Nel 2021 è uscito il film Respect e in contemporanea Rolling Stone ha decretato che Respect è la miglior canzone del mondo scalzando Bob Dylan e la sua Like. Era San Valentino del 1967 e la regina del Soul rivendicò il diritto all’uguaglianza ed al rispetto. A distanza di oltre 50 anni, il secondo ingrediente emerso durante il nostro Focus Group “Il TEAM SUBLIME” del 6 ottobre scorso, è il RISPETTO.
Cosa significa rispetto oggi in azienda?
I tempi sono cambiati, ma anche oggi non credo che ci siano interruttori della rabbia più efficaci della mancanza di rispetto. La tolleranza nei confronti della mancanza di rispetto è diversa da persona a persona. Quanto più abbiamo un senso esteso del nostro Sé, tanto più ci sembreranno tante le mancanze di rispetto. Solitamente quello che ci fa reagire è proprio una violazione del territorio intimo fatta senza tenere conto della nostra esistenza e delle nostre preferenze. Se il nostro ego è molto espanso, le mancanze di rispetto possono diventare molte e significative. Se ci sentiamo umili, possiamo avere una tolleranza molto grande perché può sembrarci di non avere particolare valore. Alla fine però – quello che ci fa reagire – è sempre la stessa cosa: sentire che l’altro non ci considera e non ha cura di noi.
Cosa significa rispetto nel team sublime?
Secondo diversi recenti studi:
- l’80% dei dipendenti trattati in modo poco civile spende un tempo di lavoro significativo a rimuginare sui fatti
- il 48% riduce deliberatamente i propri sforzi.
Inoltre, il trattamento irrispettoso si diffonde spesso tra i colleghi e viene percepito dai clienti. Al contrario: in un luogo di lavoro rispettoso, i dipendenti sono più soddisfatti e leali alle loro aziende, più resilienti, cooperano di più e hanno maggiori probabilità di seguire le indicazioni dei loro leader.Una recente indagine svolta su 15.000 lavoratori in dieci nazioni europee ha mostrato, tra le altre cose, che il 22% dei lavoratori sotto i 35 anni è convinto che il proprio lavoro sia privo di significato, il 28% non si sente stimolato da ciò che fa e il 27%, per le precedenti ragioni, sceglie di non impegnarsi al 100% (Deloitte, “Voice of the workforce in Europe”, 2018). A volte è la natura stessa del lavoro a renderlo privo di senso – il fenomeno ormai noto dei “bullshit jobs” – altre volte è l’ambiente organizzativo nel quale il lavoro si svolge, la “corporate culture” prevalente che rende difficile trovare un senso e una finalità soddisfacente per ciò che facciamo. E’ ovvio pensare che un lavoro dotato di senso suscita più impegno, dedizione e motivazione di un lavoro ritenuto inutile. La percezione del senso però non è necessariamente e d automaticamente legata al tipo di lavoro. David Fairhurst, ex HR Director di McDonald’s sosteneva che se l’azienda fosse stata in grado di “fornire senso” ai propri dipendenti, il 55% di loro si sarebbe sentito più motivato, il 42% più fedele e leale, il 32% più orgoglioso.“Se qualcosa ha valore per le persone allora ha più significato, continua Fairhurst, e questo può essere creato fornendo ai lavoratori il senso di uno scopo comune”. Lo sforzo in più deve essere quello di “condividere uno scopo comune e costruire un luogo di lavoro che permetta ai dipendenti di diventare la migliore versione possibile di se stessi”. La ricerca di senso sembra quindi un indicatore essenziale per comprendere cosa significa rispetto nel team sublime.
Respectus, dal latino respicere guardare indietro, composto di re- indietro e spicio guardare. Interessante, rispetto come “guardare” e non solo una volta. Il guardare e il guardare nuovamente, presuppongono attenzione. L’attenzione implica prendersi cura del collaboratore sulla base della sua specifica dignità e unicità e non solo come “strumento utile” per il raggiungimento di un fine. L’espressione inglese “paying respect” che significa “rispettare”, “tenere in conto”, “avere riguardo”, suggerisce cosa significa rispetto: una moneta preziosa che può agire come una potente forma di motivazione.
