, la società lakota, che aveva un concetto di leadership molto interessante e, a mio parere, archetipico del genere umano. Sicuramente un modello ben diverso dal nostro europeo ma, proprio perché il nostro cervello limbico e creativo ha bisogno di divergere per poi convergere, proviamo ad andare un po’ “lontano”. La società lakota produsse alcuni dei capi più noti e ammirati della storia, come Cavallo Pazzo, Toro Seduto o Nuvola Rossa.

    Partendo dal significato etimologico di leadership, voce inglese, dal verbo to lead, ‘guidare’, ‘condurre’, di fatto, nella società lakota non si accenna all’autorità, ma a caratteristiche diverse.

    D’altro canto, da noi, un  capo, un politico, un manager, un sindaco sono automaticamente leader?

    Nel libro di Marshall si evince che è il carattere, e non la posizione occupata, che può trasformare in leader. Addirittura, nella loro società, non esisteva né il concetto, né  la “parola” autorità. Un capo lakota non poteva costringere nessuno a seguirlo.

    Non aveva neppure i social, poverino!

    Tutto si basava sul carattere e l’esperienza. E la storia ci conferma che i lakota non mancavano di capi.

    Essere leader delle risorse umane come un lakota, senza autorità

    Nel “potere dei quattro” si menzionano quattro filosofie, così le definisce, che i lakota applicavano per essere capi capaci:

    1) Conosci te stesso

    Mi piace molto condividere la nostra consapevolezza di cosa significhi essere leader senza autorità, ritrovando le fonti nella storia e nelle discipline orientali. Come ritroviamo sul frontone del tempio di Apollo a Delfi l’oracolo – con l’efficacia mediatica che avevano a quel tempo i santuari – che rivolgeva all’uomo di allora l’invito a indagare dentro di sé, per scoprire che l’essenza della nostra vita è dentro, non al di fuori di noi. Così successivamente la valorizzazione dell’interiorità offrirà motivi di riflessione a Socrate, che sulla conoscenza di se stesso costruirà uno dei cardini del suo pensiero. Ma non solo, lo stesso Sun Tzu ne L’arte della guerra “Se non conosci né il nemico, né te stesso, ogni battaglia significherà per te sconfitta certa. Se non conosci il nemico ma conosci te stesso, le tue possibilità di vittoria saranno pari a quelle di sconfitta. Se conosci il nemico e conosci te stesso, nemmeno in cento battaglie ti troverai in pericolo.” Il meglio che ciascuno di noi può fare è affrontare la vita con tutte le sue forze e le sue debolezze, ma per farlo dobbiamo essere assolutamente sinceri con noi stessi riguardo a entrambe.

    Ogni azione dissipa energia, ogni pensiero costa fatica, così che è necessario cercare un’armonia tra lo sforzo e l’obiettivo, in modo da ordinare i mezzi nel modo migliore. Per fare questo, occorre conoscere bene se stessi e il nemico, perché solo a queste condizioni potremo operare nell’ottica di capitalizzare ogni nostro vantaggio. Realismo costruttivo, questa è l’ottica, l’unica verso la quale la nostra mente deve tendere per giungere al massimo vantaggio, il solo scopo per cui valga la pena imbarcarsi in uno scontro, quale che sia.

    Con il passare del tempo dovremmo diventare sempre più capaci di affrontare le sfide della vita, la consapevolezza di sé, quindi, dovrebbe essere una continua disciplina. Mai, nella nostra vita personale o professionale, arriveremo al punto di avere imparato tutto. Questo è sintetizzato dal pensiero lakota che un uomo smetteva di migliorare la sua esperienza con l’arco solo il giorno in cui moriva. Lo stesso Omraam Mikhaël Aïvanhov in “Conosci te stesso” racchiude in questa frase tutta la scienza e tutta la saggezza: conoscersi, ritrovarsi, realizzare la fusione tra il Sé superiore e il Sé inferiore. Conoscersi equivale a possedere la scienza dei diversi corpi di cui si compone l’uomo (il corpo fisico, eterico, astrale, mentale, causale, spirituale, coscienziale) e delle condizioni indispensabili al loro sviluppo”.

    E’ un viaggio per scoprire quello che siamo e le mille sfaccettature che nascondiamo dentro noi stessi, per vivere con consapevolezza le nostre emozioni e il nostro “io” pulsante. Un percorso per scavare dentro di noi, giocare con i nostri pregi e difetti, diventando coscienti che fanno parte del nostro essere, più forti e consapevoli. Camminare mano nella mano con le nostre paure e i nostri pensieri imparando ad osservarli e a non giudicarli. Quando siamo consapevoli di quello che realmente siamo potremo affacciarci al mondo e agli altri e scoprire quanto la realtà intorno a noi è uno specchio delle nostre volontà, paure ecc.

    La mente conscia, a cui noi appelliamo grandissimo potere nella nostra vita professionale agisce solo per il 7% delle nostre potenzialità? 

    Come possiamo iniziare a conoscere meglio noi stessi?

    Quali sono le cose che sai fare bene senza averle imparate?

    2) Conosci i tuoi amici

    I leader non possono fare niente da soli. Compito del leader è identificare le persone dedite a uno scopo e in possesso degli strumenti e delle capacità per raggiungerlo e motivarle a realizzarlo. Alleanze e amicizie non sono fatte per i momenti belli. Le creiamo per aiutarci a vicenda nei momenti difficili e nelle situazioni più irte di ostacoli. Stando vicino agli amici nei momenti difficili, dimostriamo loro che possono fidarsi di noi, e ciò ci garantisce che saranno al nostro fianco quando saremo noi ad avere bisogno di loro. Lo scrittore Robert Greenleaf già nel 1970 coniò il termine “servant leader

    In genere, nel business, i leader seguono gli interessi degli azionisti (Shareholder), mentre un servant leader si concentra sulle persone.

    Le relazioni sono l’ingrediente fondamentale, la scuola dell’obbligo della nostra crescita: possiamo non essere interessati ad un percorso di crescita personale, ma le relazioni coinvolgono tutti, nessuno escluso.

    Mettersi a servizio della relazione, significa sviluppare strategia, visione e trasformazione, ma significa anche entrare nella relazione come espansione e nutrimento di Sé, osservare gli altri come opportunità. Essere leader significa migliorare la chiarezza di obiettivi, ispirare e comunicare la vision e la mission aziendali, ma osservare gli altri e le relazioni come opportunità di incontrare parti di Sé.

    Questo viene molto facile quando le relazioni funzionano ed, in tal caso, l’invito è di amplificare questo aspetto, ma ci risulta più complesso quando ci sono delle criticità.

