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pazienza

  • Il metodo

    La ripresa è navigare in bolina

    Le nostre azioni di oggi hanno sempre conseguenze su ciò che succederà domani.

    E ogni giorno, ogni momento, noi costruiamo la nostra rotta, con continue manovre.

    Esattamente come una barca che assume un’andatura contro vento.

    Siamo tutti in bolina oppure è cambiato il vento?

    La bolina è l’andatura che consente alla barca a vela di risalire il vento. E a bolina si orza e si poggia, cioè si cambia direzione avvicinando la prua della barca all’origine del vento, e si poggia per allontanare la prua della barca dall’origine del vento.

    E’ un continuo raddrizzare il tiro: giriamo contro vento e poi a favore di vento.

    Non si risale mai il vento in modo lineare. Il vento cambia sempre. Il problema non è il vento, ma la capacità dello skipper di saperlo gestire.

    Così oggi è necessaria la capacità di “stare nel vento” o come spiega meglio Mihaly Csikszentmihalyi vivere nello “stato di flow“.

    Ci viene richiesta chiarezza di visione, percezione dell’ambiente e rapidità di azione. E tutto ciò prevede essere immersi 100% in ciò che viviamo.

    Si è talmente immersi nell’azione, proprio come il velista in azione.

    Ci vuole pazienza, allenamento e un ambiente adatto.

    Innanzitutto, dobbiamo essere concentrati e coinvolti mentre navighiamo in bolina, sia emotivamente che fisicamente, in modo che ci appaghi e che non sia troppo facile o troppo difficile per noi.

    Gli strumenti indispensabili per affrontare questo tipo di rotta, e che abbiamo a nostra disposizione, sono le competenze, le relazioni e il networking oltre al legame e il sostegno della cultura aziendale e personale.

    Questi i pilastri di base per poi indirizzare le azioni con sensibilità ed elasticità.

    Ma anche la voglia di sperimentare, il coraggio di avanzare e la capacità di adattarsi alla situazione, abbassando il livelli di ansia.

    Per allenarci a stare “sempre piu’ nel vento” possiamo:

    1. Abbassare il livello della sfida, ponendoci micro-sfide alla nostra portata, aumentando di volta in volta la difficoltà. Se per l’attività in questione siamo neofiti, è più ragionevole porre un obiettivo minimo fattibile che pretendere da subito troppo da noi stessi.
    1. Aumentare le nostre skills, affinché la nostra preparazione sia adeguata al completamento dell’attività. Quindi, semplicemente, studiamo tutto ciò che riguarda l’argomento oggetto della sfida che c’è all’orizzonte per essere preparati il più possibile ed eliminare paure e incertezze. Così facendo avvertiremo l’eccitazione che consegue al fare nuove esperienze.
    2. Sviluppare un atteggiamento curioso e disponibile all’errore. Nessuno ci chiede di essere perfetti, mentre ad ognuno è chiesto di far fiorire la propria “energia e i propri talenti”. Puoi anche non farlo? Certamente, ma è un pò triste.

    Se una iperspecializzazione perseguita sin dai primi anni di lavoro è di norma considerata un vantaggio competitivo, la storia ci ha dimostrato che perfezionarsi in un solo campo possa a volte risultare un limite.

    E’ questo il momento di lasciare emergere i propri talenti, metterli in connessione e ricordarsi che  dedicare parte del tempo ad attività e compiti non immediatamente monetizzabili è un obiettivo da perseguire con tenacia. 

    A tal proposito ti invito ad ascoltare il contributo che Silvia Preti, Human Capital Officer CHERUBINI GROUP SPA, Azienda leader per la produzione elettrica ed elettronica di motori e accessori per manovra manuale di tende e avvolgibili, ha condiviso nell’ ottava puntata di Pixidis: direzioni in mare aperto, il primo podcast di myHARA. Pixidis attraverso il confronto, la connessione e spunti di collaborazione fra le aziende, vuole sostenere e aprire un varco nella visione di chi ogni giorno è chiamato a tracciare nuove rotte aziendali.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Sentirsi insicuri al lavoro: la voce dell’energia maschile e femminile

    “Quando l’insicurezza in cerca di certezza ci domina, il pensiero diviene il nostro nemico” Krishnamurti

    Vi è mai capitato di dover prendere una decisione e sentirvi indecisi?

    Che domanda ovvia!