Le principali leve del rispetto nel team sublime
- l’apprezzamento
Ricevere apprezzamento per il lavoro svolto è, tra tutti i fattori che producono soddisfazione e rispetto nel collaboratore, l’unico che appare sempre tra i primi due più importanti, dal dopo-guerra ad oggi. Gli altri valori mutano: la remunerazione monetaria,la sicurezza psicologica, la possibilità di carriera, negli anni hanno acquisito o perso importanza relativa, ma il sentirsi rispettati per il risultato del proprio lavoro è rimasto invariabilmente negli anni tra gli elementi più importanti nel determinare il livello di soddisfazione dei collaboratori. Come mai è ancora così difficile che un’organizzazione, non solo comprenda cosa significa rispetto, ma riesca ad attuare dei processi che permettano ai collaboratori di sentirsi rispettati ed evitare che li percepiscano come intrusivi e strumentali? Si è visto ormai che gli incentivi economici possono veicolare un senso di controllo e di riduzione delle responsabilità, che spesso produce effetti indesiderati rispetto a quelli auspicati e una riduzione delle performance.
I premi simbolici invece, proprio per la loro natura simbolica, veicolano più facilmente un messaggio di plauso e di riconoscimento sociale che fa crescere la motivazione, soprattutto se è rivolti ad un team. In questo caso viene rafforzato da parte dell’organizzazione anche il fatto che non conta solo il risultato raggiunto ma anche il processo collaborativo che ha reso il team “sublime”.
- l’attenzione
Come abbiamo visto essere attenti agli altri significa essere a disposizione e “mettersi nei panni” dell’altro, mantenendo però lo spazio della “giusta distanza” per restare lucidi ed accoglienti e condividere le emozioni, senza farsi invadere. Esercitare quella che Adam Smith definiva “fellow-feelings”: la gioia condivisa si moltiplica e il dolore partecipato si attenua.In uno studio condotto sul finire degli anni ’70 alcuni pazienti paralizzati vennero trattati con la neurostimolazione cerebellare per verificarne gli effetti sulle loro capacità motorie. La maggior parte dei pazienti ne trasse beneficio. Dichiaravano ai medici di aver sperimentato dei miglioramenti nelle attività motorie. Quando però i medici andarono a misurare le variazioni fisiologiche provocate dalla terapia si resero conto che non era cambiato niente. La percezione del miglioramento avuta dai pazienti era legata all’aumento di attenzioni ricevute da parte dei medici e dai terapisti durante l’esperimento. Il benessere soggettivo era stato positivamente influenzato nonostante la condizione fisica fosse rimasta invariata. Alcuni studi mostrano che anche solo degli occhi disegnati modificano il nostro comportamento rendendoci, per esempio, più generosi. Essere guardati è segno di attenzione, un segno al quale reagiamo in maniera diretta ed istintiva.
3. la fiducia.