    L’altro è sempre un potenziale interiore che io non ho ancora attivato.

    Ci vuole sicuramente un forte spirito di osservazione per affermare che l’altro è uno specchio di me. Un conto dirlo a parole e un conto è incarnare questo aspetto tutti i giorni. Ma l’osservazione non basta, ci vogliono anche strumenti di trasformazione. Perché dire che l’altro è uno specchio di me, significa essere responsabile di tutto ciò che avviene “là fuori”.

    Se andiamo oltre la separazione, con cui siamo stati per lo più educati (bene e male, io e gli altri,ecc ), e andiamo oltre le nostre credenze subconsce che hanno creato l’altro, perché come dice Gandhi le nostre credenze creano il nostro destino e allora io non ho creato l’altro, ma ho creato il fatto che l’altro con me si esprime in quel modo, che io gli attivi quel comportamento e che lui attivi in me quell’archetipo, perché noi raramente vediamo le persone per come sono, vediamo l’archetipo che ci attivano. Esempio molto semplice: il maschio e la femmina. Ci sono persone che hanno difficoltà a relazionarsi con il maschile o viceversa perche’ attivano l’archetipo mamma o papà, l’archetipo autorità, o maestro di scuole ecc.

    L’altro ci attiva sempre qualcosa che nel nostro subconscio c’è già e grazie a questa attivazione ce lo rivela. A volte ci lamentiamo perché il collaboratore non ci rispetta, ma tu ti dai rispetto? ti rispetti? rispetti i tuoi bisogni?

    Hai mai sentito parlare della legge dello specchio?  Irene Menis, laureata in fisica, ha lavorato per oltre 12 anni nell’esplorazione spaziale, oggi International Certified PSYCH-K® and PER-K® Instructor, di cui anch’io sono certificata facilitatrice definisce 3 tipi di specchio:

    –   La persona mi mette in difficoltà perché fa, si comporta, dice, pensa o si permette qualcosa che mi è stato impedito di fare da piccolo. Esempio da adulto mi danno fastidio le persone che parlano a voce alta, perche’ i miei genitori mi rimproveravano sempre se alzavo il tono di voce.

    –   Un secondo specchio sono le cose che mi impedisco di fare da grande. Vorrei prendermi una settimana di vacanza e andarmene via da solo, ma non ho il coraggio di farlo per vari motivi, ognuno ha i suoi, e, quelli che lo fanno, creano in me un sentimento di sottile invidia, mi stanno poco simpatici. La relazione ci rivela quella parte di noi potenziale che noi da adulti non ci diamo il permesso di vivere. E’ un’area fuori dalla nostra zona di comfort dove vorremmo andare ma non ci riusciamo. A meno che siamo davvero in pace con questa parte di noi.

    –   Mi da fastidio delle altre persone quello che faccio anch’io, ma non me ne accorgo. Questo è lo specchio più difficile da riconoscere. Esempio mi danno fastidio le persona ritardatarie e anch’io sono ritardataria, ma non vorrei esserlo, non ci riesco e mi danno fastidio le persone ritardatarie. Sono le cose non così ovvie, perché hanno a che fare con il subconscio, sono al di sotto della consapevolezza conscia. La mente conscia a volte non se ne accorge, fino a quando la sfida, il disagio della relazione diventa non tollerabile.

    Ecco allora che conoscere i tuoi amici ed essere leader senza autorità ci dà il più grande potere autentico e cioè quello che ci riporta, ancora una volta, a noi stessi e ad uno spazio di libertà interiore da cui agire.

    3) Conosci i tuoi nemici

    Viviamo in un mondo in cui dobbiamo affrontare continue minacce, a livello individuale e collettivo. Anche il folklore dei Lakota è pieno di storie di battaglie. L’odio e l’etnocentrismo erano spesso altissimi, ma i Lakota avevano anche rispetto per i loro nemici, un rispetto che derivava da una profonda conoscenza: benché fossero separate da grandi distanze e da lingue diverse, le tribù conoscevano i reciproci valori culturali, le forze e le debolezze militari. La conoscenza del nemico era parte integrante della difesa. Ciò forniva utili informazioni: le armi di cui disponeva, le passate vittorie o sconfitte, le abilità e le abitudini tattiche, il valore nel combattimento e così via. Conoscere il nemico aumentava sensibilmente le probabilità di vittoria. Ogni relazione può essere sana, o ancora meglio io posso essere sana o sano in ogni relazione, anche in quella dove magari il collaboratore se ne va o il mio capo mi fa vedere potenziali miei inespressi che mi creano disagio. Io non vedo l’altro per come è, ma io vedo l’altro per come io lo percepisco dal mio sistema di credenze. Di questo non dobbiamo mai avere dubbi. Provare a cambiare i nostri sistemi percettivi, le nostre credenze, i nostri paradigmi in modo da stare bene noi. L’altro, il nemico, si comporta così non per farmi dispetto, ma perché lui agisce dal suo sistema di credenze. Quindi agisce perché è veramente il massimo che è capace, che riesce a fare. Nel suo sistema di credenze non è capace di fare il meglio e quello è davvero il massimo, oppure peggio ha paura di quella situazione e quindi va in protezione.

    Quando andiamo in protezione, trattiamo male gli altri perché sono un pericolo.

    Quindi prendersi la responsabilità della relazione con il “nemico” significa che lui può fare solo così e io posso rispondere in modo consapevole a quel tipo di comportamento e ciò significa cambiare la nostra vita. Attenzione all’accezione che sto utilizzando con il termine “cambiare”: significa modificare il nostro paradigma e cioè, non cambiamo perché non andiamo bene o perché dobbiamo farci andar bene il nostro capo, ma cambiamo perché andiamo già benissimo così  e possiamo ancora migliorare. Ecco perché le relazioni sono una grande opportunità. E così noi mettiamo in pratica la quarta filosofia, essere d’esempio.

    4) Dai l’esempio

    Se accettiamo la definizione di essere leader come una persona che influenza le azioni e gli atteggiamenti degli altri, la logica domanda è: come diventiamo leader se non con l’esempio? Quando l’altro vede che siamo disponibili a cambiare, per la legge dello specchio che abbiamo appena visto, anche lui sarà più disponibile a cambiare. In una relazione in cui entrambi si è disponibili a cambiare rispettando la propria natura, c’è crescita. Noi possiamo solo trasformare le credenze subconscie che ci impediscono di essere la migliore espressione di noi stessi. Non possiamo trasformare le nostre credenze, al fine di diventare adeguati alle aspettative di un altro. Possiamo solo diventare sempre più noi stessi. Ed è un posto comodissimo dove stare. Altrimenti se non sei te stesso spendi il 50% del tuo tempo ad essere come qualcuno ti vuole e l’altro 50% a cercare di essere come gli altri non ti vogliono. E quindi quando hai il tempo di vivere la tua vita?