    Ci sono delle persone che non riescono mai a prendere delle decisioni, dalle più semplici alle più difficili. Queste persone vivono un’insicurezza radicata che non gli permette di vivere serenamente la vita.

    I meccanismi che per lo più mantengono questo stato di insicurezza sono: il sopravalutare eccessivamente gli altri e le difficoltà e/o sottovalutare smisuratamente se stessi e le proprie capacità.

    L’insicurezza, il mettere in discussione, appartiene principalmente all’energia femminile; la forza, la scelta, l’azione all’energia maschile. 

    L’insicurezza è correlata più ad uno stato emotivo, appartiene all’emisfero destro, il nostro cervello “poetico”.

    Quando insicurezza e forza si integrano e il risultato è fiducia.

    Spesso non è facile ammettere di sentirsi insicuri al lavoro, perchè dubbio e insicurezza minano la nostra “performance”, il nostro agire.

    Perdiamo l’equilibrio emotivo e mettiamo radici in un luogo ostile a noi stessi. Un luogo in cui la nostra immagine si cancella in una moltitudine di paure che riflettono ciò che temiamo di essere.

    L’insicurezza sul lavoro è comunemente vista come una debolezza personale, associata spesso alla sindrome dell’impostore. 

    La sindrome dell’impostore è una condizione psicologica caratterizzata dalla convinzione di non meritare il proprio successo. 

    Si tratta di una sensazione assai comune, che colpisce ad ogni età e che sperimenta anche chi ha raggiunto il massimo livello nel suo settore lavorativo.

    Si stima che 8 persone su 10 abbiano fatto esperienza della sindrome dell’impostore che, a dispetto del nome, non è una malattia e non compare sul Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM). 

    Diverse le possibili spiegazioni del fenomeno, che non è necessariamente legato a ansia o depressione e sembra piuttosto connaturato nella natura umana. 

    Chi è molto preparato e stimato nel proprio lavoro tende a credere che le persone che incontra siano altrettanto in gamba, e quindi a sentirsi in difetto: è il fenomeno opposto alla distorsione cognitiva che porta le persone poco competenti a sopravvalutarsi.”

    Se sei interessato a “misurare” la tua sindorme ad uso personale: https://paulineroseclance.com/pdf/IPTestandscoring.pdf

    Tali convinzioni, legate alla nostra natura umana, ci rendono cauti e pieni di risentimento nelle relazioni. 

    Il confronto con gli altri diventa “esclusivo” (nel senso proprio che tende ad “escludere”) piuttosto che inclusivo. 

    Quindi l’insicurezza diventa il driver per gli sforzi cronici che facciamo per metterci alla prova: sarò bravo quando avrò superato il mio ultimo successo.

    E così ogni volta, l’elogio che segue il successo viene rapidamente svuotato dall’insicurezza successiva. 

    Lo psicanalista austriaco Alfred Adler  introdusse  il concetto di complesso d’inferiorità.

    Affermava che le persone insicure sostengono una costante lotta di superiorità che può persino ripercuotersi in modo negativo sulle loro relazioni, in quanto possono sentirsi felici rendendo infelici gli altri. 

    Inoltre, qualificava questo genere di comportamenti come tipici della nevrosi.

    Non tutte le persone insicure sono caratterizzate da questo modo di essere. Dipende dal grado di sfiducia che hanno verso le loro capacità o i loro successi. 

    L’insicurezza, quando non è patologica e cronicizzata, non ha nulla a che vedere con l’avere dei legittimi dubbi di fronte ad una scelta o al mettersi in discussione di tanto in tanto, o al chiedere consigli/pareri/opinioni.

    L’insicurezza può essere  la molla che ci permette il miglioramento.

    La condizione di insicurezza inevitabilmente ci permette di metterci in discussione e collocarci “a tu per tu” con la nostra parte più autentica. 

    A dimostrarlo è una ricerca psicologica effettuata da Ketty May, Claire Shipman e Jill Ellyn Riley.

    Le donne risultavano più insicure dei coetanei maschi e più propense a mettersi in discussione per migliorare questo aspetto del loro carattere. Crescendo proprio le donne risultavano aver acquisito autostima, grinta e successo nella vita. Esse diventavano più consapevoli di se stesse rispetto ai coetanei più sicuri e determinati nella fase adolescenziale.

    Da dove nasce il nostro “sentirsi insicuri” al lavoro?

    Diventiamo o siamo insicuri?