Quella fiducia vulnerabile che, proprio perché pone chi si fida in una condizione di rischio, lo espone all’opportunismo e al tradimento, genera una risposta affidabile. È il meccanismo della “rispondenza fiduciaria” (vedi “I paradossi della fiducia”, Vittorio Pelligra Il Mulino, 2007). Fidarsi, anche quando si ha un’alternativa meno rischiosa suscita affidabilità. Lo stesso Pelligra ci ricorda la vicenda di Jean Valjean e di Myriel, vescovo di Digne, ne “I Miserabili” Victor Hugo, come una storia di rispondenza fiduciaria. Uscito dal carcere, dove era stato imprigionato per un furto commesso per fame, Valjean non riesce a trovare ospitalità da nessuno. Gli apre la porta di casa solo il vescovo Myriel che lo rifocilla e gli dà alloggio. Per tutta risposta Valjean prende l’argenteria e scappa nottetempo. Viene catturato dai gendarmi e riportato dal vescovo per fargli restituire la refurtiva. Ma il vescovo non lo denuncia. Dice alle guardie che quell’ argento glielo aveva regalato lui. Ai gendarmi non resta altro che lasciar libero Valjean. Questo gesto di fiducia estrema del vescovo, fiducia libera e vulnerabile, cambia l’animo di chi se ne vede investito. Da quel momento la vita di Valjean sarà caratterizzata dallo sforzo indefesso e dal continuo tentativo di dimostrarsi degno della fiducia ricevuta. La fiducia paga. Ciò non vuol dire che non ci siano casi di tradimento della fiducia, di comportamenti opportunistici e di azzardo morale. Il punto focale riguarda se in una organizzazione improntata alla fiducia, le risposte affidabili superano in numero e qualità i comportamenti opportunistici. La diffidenza protegge dal tradimento, ma al tempo stesso genera chiusura e risentimento. La fiducia espone al tradimento ma suscita affidabilità e cooperazione. L’evidenza sperimentale e quella raccolta sul campo sembrano mostrare che i benefici del secondo effetto superano di gran lunga i costi. Ricompense simboliche, attenzione alla relazione e fiducia responsiva sono gli elementi intorno ai quali si costruisce un rapporto di rispetto all’interno del team sublime. Quindi se ti rispetto prima di tutto ti guardo. Guardare è diverso da vedere. Secondo le discipline orientali guardare è andare oltre a ciò che ho davanti agli occhi. Guardare con intento per scorgere la sua luce, la sua essenza. Se ti guardo, vuol dire che ti dedico il mio tempo e la mia attenzione, riconoscendo implicitamente il tuo valore. C’è un sentimento che nasce da una distanza (appunto: uno spazio di rispetto), da un un indugio e da un riconoscimento. Vuol dire insomma che non procedo come se tu non ci fossi. Non ti ignoro come se tu non contassi niente. Non ti scanso o ti calpesto come se tu fossi irrilevante o invisibile. Insomma: non faccio finta che tu non esista. E’ una questione di sostanza.Guardare implica riconoscere l’altro per quello che è.
Come si esprime il rispetto nel team “sublime”?
“Rispetto” significa avere veramente a cuore gli altri con cui lavoriamo, trattarli come esseri umani e apprezzare apertamente le loro capacità, compiacendosi dei progressi professionali che faranno. Rispettare gli altri, inoltre, significa non fare loro quello che non vorremmo venisse fatto a noi e lavorare con i nostri colleghi in maniera aperta, serena, senza tessere inganni ai loro danni e collaborando apertamente per l’interesse del gruppo e dell’azienda. Rispettare è rendersi conto che ogni persona ha diritto di scegliere di essere come è realmente, con il suo modo di pensare, di esprimere la propria opinione, di sentire, di agire e persino di scegliere i suoi gusti e le sue preferenze di vita.Il rispetto si manifesta quando non si giudica l’altra persona in base alle sue motivazioni, decisioni, comportamenti o stili di vita, né le si rimprovera nulla o la si recrimina per come è, aspettandoci che sia diversa. Si evidenzia cosa significa rispetto dall’atteggiamento comunicativo che dimostra che siamo consapevoli, accettiamo e accogliamo com’è l’altra persona, nonostante talvolta non condividiamo le sue decisioni, opinioni o comportamenti. Rispettare si fa più difficile quando si vuole a tutti i costi aver ragione, e si è convinti che la propria posizione è in assoluto l’unica possibile, e corrisponde all’unica assoluta verità. D’altra parte, il rispetto viene meno quando si adotta nei confronti degli altri un atteggiamento aggressivo fatto di comunicazione non verbale, gesti irrispettosi, pur utilizzando le parole adatte.È importante capire che la nostra posizione non è che una semplice possibilità tra le altre. Un suggerimento è quello parlare in prima persona, esprimendo le proprie opinioni e i propri punti di vista, non delle “leggi come verità assolute”. È necessario accettare il fatto che le nostre percezioni, anche se ci possono sembrare oggettive, non lo sono in nessun caso. Le percezioni di ognuno sono infatti legate ad interpretazioni personali, basate sulle precedenti esperienze, sugli stati d’animo e persino sulle credenze che esistono da sempre in ogni persona, in funzione del proprio apprendimento.Più impariamo a rispettarci più saremo in grado di farlo col resto del mondo.