    Personalmente trovo gli strumenti di PSICH-K efficaci e veloci per dialogare con il nostro subconscio. Il subconscio è velocissimo, 40 milioni di volte più veloce della mente conscia. Se noi siamo in grado di delegare l’elaborazione di qualcosa alla mente subconscia è fantastico perchè ci permette di fare cambiamenti velocemente ed efficacemente.  PSICH-K è molto rispettoso perché chiede il permesso alla nostra mente conscia, al nostro potere automatico (subconscio) e alla nostra mente spirituale (superconscia) e il risultato è sempre molto potente.

    I Lakota davano il loro esempio con un approccio molto semplice e elegante:

    Per ‘portare la giubba’ dovete essere al di sopra degli altri. Dovete aiutare gli altri prima di pensare a voi stessi. Aiutare le vedove e le persone che hanno scarsità di cibo e di vestiti, e che non hanno nessuno che parli per loro. Non guardate dall’alto in basso gli altri e non prestate attenzione a chi guarda dall’alto in basso voi, e non lasciate che la rabbia guidi la vostra mente o il vostro cuore. Siate generosi, siate saggi e dimostrate fermezza, affinché la gente segua quello che fate e quello che dite. Soprattutto, abbiate coraggio e siate i primi a caricare il nemico, perché è meglio giacere come un guerriero nudo nella morte che essere riccamente vestiti ma con dentro un cuore d’acqua”.

    Se sei interessato a queste tematiche, seguici nelle prossime settimane per scoprire le prossime novità.

  • Il metodo

    La complessità in azienda è la nostra complessità?

    Tutto dovrebbe essere reso il più semplice possibile, ma non troppo semplice

    Albert Einstein

    Desideravo da qualche tempo riprendere a scrivere, perchè per me scrivere è sviluppare la mente attentiva, fare focusing, è una forma meditativa.

    Scrivere mi permette di fermare, di fare spazio e, quando ci riesco, nel silenzio della mente, mi arriva chiarezza e intuizione. Lo stesso mi succede ogni mattina alle 6 quando pratico yoga e faccio focusing sui messaggi del corpo e l’ascolto del respiro.

    Complesso questo ritmo, ma non complicato.

    Vi ricordate, per chi è un pò baby boomers come me, la canzone di Jannacci?

    Chi ha perso il ritmo si deve ritirare

    non c’è più posto per chi sa far da solo,

    due note e un si bemolle fuori luogo

    Vietato di fermarsi anche a respirare

    che qui la base continua a girare,

    chi non sa stare a tempo, prego andare.

    Perchè… perchè… perchè..

    Perchè ci vuole orecchio…Per fare certe cose

    ci vuole orecchio!

    Come spesso succede la stessa canzone, ascoltata in momenti diversi, ci richiama significati differenti.  Ci vuole orecchio per sentire e per sentirci.

    L’ascolto e la complessità in azienda e dentro di  noi

    Senza ora entrare in argomenti che mi porterebbero lontano dall ‘obiettivo di questo testo, mi limito a sottolinerare che un sistema o fenomeno si può  (manca ancora una definizione così detta “scientifica”…) definire complesso, quando compaiono le seguenti caratteristiche:

    1)  l’Emersione di caratteristiche e comportamenti non prevedibili a partire dalla conoscenza degli elementi del sistema stesso.

    2)  la Sensibilità estrema a qualsiasi “battito d’ali di farfalla” che ne modifichi impercettibilmente un qualche elemento, una qualche condizione iniziale, con conseguente evoluzione radicalmente diversa. 

    3)  l’Auto-organizzazione con lo sviluppo di strutture nuove (imprevedibili?) capaci di adattare il sistema a nuove situazioni e informazioni, ossia di imparare. 

    Ecco perché NON SONO complessi, ma al più “complicati”, “articolati”, sistemi apparentemente complessi, quali:

    • il motore di una Ferrari;
    • un aereo transoceanico;
    • un’azienda molto grande con una struttura esclusivamente gerarchica (“prussiana”…)

    in quanto prevedibili non sono  in grado di adattarsi ai cambiamenti ambientali, fisici, economici di mercato, ecc…

    Nella complessità in azienda e dentro di noi  la causalità non è lineare, non si sottopone alle leggi del riduzionismo scientifico e implica una reale interdisciplinarietà.

    Non siamo forse così anche noi, tra la nostra biografia e la nostra biologia?

    E’ la nostra biologia che determina la nostra biografia o viceversa?

    Nasciamo sani in un contesto di desiderio con 2 genitori che si amano, nasciamo sani in una contesto di difficoltà con 2 genitori in conflitto…La biografia  istante per istante

    si scrive nella biologia delle onde energetiche in noi. La biografia viene costantemente danzata nel corpo da molecole, cellule tessuti ed organi. In un sistema complesso ci dicono le neuroscienze, l’evoluzione è caotica,cioè «imprevedibile»perché intervengono variabili aleatorie la cui azione non è definibile a priori.

    Non sono così anche le nostre emozioni ?

    Le emozioni sono un campo complesso, multisfaccettato:

    • Sono collegate alla nostra psiche
    • Hanno un carattere fisico, fisiologico e neuroanatomico
    • Sono anche programmi istintivi, un ponte tra la nostra mente e il nostro corpo… di nuovo come abbiamo accennato prima, tra   biologia e biografia

    Ma come si fa a dialogare con le emozioni? Si può? Su un piano cognitivo?

    La  complessità in azienda e dentro di noi  implica avere linguaggi diversi e un ascolto attivo per osservare, riconoscere ed integrare ciò che ci sta succedendo a livello fisico, emotivo, mentale e coscienziale.Per entrare in dialogo con le nostre emozioni abbiamo bisogno di utilizzare un linguaggio adatto al nostro cervello limbico, per cui immagini, parole narrative, evocative, profumi e sensi.

    Hai mai ascoltato il battito del cuore ?

    Facciamo un piccolo esercizio:

    Mettiti in una posizione comoda, occhi chiusi e porta per qualche istante l’attenzione al tuo respiro, rendendolo sempre più calmo, lento e profondo. Prenditi un pò di tempo per sostare in questo spazio. Ora prova a lasciare vagare dentro di te queste domande:

    • Come sta il tuo cuore in questo momento?
    • E’ aperto, è ampio, spazioso, stretto, presente, raggomitolato, chiuso, vagamente presente?
    • E’ collegato a tutto ciò che c’e’ intorno ? Lo sente il “ filo” che c’e’ intorno ?
    • E’ abbastanza libero da definirsi un “cuore con le ali”?
    • Che immagini affiorano? Ci sono colori? suoni?