    La ricerca sulle donne e le minoranze in ambito professionale, ad esempio, ha chiarito che l’insicurezza è molto più un problema sociale che psicologico. 

    Mentre le donne sono costituzionalmente sicure quanto gli uomini, un cocktail di messaggi contrastanti e feedback personali venati di pregiudizio – essere più assertive ma meno conflittuali, essere autentiche ma meno emotive – le mette in circostanze che farebbero vacillare chiunque.

    Alcuni studi hanno dimostrato che le donne sperimentano maggiore insicurezza al lavoro  degli uomini (Emberland & Rundmo, 2010; Mauno & Kinnunen, 2002) mentre altri non hanno osservato differenze nell’insicurezza lavorativa di donne e uomini (Berntson, Näswall, & Sverke, 2010). Rosenblatt et al. (1999), pur avendo trovato livelli maggiori di insicurezza lavorativa negli insegnanti maschi rispetto alle insegnanti femmine, hanno osservato che l’insicurezza aveva un impatto più forte sull’atteggiamento delle donne rispetto al lavoro, piuttosto che sull’atteggiamento degli uomini. Infine, in uno studio realizzato su impiegati di banca e del settore health care, Mauno e Kinnunen (1999) hanno osservato effetti negativi prolungati dell’insicurezza al lavoro sul benessere delle donne ma non su quello degli uomini. Näswall e De Witte (2003) hanno trovato risultati contraddittori nel medesimo studio.

    Le analisi di Katty Kay (conduttrice di Bbc world news America) e della giornalista Claire Shipman sostengono che il fattore principale ad ostacolare la parità tra i sessi sia insito nella donna stessa: la sua profonda e innata culturale insicurezza. Le autrici sostengono che, nelle interviste a donne di successo e professionalmente affermate, vi era un fattore sfuggente: l’insicurezza.

    Le donne attribuivano i loro successi a fattori esterni, e i loro insuccessi a fattori interni. 

    Ciò che emerge, al di là del retaggio antropologico e sociale noto (l’uomo concentrato sul lavoro in quanto sostegno economico della famiglia così come cacciatore che procurava il cibo alla prole, la donna più facilmente nella dimensione familiare che accudisce e di cui si prende cura) è che l’insicurezza non riguarda il gender role ma è qualcosa di più profondo che attiene alla comprensione e conoscenza della nostra energia maschile e femminile e all’armonizzazione di queste forze.

    Proprio per l’aspetto predominante del femminile che si apre all’emotività, alla riflessione, al pensiero intuitivo e creativo è facilmente comprensibile come la donna sia più portata ad attribuire i propri insuccessi a fattore interni e viceversa i successi, quasi casualmente alle circostanze esterne.

    Tutto ciò rafforzato dalla storia del vissuto della donna nelle diverse ere storiche.

    Parimenti, potremmo oggi convenire che l’uomo non “attento”, è più portato ad attribuire  la propria insicurezza e il proprio insuccesso a fattori esterni in quanto meno incline ad esplorare il proprio mondo emotivo.

    L’energia maschile volta all’azione, al pensiero analitico, al razionale può sicuramente venire in soccorso quando tendiamo a soprassedere troppo a lungo nell’interregno tra la paura di sbagliare o il senso di colpa ( peraltro spesso alimentato da  insicurezza e dubbio) e la direzione verso cui vogliamo agire.

    Allo stesso modo l’energia femminile volta all’introspezione apre a scenari di dubbio e di incertezza che possono essere opportunità migliori di ascolto e di inclusione di pensieri, atteggiamenti e/o persone che non avevamo preso in considerazione.

    Ciò che è certo è che Il distacco da queste 2 forze energetiche porta alla chiusura e al lavoro in solitaria. 

    Uno sguardo coraggioso e consapevole a noi stessi e all’ambiente di lavoro dove siamo inseriti ci offre la grande opportunità di essere presenti nel qui e ora e di nutrire e dare forza alla fiducia, leva fondamentale il superamento dell’insicurezza e per l’azione.

    L’obiettivo non sarà evitare sentimenti di insicurezza, ma riconoscerli come cause anche di un sistema e “sfruttarli” per offrire la giusta (per il sistema e per noi) manifestazione di noi stessi. 

    Non si tratta né di conquista né di privilegio. 

    E’ un dono che riceviamo e diamo a nostra volta. 

    Significa imparare a “stare” nella nostra forza.

    Come si alimenta il sentirsi insicuri al lavoro?