Il rispetto dell’altro è una conseguenza
Nelle discipline orientali il concetto di rispetto si allarga a una riflessione che, come sempre, vuole essere messa in pratica.
- Come si impara a rispettare se stessi e gli altri?
- Come si può porre attenzione a non violare i confini dei sentimenti e delle credenze di un altro essere?
Non a caso la non-violenza (ahimsa) è il primo dei principi guida (yama) degli otto principi vitali dello yoga.
Cosa significa rispetto se non parto da dentro?
Essere performanti non è di per sé un male, intendiamoci, ma trascura davvero tanto del nostro potenziale. Significa lavorare solo sull’ esterno, quando le discipline orientali e, lo yoga in particolare, ci danno la possibilità di lavorare a partire dall’interno e sul sottile per modificare in modo naturale l’esterno, sia fisico che mentale, nonché di conseguenza il nostro agire nel mondo. Nella nostra società essere performanti ha molto a che fare con la progettualità. Essere performanti sul lavoro significa programmare, calendarizzare, darsi obiettivi, scadenze funzionali al loro raggiungimento. Nella vita affettiva diventa qualcosa del tipo “quando lui/lei sarà così, quando lui/lei smetterà di essere cosà, quando vivremo insieme…”Nella vita interiore può riguardare, per esempio, ciò che voglio migliorare, “quando avrò questo diploma, quando potrò fare quest’altro, se fossi più… o meno…” e così via. Questo tipo di atteggiamento mentale credo ci accompagni tutti di continuo verso una perenne corsa a “ciò che dovremmo essere” e a “come dovrebbe essere” piuttosto che verso ciò che è e che siamo nell’istante. Finché cioè pretendiamo di avere un corpo diverso da quello che è, una mente diversa da quella che abbiamo, finché pretendiamo di sentirci in modo diverso da come ci sentiamo non saremo mai in grado di rimanere con quel che è presente nell’istante. Idem nella relazione con gli altri. Non saremo mai nel qui e ora, nell’apertura del puro ascolto senza giudizio. le discipline orientali e la mindfulness ambiscono a questo ed ecco perché mi hanno colpito le parole di Eric Baret:
“occorre smettere di fare la guerra a ciò che è qui nell’istante”
Rispettare di non essere rispettati o di non essere amati per esempio significa accettare che l’altro non ha alternativa se non quella che esprime. “Su un certo piano (questo “altro”) è infelice. Ma bisogna rispettare anche questo, perché quella persona potrebbe avere bisogno del suo malessere” per la sua crescita ed evoluzione. E’ importante constatare quando noi stessi e/o l’altro è nel non rispetto, senza pretendere di liberarcene. Niente più reazione. Questo si intende come “espressione della non-dualità nella vita di tutti i giorni”. In quest’ottica nulla è inutile, nemmeno la mancanza di rispetto, nemmeno il tempo perso. Tutto è necessario così come è, dice Baret. Chiaro che si tratta di una via non facile da mettere in pratica e da cui ci siamo allontanati parecchio nel corso dei secoli, ma che vale comunque la riflessione. Si tratta di osservare come funzioniamo (senza porre in esser alcun giudizio) e, proprio questo momento storico, potrebbe essere inteso come un’ottima occasione per sperimentare questo stato di esplorazione della nostra coscienza. “La bellezza è ovunque. Sta a me ascoltarla e scoprirla in ogni situazione”. Partiamo dal rispetto e, se ci è difficile immaginare come dargli forma, definiamo il rispetto che pretendiamo nei nostri confronti e ribaltiamolo con gesti nei confronti degli altri. Così facendo sono certo che saremo in breve tempo la miglior canzone della nostra Azienda.
Cosa puoi fare da domani?
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