    Attraverso le risposte che possono affiorare  dentro di noi, entriamo in contatto con quello che c’e’:

    la via naturale  che ogni essere umano cammina.

    Da diversi anni presso l’HeartMath Institute a Boulder Creek,in Californa scienziati e yogi da anni danno vita a progetti di ricerca innovativi e rigorosi affermando ormai con rigore scientifico che Il cuore ha un piccolo cervello con 40.000 cellule cerebrali!…molte meno che nel cervello,ma più che sufficienti a dare vita ad una vera “intelligenza del cuore

    Mentre batte questo nostro cuore produce energia (ECG) Il cuore ha un campo energetico più ampio e potente di tutti quelli generati da qualsiasi altro organo del corpo, compreso il cervello all’interno del cranio. Il campo elettrico del cuore, misurato dall’ ECG è 60 volte più grande in ampiezzadi quello generato dalle onde cerebrali, misurate da un EEG.Dunque il cuore ha un’energia, il cervello ha un’energia …Tutti gli organi hanno una loro propria energia connessa alle emozioni…secondo la medicina cinese ed anche ippocratica.

    Energia, emozioni ed organi sono strettamente collegati

    I nostri pensieri ed emozioni influenzano il campo magnetico del cuore, che influenza energeticamente quello del nostro ambiente, indipendentemente dal fatto che ne siamo consapevoli.

    il campo, la dimensione in cui stiamo vivendo ci sta parlando.

    Ricapitolazione e complessità in azienda e dentro di noi

    La complessità che stiamo vivendo in azienda e dentro di noi e l’incertezza del cambiamento sono un’opportunità per ricapitolare la nostra storia personale. Ricapitolare non ha nulla a che fare con il ricordare.

    Ricapitolare significa alleggerire il carico energetico che condiziona la nostra vita.

    Significa nella complessità recuperare l’unità. Non solo con noi stessi, ma con la vita, la natura dalla quale siamo profondamente lontani. Spesso ci consideriamo come se noi fossimo altro e non la natura stessa.

    La ricapitolazione attiva l’osservazione di noi stessi, riconoscendoci come esseri liberi, inseriti in una contesto dove sperimentare la possibilità di sentirci.

    Gli obiettivi della ricapitolazione sono:

    Allenarci all’arte del distacco: rendere quello che ci tocca personalmente, impersonale. Significa riconoscerci altro da quello che ci succede e disidentificarci dai nostri pensieri, emozioni e attaccamenti.

    Il grande beneficio di tutto ciò non è entrare in un approccio introspettivo di tipo psicoanalitico, ma liberare energia intrappolata. Non ci interessa conoscere le cause, bensì allenarci  ad accomiatarci da quello che è doloroso e da quello che ci rende felici. Resteranno vivi i ricordi, ma resteranno puri perchè scevri della densità energetica che gli abbiamo attribuito.

    Come mai mi succedono sempre le stesse cose ? Come mai continuo a litigare con il mio capo, collega ecc? Perchè li tratteniamo energeticamente.

    Le situazioni si ripetono perchè si specchiano in ciò che è già la percezione che noi abbiamo di loro.

    Così vale anche per le persone.

    Esercizio:

    Domattina quando ti svegli e vai in bagno, mettiti davanti allo specchio e prova a farti dei complimenti: Oggi sono strepitosa/o, sono bello e solare, ho dei begli occhi, che bel sorriso che ho, sono proprio in gamba, sono attento e sensibile con gli altri…prova ad andare nel mondo con questa energia e osserva cosa succede. (vale ovviamente anche il contrario)

    Questa complessità che viviamo in azienda e che ora abbiamo meglio compreso come ci appartenga, e non sia  oggetto esterno a noi,  proviamo a “giocarci” insieme, da un altro punto di vista:

    • E se il mondo fosse quello che ho creato con i miei pensieri, le mie emozioni, le mie credenze, opere e fatti?
    • Come lo posso percepire perchè sia funzionale al mio star bene?

    Pertanto ricapitoliamo tutti i giorni!

    Non lasciamo sospesi! Come diceva Lella Costa, durante un suo spettacolo, evitiamo di avere “cumulini“ sul comodino.

    Tutte le sere attualizziamo le nostre emozioni con un momento in cui possiamo ripercorrere a ritroso tutta la giornata, per lasciare andare appesantimenti energetici. 

    Ci sono moltissime tecniche che favoriscono questa attitudine che, se allenata, diventa una nuova, buona,sana abitudine che ci predispone ad un buon sonno e …noterete la differenza anche al risveglio.

    Se sei interessato a questi temi puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile.

  • Il metodo

    Essere squadra o fare squadra per stare bene in azienda?

    Essere squadra ha a che fare con la nostra mente coscienziale, fare squadra con la nostra mente animale.

    D’altro canto, noi siamo catalogati come una specie animale umana, come dice Rossella Rustici e non siamo catalogati come specie umana consapevole.  Per diventare consapevoli dobbiamo agire sulla nostra mente umana coscienziale.

    Siamo composti da:

    • mente umana in cui si sviluppa la nostra coscienza 
    • mente animale, del mammifero, rettiliana

    Ogni giorno c’è una lotta tra la mente animale e la mente umana.

    In questa lotta spesso la nostra mente umana, la nostra coscienza perde colpi

    viene assorbita dalla mente animale.

    E’ fondamentale che la mente coscienziale mantenga la sua scala di valori

    (amore, etica, responsabilità, vita, gioia, bellezza, tipiche di una mente spirituale, dove spirituale non deve essere confuso con religioso)

    I desideri della mente animale sono quelli di ricercare le zone di comfort per adattarsi all’ambiente. L’adattamento alle zone comfort ci porta a cercare di avere sempre più cose possibili. L’avere non è l’essere della mente coscienziale. Nella mente coscienziale sono presenti emozioni come: provare gioia, serenità, fare le cose con empatia, amore, aiuto, rispetto,non calpesta ecc.  

    Quando la mente coscienziale colpisce gli altri e l’ambiente a cui si rivolge tutti ne restano contaminati e si produce in generale più serenità, collaborazione, vita, positività ecc. 

    Quando non riesco a collegarmi alla scala di valori positivi, continuo a stare legata alla mente animale (mi arrabbio, non rispetto gli altri ecc) Mancando la scala dei valori della propria coscienza, manca la consapevolezza se ciò che sto facendo sia giusto o sbagliato per me, se faccia bene o no anche agli altri. La mente animale ha le regole dell’adattamento all’ambiente per sopravvivere (le leggi di capobranco, del gregario, del maschio alfa, del potere, lotta per il territorio, ecc.) Non ha la consapevolezza del giusto o sbagliato.