    Con il dialogo interiore negativo, il rimuginio continuo e la messa al vaglio di cose dette e fatte, etichettate come “inadeguate”. In base a cosa noi diciamo a noi stessi, rischiamo di alimentare di continuo la spirale dell’insicurezza: “Chissà se ho fatto bene, chissà se potevo dire/fare meglio, chissà, chissà, chissà. Perché non ci ho pensato prima!, ecc.

    Alimentiamo la nostra insicurezza ogni volta che usiamo parole negative verso noi stessi: magari facciamo bene 100 cose in una giornata, ma ci ricordiamo solo quell’unica venuta male e ce la ripetiamo nella testa 400 volte, quasi come se, ripetendola, potesse cambiare l’accaduto.

    Alimentiamo la nostra sicurezza tutte le volte che restiamo attaccati, come cozze alla roccia, al nostro bisogno di controllare. Il controllo, quando eccessivo,  è un’esasperazione dell’energia maschile, al di là dell’essere uomini o donne.

    Alimentiamo la nostra insicurezza quando tendiamo costantemente  al perfezionismo. Il nostro Osservatore Interno è sempre vigile ogni giorno e pronto, come la maestrina dalla penna rossa, a dirci cosa è bene, cosa è male, cosa è giusto e cos’è sbagliato. E se ci avviciniamo ad una nuova forma-pensiero dove non esiste giusto e/o sbagliato? Se accogliessimo queste come categorie di giudizio della nostra mente? Se provassimo a vederci sempre in continuo mutamento, per cui nessun giudizio o pensiero è impermanente e definitivo ?

    Vi invito a rileggere questo articolo.

    Ecco i suggerimenti per trasformare il sentirsi insicuri al lavoro e nella vita in un’opportunità di crescita:

    Allena le tue capacità personali: è vitale acquisire consapevolezza nelle proprie abilità, capacità e competenze. Le abbiamo tutti. Allenale ogni giorno fino a raggiungere l’eccellenza. Ci vuole coraggio, pazienza, determinazione e perseveranza. Col tempo esse verranno premiate donando molteplici soddisfazioni.

    Affronta i pensieri negativi: metti a tacere la “vocina interiore” che ti scoraggia e fa sabotare tutte le buone intenzioni. Affronta tutti i tuoi limiti con coraggio. Solo così passerai all’azione.

    Cambia il tuo focus d’azione: focalizzati sulla tua crescita personale in maniera positiva accogliendo anche gli imprevisti. Rifletti su quale opportunità l’imprevisto stesso ti sta offrendo. Solo così potrai affrontare tutto con una marcia in più che ti contraddistingue quando perseguirai i tuoi obiettivi.

    Permettete a voi stessi di sentirsi insicuri al lavoro.

    Avete visto LUCA, il nuovo film della Disney Pixar?

    C’è un personaggio di fondamentale importanza: Bruno.

    Bruno è quella voce nella testa dei personaggi che impedisce loro di fare quello che vogliono fare, perché evoca le peggiori paure e tende sempre a scoraggiarli.

    E così i due ragazzini, mentre scendono in bicicletta a rotta di collo dalla collina, con il vento che li scompiglia, il sole che li illumina, il mare che li aspetta e la velocità che li accende, urlano “ Silenzio Bruno!”

    Ecco provateci anche voi: Silenzio Bruno!

    Certo, spegnere l’Osservatore interno nella nostra  testa che ci parla costantemente per proteggerti da esiti negativi può non essere così semplice, soprattutto da adulti. 

    Può aiutarci tenere a mente che tutti si sentono insicuri e che i maggiori successi sono arrivati ​​da persone spinte da profonde insicurezze personali.

    Allo stesso modo, sappi che l’insicurezza non è né un riflesso dei tuoi punti di forza né legata alla tua felicità. 

    Non cercare di porre fine all’insicurezza ma accettala e ascolta il messaggio che porta per te: quale è l’aspetto di te che può avere ancora più ampi margini di espressione?

    Cosa ti sta chiamando?

    L’insicurezza d’altronde non è che un richiamo. 

    Come ogni altra nostra manifestazione del corpo e della mente: come sempre occorre imparare ad esserne consapevoli.

    L’insicurezza ci suggerisce che siamo stati colpiti. 

    Succede anche quando ci innamoriamo!