    La nostra mente coscienziale non si adatta all’ambiente per sopravvivere, come fa la parte animale che cerca sempre zone di comfort. Ma adatta l’ambiente a se stessa, alle proprie energie. Si può capire la lotta che c’è tra la parte animale e la mente coscienziale. Sono nettamente in opposizione

    Proviamo dunque a chiedere ad a un collaboratore o a un candidato durante un colloquio di selezione, cosa significa fare squadra o essere squadra e non dovremmo stupirvi se le risposte che otterremo oscilleranno tra affermazioni romantiche, ma poco concrete come “essere in perfetta sintonia con i colleghi” e tra dichiarazioni di intenti più simili a slogan elettorali quali “tutti uniti verso un comune obiettivo”.

    Difficile sviluppare un’abilità così fondamentale e da tutti dichiarata di possedere, se in partenza, già nel singolo individuo c’è confusione.  

    Essere squadra significa definire prima la propria scala di valori e verificare se corrisponde a quella del team, prendere accordi sulle questioni organizzative e comportamenti condivisi, che concilino efficienza, efficacia, gratificazione ed espressione personale di ogni membro della squadra.

    Per essere squadra è importante farsi domande

    Alcune di esse potrebbero essere:

    • Cosa mi impegno a fare per accrescere la sinergia del team e mantenere alto il mio livello di soddisfazione e motivazione personale?
    • Cosa perderei se togliessi un po’ del “mio fare sempre il meglio” per far sostenere e innalzare coloro che stanno solo “facendo sempre bene” o per permettere, a chi non lo sta facendo, di farne almeno un pò?

    Probabilmente perderemo un po’ di: 

    • visibilità, 
    • rafforzamento della nostra parte egoica che ha bisogno di sentirsi “speciale”, 
    • crescita economica.

    Ma non credo che tutto ciò minerebbe la nostra sicurezza. Anzi.

    E’ indiscutibile che per restare sul mercato e rispondere sempre meglio alle necessità o addirittura anticiparle, dobbiamo dare il meglio.

    Ma il meglio lo dobbiamo dare come persone di senso.

    Il senso, o scopo, è quello che dà significato e forza a ciò che facciamo e al perchè lo facciamo.

    Qual è lo scopo di essere o fare squadra?

    Il mercato infatti lo fanno la bravura, il tempo, il servizio, l’intenzione e l’informazione.

    Nel mettere a servizio il nostro meglio non emergono meno “punte di diamante” ma aumenta il livello generale di bene aziendale, che si traduce in successo.

     Un po’ effetto marea, il livello si alza.

    • Che vantaggi trae il singolo a cui viene chiesto di mettere il meglio a servizio del bene collettivo e dell’essere squadra? 

    Innumerevoli:

    • maggiore compartecipazione
    • allentamento della tensione, ansia stress
    • comprensione del valore della condivisione
    • nessuno è perfetto
    • integrare le proprie imperfezioni
    • alzare il senso di responsabilità comune 
    • maggiore successo per tutti
    • essere leader veri e cioè guide, ispiratori per far emergere il meglio da ognuno
    • dare ed ottenere fiducia

    Bisogna lavorare dall’interno, verso l’esterno.

    Un gruppo va costruito dall’interno e va guidato con strumenti che permettano alle persone di mantenersi nella propria centralità ed unicità, armonizzandosi poi con il team, anche di fronte a momenti di alta pressione lavorativa.

    Tu non sei speciale, sei unico.

    Tutto ciò nasce dall’osservazione, prima di sè stessi, dall’aver registrato una memoria nel corpo fisico di forze interne ed esterne che si allineano, per poi imparare a dosarle nel gruppo, per nutrirlo ed arricchirlo. I nostri corpi hanno l’intelligenza necessaria per relazionarsi e ciò che si manifesta sono leggi della fisica che regolano tutta la materia, dai filamenti cellulari ai corpi dell’universo. C’è un’armonia sottostante e il nostro corpo la conosce. Se la ricorda.

    La scelta tra  essere  o fare squadra  coinvolge il singolo su tutti e 3 i livelli:

    • fisico
    • mentale
    • emotivo

    L’energia del corpo fisico è la prima leva potente di comunicazione non verbale che non tradisce. Si accede ad una lettura facilitante, se ci si pone attenzione.

    Vantaggi e Svantaggi dell’essere o fare squadra da remoto o in presenza

    Vero è che nel team in remoto è una lettura estremamente difficile quella del corpo fisico, anche se con un buon allenamento ci si può affinare. Sicuramente si può bilanciare con il cinestesico.

    Ma la postura del corpo fisico è fondamentale nell’essere team ed è estremamente contagiante, soprattutto a livello inconscio.

    Per quanto riguarda la mente, abbiamo accennato all’importanza della scala dei valori che sono la caratteristica della mente coscienziale o spirituale.

    Quali sono i valori che guidano le nostre giornate e le nostre relazioni.

    Esercizio

    Prova a svolgere questo semplice esercizio in due parti:

    1) dalla seguente lista di valori, individua i 10 più importanti per te.

    2) ordinali per importanza. 

    In questo modo avrai una gerarchia chiara e precisa nel caso in cui due valori siano contrastanti su una determinata questione.

    Abbondanza, comodità, eccellenza, impegno, pazienza, serenità, abilità,  perdono, accettazione, educazione, indipendenza, perfezionismo, severità, adattabilità, coerenza, efficacia, perseveranza, affetto, efficienza, integrità, persuasione, sicurezza, affidabilità, compassione,  intelligenza, piacere, sincerità, allegria, competenza, eleganza, portamento, socializzazione, altruismo, competizione, intimità, positività, solidarietà, ambizione, comprensione, empatia, intuizione, potere, amicizia, comunità, equilibrio, spiritualità, amore, equità, leadership, precisione, controllo, tradizione, lealtà, prestigio, stabilità, apertura, cooperazione, esperienza, libertà, privacy, successo, appartenenza, coraggio, etica, prudenza, supremazia, apprendimento, correttezza, fama, maturità, puntualità, sviluppo, approvazione, creatività, famiglia, merito, purezza, tempo, armonia, credibilità, fede, minimalismo, relazioni, tenerezza, assistenza, crescita, fedeltà, natura, religione, umanità, astuzia, curiosità, felicità, reputazione, umiltà, autenticità, decisione, fiducia, obbedienza, responsabilità, umorismo, democrazia, forza, onestà, rettitudine, utilità, autorità, denaro, generosità, onore, ricchezza, autostima, determinazione, gentilezza, ordine, riconoscimento, verità, avventura, devozione, giustizia, organizzazione, rischio, visione, bellezza, dignità, gratitudine, orgoglio, rispetto, vulnerabilità, benessere, disciplina, grazia, ottimismo, sacrificio, calma, gruppo, pace, saggezza, cambiamento, divertimento, guadagno, partecipazione, salute, carriera, dovere, igiene, patriottismo, semplicità

    Se abbiamo chiari i nostri top ten di valori, la capacità di essere team sarà direttamente proporzionale a quanto riusciamo ad esprimere gerarchicamente quelli per noi più importanti.

    Se per esempio, nella tua lista di valori la tranquillità è più in alto rispetto all’orgoglio, deciderai di lasciar cadere quelle provocazioni.

    Se invece l’orgoglio viene prima, deciderai di rispondere a tono rinunciando alla tua tranquillità pur di difendere il tuo onore.

    Comprendere, in base alla propria scala di valori, se l’essere squadra sia per i collaboratori più funzionale in presenza, da remoto o un mix di entrambe ha proprio a che fare con la graduatoria dei valori e permette l’espressione vitale ed autentica delle persone.

    Non c’è una ricetta che possa funzionare per tutti. E sicuramente c’è poi una strategia che debba tenere conto del sistema. Il sistema migliora e si potenzia però solo quando il team è vitale e valorizzato, e per essere squadra è necessario attivare la mente coscienziale dei singoli.  Sicuramente la scala dei valori può essere un buon suggerimento.

    Se sei interessato a confrontarti anche con altre realtà su questi temi, ci vediamo il 6 ottobre a Milano per l’evento dal vivo “Il Team Sublime”: Come sostenere il cambiamento di stato del team da «solido» a «gassoso» e viceversa. Puoi prenotare il tuo posto cliccando QUI.

  • Il metodo

    Cosa davvero ci impedisce di mantenerci concentrati al lavoro?

    Essere concentrati al lavoro sembra sempre più difficile, per non dire impossibile.

    Stamane durante una sessione di coaching ad un manager di una multinazionale, è emerso ancora una volta, il tema della concentrazione al lavoro. Dico ancora una volta, perché potrei riassumere quali sono le tematiche principali, che emergono nelle sessioni di coaching individuale e, sicuramente, la difficoltà di concentrarsi quando l’agenda condivisa viene riempita continuamente di riunioni e webcall è uno dei main topic.

    “La concentrazione ed il vuoto mentale sono il preludio della vittoria”.

    Bill Russell

    La definizione di Russell sembra qualcosa di utopistico o quanto meno non di questo sistema aziendale, dove siamo troppo indaffarati. Gli antichi sciamani dicevano “l’intento può nascere dal silenzio interiore” significa che finchè sei oscurato a livello emotivo le azioni sono paralizzate o reiterate come uno schema da cui non si può uscire.

    L’intento mantiene alta la concentrazione al lavoro, cascasse il mondo

    Se ci pensiamo bene, la stessa sensazione che viviamo in ufficio, spesso non è molto diversa anche a casa, soprattutto se abbiamo famiglia e magari figli piccoli. Certo le motivazioni e il coinvolgimento affettivo sono diversi ma dobbiamo sempre fare i conti con le interferenze.

    La nostra organizzazione al mattino, per esempio, quando vorremmo uscire di casa ed accompagnare i figli a scuola rilassati ed organizzati, non subisce spesso lo stesso tipo di pressione? Il figlio che non si alza, la figlia che non si veste, il marito o la moglie che si stanno preparando e ci occupano il bagno, il traffico, il parcheggio, la merenda che ci siamo dimenticati, la firma per l’autorizzazione che non abbiamo fatto, ecc.

    Sono sempre tutte interferenze.

    Possiamo sempre scegliere di restare in balia delle interferenze o di agire per restare coerenti al nostro intento.

    Ma cos’è l’intento?

    L’intento è il nostro focus, dove mettiamo l’attenzione. 

    Per essere concentrato e mantenere alta l’attenzione bisogna sempre sapere per quale motivo lo si fa: per questo pensare ai tuoi obiettivi è un passo fondamentale. Ma prima di pensare agli obiettivi aziendali, proviamo a concentrarci su cosa muove le nostre giornate.

    Il suggerimento personale è, quando ancora sei a letto alla mattina, prima di alzarti, prenditi qualche istante, quando ancora le onde stanno passando da alfa a beta, e fai 2 cose:

    • Esprimi subito gratitudine per questa giornata, nuova di zecca. Una gratitudine che si apre con gioia e curiosità al nuovo, proprio pensando al nuovo giorno come un nuovo inizio. 
    • Formula il tuo intento. Abbiamo già visto più volte l’importanza dell’intento.

    Oggi mi interessa sottolineare l’importanza della forza di volontà.

    L’intento mi aiuta a mantenere alta la mia forza di volontà. Ti ricordo solo le 5 caratteristiche dell’intento:

    Un intento potente ha 5 caratteristiche:

    1. riguarda me stesso e non gli altri
    2. è espresso in forma positiva 
    3. è al presente e in prima persona
    4. semplice e chiaro
    5. fa bene a me e sostiene gli altri e il sistema vivente

    Qual è il mio INTENTO in azienda e nella mia vita di tutti i giorni?

    Non esiste azione efficace senza intento chiaro

    Ti suggerisco, una volta identificato il tuo intento, di alzarti e dopo esserti lavato la faccia, prenditi dai 3 ai 5 minuti di presenza immobile, seduto a terra o su una sedia, in assoluta immobilità restando in ascolto solo del tuo respiro, dell’inspiro che riempie ed espande e dell’espiro che lascia andare tutto ciò che non vuoi, tensioni, conflitti, preoccupazioni ecc.

    Personalmente lo pratico da diversi anni e aggiungo al mio intento una pratica costante mattutina che coinvolge la mia mente, il mio corpo e le mie emozioni.

    Tieniti in forma. Stanchezza e concentrazione non vanno molto d’accordo. Se tieni veramente al lavoro che devi fare, tieniti in forma: migliora il tuo sonno, rendi l’attività fisica un’abitudine irrinunciabile. “I 5 RITI TIBETANI” da fare appena svegli sono un ottimo allenamento per il corpo e soprattutto per la forza di volontà. Si inizia da tre ripetizioni per ogni esercizio ed ogni settimana ne aggiungi 2 fino ad arrivare a 21, puoi saltarne al massimo un giorno, altrimenti dovrai diminuire di 4 se salti due giorni, di 8 se salti da 3 fino a 7 giorni e così via…
    sicuramente ci sono delle mattine che non hai voglia di farli, ma l’idea di perdere ciò che hai conquistato ti fa ignorare i pensieri pigri.