    Avvertiamo di essere trascinati in un mondo a noi non famigliare, di non riuscire ad opporre resistenza, e che qualcosa sta chiamando in causa i nostri desideri e bisogni.

    Facciamo dunque della nostra insicurezza il trampolino di lancio…

    Non arrenderti e se necessario chiedi aiuto.

    Confrontati. Il confronto e la ricerca di informazioni ti impedisce di commettere errori, in più aumenta il senso di appartenenza che riduce la tua paura di fallimento come singolo e fortifica il senso di inclusione e l’opportunità di crescita come gruppo.

    Fai del tuo lavoro uno scambio in cui le tue potenzialità di agire ed accogliere, fare e sentire, programmare e creare, creino sinfonia con il contesto in cui operi.

    Un uomo che conosce se stesso non è mai disturbato da quello che la gente pensa di lui. 

    È l’uomo che non conosce se stesso che è sempre preoccupato dell’opinione che gli altri hanno di lui.

    Offri alla tua insicurezza la grande possibilità di guidarti alla scoperta di te, in armonia con gli altri e per il raggiungimento di una vittoria che generi nuove possibilità e nuove sfide da superare insieme. 

    Non c’è giudice, non c’è errore, solo correzione!

    E ricorda : SILENZIO BRUNO!

    IMAGE CREDITS: Roberto Weigand

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Seguire la rotta con la forza della gentilezza

    Quanto ci è difficile immaginare il futuro oggi?

    E, concretamente, che importanza ha in questo momento?

    Ora è il tempo dell’assimilazione e dell’integrazione. 

    Non c’è più urgenza, c’è presenza. 

    Dovremmo averlo non solo capito, ma compreso. Comprendere è un gradino più su del capire. Cum prendere, da latino, prendere con Sè, nel senso di fare nostro, integrarlo. Nella mente, nell’atteggiamento, nelle emozioni ecc.

    Comprendere significa anche  preservare ciò che di positivo abbiamo scoperto di noi in questa rivoluzionaria epoca.

    Cogliere la fragilità e la solitudine e trasformali in fiducia e connessione.

    Una connessione che mette in rete le persone, attraverso il riconoscimento delle emozioni provate e la consapevolezza che noi non siamo le nostre emozioni.

    Scoprendo che la complicità e la forza sono potenti solo quando abbandonano il lamento a favore della proattività.

    Una proattività qualitativa più che quantitativa.

    Nella proattività qualitativa è compresa l’attività pro = per l’altro, il riconoscere il disagio, l’ascolto della necessità, l’opportunità di cogliere cosa si è imparato, il condividere come poter fare diversamente e provare a farlo realmente, condividendo come ci si sente.

    Nella proattività qualitativa è compresa la gentilezza e la pazienza come forza di apertura al nuovo, come spinta a scoprirci nuovi e diversi e a lasciare aperto sempre il campo delle infinite opportunità.

    La gentilezza e la pazienza come “spazi sacri e virtuosi” = sacrum facere  per se stessi e per gli altri. 

    La trasformazione e il cambiamento spesso arrivano inaspettati.

    Ed è nel momento che si manifestano che essere presenti, disponibili ad accogliere, imparare ed integrare ci permette di trasformare la nostra gentilezza in forza.

    Gentilezza nei nostri confronti e nei confronti dell’evento stesso.

    Di questo e di altro abbiamo parlato con Silvia Guidi, Diversity&Inclusion & People Care SORGENIA ITALIA spa, azienda nel settore dell’energia rinnovabile e sostenibile.

    Se siete interessati ai concetti di sostenibilità, accettazione, flessibilità, e supporto vi invitiamo all’ascolto del terzo episodio di Pixidis: direzioni in mare aperto, il primo podcast di myHARA che attraverso il confronto, la connessione e spunti di collaborazione fra le aziende, vuole sostenere e aprire un varco nella visione di chi ogni giorno è chiamato a tracciare nuove rotte aziendali.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Mal di schiena da stress: la gentilezza come antidolorifico

    Tensione muscolare e mal di schiena da stress sono malesseri comuni soprattutto in questo periodo che ci sfida nella flessibilità, resilienza, disponibilità e chiarezza di intenti.

    La nostra postura rappresenta, per definizione etimologica, il nostro modo di stare. L’atteggiamento che assumiamo nei confronti di una situazione.

    Una postura corretta non esiste, esiste la postura “giusta” per la nostra struttura, che ha creato i suoi adattamenti e le sue compensazioni più idonee nello spazio, per attivare le funzioni antigravitarie con il minor dispendio energetico.

    La postura di un individuo è il suo primo biglietto da visita, ed è frutto del vissuto della persona stessa e del suo rapporto con l’ambiente circostante che sia in smart o home working, in ufficio, seduti in terrazzo o su una panchina di un parco.

    E’ il contesto, l’ambiente o sono le emozioni che determinano la trasformazione della nostra postura?  

    Può cambiare la nostra postura?

    Possono una telefonata, una mail, una conversazione con un collega, il capo, un amico influenzare la postura?

    In base alla forma-pensiero con cui viviamo la nostra presenza nel momento, il cervello invia informazioni al corpo che, di conseguenza, reagisce allo stimolo: può fluire nel momento o, come a volte accade, irrigidirsi e chiudersi in una forma resistenza.

    Ciò che orienta spesso, in un modo o nell’altro, i nostri atteggiamenti ed orientamenti comportamentali e’ la regina delle emozioni: la paura.

    Noi agiamo ( fluiamo) o non agiamo ( ci irrigidiamo) per paura nella maggior parte dei casi. 

    Il meccanismo è sempre generativo.

    E il mal di schiena da stress ne è una diretta conseguenza.

    Le cause sono sempre prima ancora che fisiche, energetiche ed emotive.

    Ovviamente possono anche essere ricercate in abitudini, posizioni non corrette ripetute e mantenute nel tempo, respirazione scorretta, squilibri biochimici derivati da una scorretta alimentazione.

    Ma esiste sempre un legame tra emozione e dolore, che genera una risposta a livello fisico (presenza consapevole del corpo nello spazio) ma anche a livello energetico (predisposizione dei nostri pensieri nel momento).

    Corpo fisico-corpo mentale-corpo energetico/spirituale sono l’unica via 

    di comunicazione sempre attiva che traducono ed esplicitano la nostra esistenza nel mondo. 

    Sono conduttori di gioia e dolore della nostra vita: le finestre aperte verso il mondo e dentro noi stessi.

    Ricordiamo però che loro sono sempre in connessione, quello che succede ad UNO succede al TUTTO.

    Cosa ti sta dicendo la tua schiena ?

    Non ne posso più.

    Non reggo questi ritmi.

    Il lavoro è troppo pesante.

    Mi sento sotto pressione.

    La situazione è frustrante.

    Il mal di schiena da stress comunica esattamente ciò che pensiamo, sentiamo e viviamo.

    Quando è stata l’ultima volta che hai avuto questi pensieri?

    Prova a prestare ascolto, se e quando questi pensieri si palesano nella tua quotidianità: sono informazioni indotte che, se non ascoltate, si tramuteranno in malessere. 

    Il libro “Il corpo non mente” di Marchino e Mizrahil è una lettura che consiglio per approfondire il legame tra pensiero – emozione – corpo.

    La consapevolezza che “le tensioni, le posture, i malesseri del corpo ci indicano con chiarezza ciò che non va dentro di noi e’ una guida chiara e sicura per l’affascinante esplorazione e conoscenza di Sé.

    Ecco perché, proprio iniziando ad ascoltare i messaggi del corpo, possiamo guarire i nostri disagi, anche quelli più profondi.

    ll corpo è lo spazio in cui si manifestano i segni più vistosi del nostro inconscio, la memoria di un passato più o meno felice o doloroso, in ogni caso mai sepolto.’’

    La schiena, essendo la nostra colonna portante, la nostra impalcatura sublime che dalla terra si erge verso l’alto, diventa l’antenna più preziosa per segnalare il nostro stato di benessere.

    E’ il ricettore di ciò che ci accade intorno, trattiene, incassa, comunica: felicità, gioia, determinazione, stress, carico, paura.

    Abbiamo già considerato come gestire meglio la nostra energia vitale, attraverso 4 parametri, e il mal di schiena da stress può essere  un’opportunità per incontrare le nostre resistenze.

    Alleviare il mal di schiena da stress implica l’UNO nel TUTTO e il TUTTO nell’UNO.

    L’interconnessione tra un disturbo e un trauma si riallaccia alla visione olistica del corpo, all’interno della consapevolezza che mente e corpo sono strettamente legati alle nostre emozioni.

    Emozione [dal fr. émotion, der. di émouvoir «mettere in movimento» sul modello dell’ant. motion]. – Impressione viva, turbamento, eccitazione.