    Un altro suggerimento che ti propongo è di  leggere tutte le mattine 5 pagine (non di più) di un libro che preferibilmente contribuisce alla tua crescita personale.

    Perché ti dico questo?

    Perché allenare in questo modo disciplina e motivazione all’inizio della giornata, sono di grande aiuto, per non dire fondamentali, per riuscire più facilmente a mantenere la rotta durante la giornata. 

    E’ un allenamento a mantenere la presenza. Non basta essere presenti, bisogna esser-ci.

    Non basta essere in ufficio davanti al computer, bisogna allenarsi ad esser-ci con il proprio potere personale. Altrimenti il risultato è che a fine giornata ci sentiamo prosciugati come la canna del pompiere che ha trascorso la sua giornata a spegnere incendi e non ha più acqua.

    L’intento quindi mi richiama al SENSO della mia giornata e alle priorità che devo mettere in campo mantenere concentrazione ed efficacia.

    Una volta formulato il tuo intento, per ognuno è diverso e non è indelebile, può cambiare nel tempo, ma deve sempre essere forte ed incisivo per te e per la vita che vuoi vivere.

    Esempio: io sono calmo e gioioso.

    Come posso mantenere questo intento quando appena arrivo in ufficio, anzi prima ancora di arrivarci, la mia agenda è già piena di dieci attività non previste?

    Il mio intento diventa un continuo richiamo a non farmi distrarre e mantenere la mia direzione, perché ho scelto di voler vivere così la mia giornata. Ebbene sì, si tratta di scelta. 

    Noi scegliamo sempre.

    Come fare? Scrivi una lista di cose che per te, in quella giornata, sono assolutamente importanti. Verificane l’urgenza in termini di priorità. 

    Verifica anche se le tue priorità riguardano solo te o che tipo di ripercussioni hanno sugli altri.

    Una volta identificate le tue priorità secondo criteri “sostenibili” per te e per la tua organizzazione, sposta e posticipa ciò che non rientra in questa categoria.

    Fallo subito ad inizio di giornata e comunica la tua intenzione ai diretti interessati.

    Anche se in principio questo passaggio ti sembra imbarazzante, ti garantisco che offri un’opportunità anche agli altri e, dopo un po’ di tempo, l’intera organizzazione si autoeduca ad un nuovo mindset dove, peraltro, verificherai che ti ritroverai con molto più tempo.

    Lavoriamo tutti come se fossimo i primari del reparto del pronto soccorso del San Raffaele di Milano.

    Una volta scritte le tue priorità, inizia a svolgere il primo compito della lista impostando un timer di 25 minuti. In quei 25 minuti, dovrai impegnarti solamente su quel compito: non sarà ammessa nessuna distrazione. Una volta portato a termine il compito, prenditi una pausa di 5 minuti. Dopodiché, passa al compito successivo.

    Qual è il peggior nemico della mancanza di concentrazione al lavoro?

    Ti sei mai chiesto che differenza c’è tra pausa ed interruzione?

    La pausa è rigenerante, l’interruzione è una distrazione. Noi durante il giorno facciamo tante interruzioni, ma non facciamo pause.

    Per mantenere la concentrazione al lavoro, abbiamo bisogno di pause.

    La pausa è rigenerativa e ha la caratteristica di spostarci da quello che stiamo facendo, aprendoci ad uno “spazio” diverso. Nella pausa devo fare qualcosa che ci nutra, che nutra la nostra energia. Oltre a banalmente bere dell’acqua, allenarsi a momenti di mindfullness, dove esercitare l’esser-ci, la presenza, entrando in contatto con il corpo e le sue tensioni e con il respiro consapevole è un potente e trasformativo strumento per non restare prosciugati a fine giornata.

    Un suggerimento per mantenere la concentrazione è quello di tenere un block notes sulla scrivania. Abbiamo detto che le interruzioni sono il peggior nemico della tua concentrazione. Che si tratti di una richiesta urgente del tuo capo, di una nuova e-mail o dell’sms di un tuo amico, ogni volta che interrompi la tua sessione di lavoro, ritrovare la giusta concentrazione richiede dai 10 ai 15 minuti. Scrivi quindi sul block notes l’attività che stai svolgendo (quando inizi), a che punto sei arrivato (se e quando vieni interrotto), cosa devi fare (se vieni interrotto per qualche richiesta urgente). 

    Mi rendo conto della noiosità di questo esercizio ma è molto utile, perché tenendo traccia delle attività che stiamo svolgendo e delle interruzioni, ci rendiamo conto di quante volte passiamo da un’attività all’altra, faticando a concluderne una. Inoltre, utilizzando gli appunti tornerai più velocemente al tuo lavoro, esattamente dal punto in cui avevi interrotto.

    Un altro esercizio semplice accessibile a tutti per mantenere concentrazione al lavoro è il respiro quadrato:

    Quando liberiamo il nostro respiro, liberiamo le nostre tensioni.” Gay Hendricks

    Sama vritti Pranayama, chiamata anche “Respirazione quadrata”, deriva dal sanscrito “sama” che significa uguale e “vritti” che significa “movimenti o fluttuazioni”. E’ una respirazione in grado di alleggerire e rilassare il flusso dei pensieri che popolano la nostra mente, e ci riesce favorendo la concentrazione su una serie di movimenti – o fluttuazioni, o costruzioni – immaginarie.

    La respirazione quadrata ha anche altri benefici:

    • Ha un’azione calmante sul sistema nervoso
    • Aiuta ad affrontare situazioni difficoltose e impegnative
    • Regolarizza la pressione arteriosa e il battito del cuore
    • Rinforza il sistema immunitario
    • E’ utile per combattere l’insonnia

    La caratteristica principale della respirazione quadrata consiste nell’immaginare di disegnare un quadrato con la mente, e di abbinare alla “costruzione” di ogni lato un atto respiratorio, mantenendo per lo stesso lasso di tempo l’inspirazione, l’espirazione, e le due pause che le separano. Non ha importanza se la durata di lati del tuo quadrato è di 2, 3 o 4 secondi, ciò che importa è trovare il proprio ritmo di respirazione e mantenerlo per tutto l’esercizio.

    • Inspirando, misura la durata del tuo respiro e immagina di disegnare un lato di un quadrato;
    • Trattenendo il respiro, disegna il secondo lato del quadrato;
    • Espirando, disegna il terzo lato;
    • Trattenendo il respiro, disegna il quarto lato.