    E’ lo stato psichico affettivo e momentaneo che consiste nella reazione opposta dall’organismo a percezioni o rappresentazioni che ne turbano l’equilibrio.

    La psicosomatica è quella parte della medicina e della psicologia che ricerca il nesso di causa ( psicologica/ emotiva) ed effetto ( sintomo).

    Uno degli indirizzi più promettenti della ricerca in psicosomatica negli ultimi trent’anni (grazie anche allo sviluppo e alla nascita di nuove tecniche e tecnologie biomediche) è la psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), che ha l’obiettivo di chiarire le relazioni tra funzionamento psicologico, secrezione di neurotrasmettitori a livello cerebrale, ormoni da parte del sistema endocrino e funzionamento del sistema immunitario.

    Avere mal di schiena, secondo la lettura psicosomatica, è sintomo di paura, della mal sopportazione della propria esistenza.

    Ricordiamo qui che l’uomo principalmente risponde a 3 bisogni principali:

    ·      Sopravvivenza

    ·      Preservazione della specie

    ·      Evoluzione

    ai quali si possono riconnettere la totalità delle nostre emozioni.

    La schiena è il luogo, in chiave figurativa e non, che utilizziamo per trasportare fardelli e pesi. Le contratture improvvise nella zona lombare = irrigidimento (quando contrai, trattieni/rifiuti qualcosa) che impedisce di sopportare (=‘portare sopra’ la schiena) un peso.

    Postura ed Emozioni al lavoro contaminano il mal di schiena da stress

    Avere una postura sana significa nutrire la nostra energia, e dalla nostra energia essere sostenuti.

    Il nostro portamento è diverso quando abbiamo obiettivi chiari, eccitanti, ed appassionati, rispetto a quando prevale la routine o abbiamo pensieri preoccupanti.

    La differenza si manifesta su 3 piani :

    – come gli altri ci vedono 

    – cosa noi vogliamo

    – cosa il corpo ci dice

    Le connessioni possono essere verificabili.

    Quante volte aprire le spalle, raddrizzare la schiena, fare degli stiramenti, modifica istantaneamente il nostro stato energetico del momento?

    Tutto questo richiama però un aspetto fondamentale: l’atto di volontà.

    Nessuno dall’esterno può agire, tanto meno un farmaco, se alla base non c’è la consapevolezza che il corpo ha un potere auto guarito.

    Esistono dei link evidenti che sono stati mappati tra l’area di dolore della schiena, e le nostre percezioni del momento.

    Area cervicale:

    Segnala il  nostro rapporto con gli altri e nostra capacità di esprimere le emozioni. 

    Problemi cervicali possono indicare :

    •chiusura

    •rigidità di pensiero

    •depressione

    •difficoltà a interagire con il mondo esterno 

    •difficoltà ad essere pienamente se stessi. 

    Quest’area risente anche delle preoccupazioni lavorative, soprattutto nelle persone con un senso di responsabilità spiccato, propense a farsi carico di ogni cosa. 

    Area dorsale

    Questa parte della schiena, rilevante anche per l’attività respiratoria, è soggetta a dolori nelle persone con: 

    •bassa autostima

    •paura di vivere e faticano a prendere decisioni. 

    La loro postura tende ad essere piegata in avanti, con conseguente contrazione della cassa toracica, a discapito della corretta respirazione.

    Il piegamento può dipendere da una sensazione di afflizione interiore e da un atteggiamento di chiusura e costante difensiva. 

    Area lombare

    Difficoltà a sopportare il peso della vita, a causa per esempio di lavori e relazioni insoddisfacenti.

    Se però il dolore è localizzato nell’area lombo-sacrale può dipendere da blocchi sessuali o dall’incapacità di assecondare i propri desideri.

    La lombalgia è tipica delle persone che si sforzano troppo, andando oltre i propri limiti.

    Zona sacrale e coccige

    Soddisfazione dei bisogni primari che forniscono stabilità emotiva: dalla sessualità al cibo, dall’amore alla sicurezza di una casa. 

    Mentre i disturbi che colpiscono in particolare il coccige, possono celare un’eccessiva dipendenza dagli altri o dalle cose.

    Nel nostro perfetto sistema corporeo nulla è collocato a caso!

    Quanta gentilezza eserciti nei confronti del tuo mal di schiena da stress?