    Dovresti avvertire la sensazione di poter continuare questa pratica all’infinito, senza stanchezza. Appena ti accorgi che non riesci più a mantenere l’equilibrio con il ritmo della respirazione, interrompi la pratica senza andare oltre. Se hai difficoltà a mantenere le pause del respiro, puoi trasformare i quadrati in rettangoli! Puoi  inspirare per 4 secondi, trattenere per 2, espirare per 4, trattenere per 2. Ti invito a disegnare col respiro almeno quattro quadrati.
    In genere qualche minuto di pratica è sufficiente per calmare la mente. Ricordati di non avere fretta di finire. E’ sempre meglio fare 2 quadrati fatti bene, che dieci senza concentrazione. Durante la gravidanza bisognerebbe evitare di fare le ritenzioni del respiro ma è possibile procedere a disegnare i quadrati inspirando per 2, 3 o più respiri ed espirando per lo stesso lasso tempo. Funziona comunque! Ci sono anche delle varianti che potresti adottare: puoi disegnare i quadrati partendo una volta in senso orario e una volta in senso antiorario, oppure puoi immaginare di disegnare il quadrato una volta di un colore, e una volta di un altro, oppure ogni lato di un colore diverso.

    Quando cedo il mio potere personale la concentrazione al lavoro diminuisce

    A chi si cede il proprio potere personale?  A tutte quelle situazioni esterne a cui lasciamo prendere il sopravvento: l’invasione delle mail, il collega che mi interrompe, la telefonata, whatsapp, i social ecc.

    Ogni volta che provi un’emozione come rabbia, frustrazione, impazienza, tristezza, ansia, paura, invidia o qualsiasi altra emozione che NON sia affine a gioia, senso di rilassamento, pace, quiete, gratitudine, amoreallora significa che hai ceduto il Tuo Potere Interiore a qualcuno o qualcosa di esterno a te. Una persona, una situazione, un agente esterno può avere potere su di Te solo quando tu glielo concedi. Ogni volta che ti ritrovi inconsapevolmente in un’emozione negativa, lasciando che in modo subdolo si insinui dentro di te, stai cedendo il tuo potere, stai perdendo la tua energia. Quale energia? La tua energia innovatrice, creatrice, risolutrice. Stai lasciando che i ladri di potere approfittino del tuo momento di debolezza. E i ladri di potere sono anche tutte quelle situazioni summenzionate, ma non solo. I ladri di potere sono moltissimi, molti più di quanti immaginiamo.

    Esercizi per mantenere la concentrazione al lavoro

    Ci sono diverse tecniche per imparare a non distrarci e a mantenere la nostra concentrazione al lavoro. Di seguito te ne suggerisco alcune.

    Tecnica del mandarino:

    Per applicare questa tecnica di concentrazione dovrai seguire alcuni semplici passi:

    1. Immagina di stringere in mano un mandarino. Concentrati sui dettagli: immagina la consistenza del mandarino, il suo odore, il suo peso, la sua temperatura, liscio, ruvido, ecc.
    2. Passa il mandarino da una mano all’altra, saggiandone ogni piccola sfumatura.
    3. Ora afferra il mandarino con la tua mano destra (la sinistra per i mancini!) e portalo a toccare la parte posteriore della tua testa. Lascia il mandarino in questa posizione: è un mandarino magico, non preoccuparti non cadrà.
    4. Chiudi gli occhi e lascia che il mandarino galleggi in equilibrio la dove lo hai lasciato. Concentrati sul tuo stato fisico e mentale. Probabilmente ti sentirai rilassato ma concentrato allo stesso tempo.
    5. Sempre con gli occhi chiusi immagina che il tuo campo visivo si espanda e riesca ad abbracciare tutto ciò che ti circonda.

    Tecnica del pomodoro

    Applicare la tecnica del pomodoro prevede  5 semplici passi:

    • Scegli un’attività da completare.
    • Imposta il timer a 25 minuti .
    • Lavora sulla tua attività senza distrazioni finché il timer non avrà suonato.
    • Prenditi una pausa di 5 minuti.
    • Ogni 4 “pomodori” prenditi una pausa più lunga di 15-30 minuti.

    Tecnica del mancino

    Secondo uno studio della Case Western Reserve University, piccoli cambiamenti nelle nostre routine quotidiane possono aumentare gradualmente la nostra forza di volontà. La tecnica del mancino è consigliata dalla “neurobica” (una sorta di ginnastica mentale) per favorire la creazione di nuove sinapsi (collegamenti tra le cellule del sistema nervoso), facendo qualcosa di diverso dal solito.

    Ecco alcuni esempi pratici:

    • La mattina appena sveglio, lava i denti utilizzando la mano sinistra (la destra se sei mancino).
    • Sostituisci il primo gesto che compi ogni mattina (fumare una sigaretta, accendere il computer, etc.) con un’azione più sana.
    • Se hai la tentazione di controllare la posta elettronica o Facebook, rimanda di qualche minuto.
    • Rifai il letto.
    • In generale, abituati a fare ciò che non sei abituato a fare, solo perché decidi di farlo; proprio come se dovessi scrivere come un mancino.

    Tecnica del silenzio

    • Ne parla Robin Sharma nel “Il monaco che vendette la sua Ferrari”. La tecnica consiste nel non parlare per un giorno intero, se non in risposta a domande dirette.
    • Rimanendo in silenzio per un’intera giornata non fai altro che condizionare te stesso a fare ciò che decidi consciamente di fare, senza limitarti a reagire continuamente.
    • Più controllo sarai in grado di avere sulla tua forza di volontà, più questa si accrescerà.

    Esercizio del Triangolo

    Per allenare la concentrazione è utilissimo anche l’esercizio del triangolo. Disegna su un pezzo di carta un piccolo triangolo e coloralo di qualunque tonalità. Prendi ora il foglio su cui hai disegnato il triangolo, mettilo davanti a te e concentra tutta la tua attenzione sul disegno che hai creato. In questo momento, non devono esserci pensieri nella tua mente se non la forma geometrica che stai osservando. Mantieni la tua attenzione sul disegno ed evita di pensare a qualsiasi altra cosa. Respira, restaci da 1 a 3 minuti e poi riprendi l’attività.

    Concludendo mantenere il proprio potere personale vuol dire allenare la propria forza di volontà.

    Come dice Miranda Sorgente in “Riprenditi il tuo potere”, noi viviamo sempre in contemporanea 2 realtà, quella esterna e quella interna. Quando c’è contrasto tra le 2 realtà (es. sei in un posto meraviglioso, nel posto in cui volevi proprio essere, eppure nella tua realtà interna stai vivendo qualcos’altro) la realtà interna VINCE sempre. Il viaggio più affascinante che possiamo fare nella vita è dirigerci sempre verso il nostro faro, senza farci troppo distrarre dalle sirene!