    Quando siamo nervosi e arrabbiati perdiamo molta energia e ogni impresa ci sembra titanica.

    Viceversa, quando siamo pazienti e in armonia con noi stessi, e con gli altri, tutto diventa più facile.

    Come mai?

    Il processo della gentilezza e della pazienza inizia rompendo barriere interne che ci separano da noi stessi, per poi espandere la nostra attenzione verso l’altro. 

    Implicano un punto di partenza che riguarda l’osservazione, ascolto e il riconoscimento.

    Abbiamo approfondito il tema della pazienza in azienda durante l’analisi degli 8 principi vitali dell’azienda

    La pazienza è intrinsecamente collegata al riconoscere il valore del tempo, del non agire come preludio per la migliore azione nel futuro.

    E’ il modo corretto per rapportarsi alle azioni degli altri, e alle attese delle conseguenze delle nostre.

    La pazienza allena anche la gratitudine, l’abilità di trovare il buono anche nell’attesa o nel risultato non conforme a quello sperato.

    Rientra nel tema della gentilezza: verso se stessi, verso gli altri e nell’accogliere gli eventi della vita.

    La gentilezza si basa su una predisposizione win win rispetto ad una situazione: il principio sottende qualsiasi tipo di azione / reazione umana in qualsiasi ambito.

    In ambito lavorativo la reazione gentile ad un fatto, un commento, un problema presuppone un approccio consapevole di accoglimento al cambiamento, come condizione naturale e non perché necessariamente imposta.

    Dobbiamo cercare nutrimento nella situazione.

    Osservare la nostra postura, prestare attenzione immediata alla reazione del nostro corpo, sia quando l’output è positivo per il raggiungimento del risultato, sia quando è negativo o ci sono complicazioni, è una potentissima “chiave” di conoscenza.

    Può l’immediato irrigidimento del corpo indurci a modificare l’atteggiamento? 

    Come posso sperimentare immediatamente apertura e flessibilità quando il corpo si irrigidisce?

    Che tipo di qualità interagisce con la “naturalità” del cambiamento quando il corpo è contratto?

    Quando ci sintonizziamo su questo tipo di prospettiva il mal di schiena da stress, come il mal testa, i crampi allo stomaco, ecc. potrebbero attenuarsi e, in alcuni casi, eliminarsi del tutto.

    Potremmo riappropriarci della nostra energia vitale e creatrice.

    Tenerezza e Gentilezza non sono sinonimo di debolezza e disperazione, ma espressione di forza e determinazione” (K.Gibran)

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Il mal di testa dopo lavoro e i cali di energia fisica, mentale ed emotiva

    mal-di-testa-dopo-lavoro-myhara

    Chi non ha mai sofferto, almeno una volta nella vita, di un fastidioso mal di testa dopo lavoro scagli la prima pietra.

    Da una ricerca dell’Unità di Medicina del Lavoro dell’IRCCS Fondazione Maugeri di Pavia, pubblicata sul Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, risulta che il mal di testa, o cefalea, colpisce mediamente 1 italiano su 4 conseguente il lavoro.

    Il mal di testa dopo lavoro colpisce il 25 percento della popolazione, tra i 25 e i 55 anni, in particolare le donne (1 su 5 contro il 6 percento degli uomini). 

    Si stima che il 15% dei lavoratori torni a casa e/o si assenti dal lavoro.

    Il calo della produttività è calcolato circa il 35%, con un impatto di circa 420 euro a testa di perdite economiche da mal di testa (la sola emicrania in Europa costa ogni anno ben 27 bilioni di euro).

    Questi alcuni tra gli studi più recenti.

    Si considera il mal di testa come uno dei disturbi più diffusi e  complessi da diagnosticare e, se per alcuni si tratta di un episodio sporadico, per altri è una presenza costante nella quotidianità, che spesso costringe chi ne soffre a fare ricorso a farmaci specifici, che a lungo andare perdono di efficacia causa l’assuefazione stessa del corpo fisico.

    Cos’è il mal di testa dopo lavoro e che ripercussioni ha sulla nostra energia?

    Mal di testa è un’espressione generica con cui si identificano vari tipi di cefalee..

    I principali sono:

    • l’emicrania, che è la forma più comune ed è caratterizzata dalla famosa sensazione della testa che scoppia; può durare da poche ore a qualche giorno, 
    • la cefalea tensiva, che è dovuta alla protratta contrazione dei muscoli di collo e spalle
    • la cefalea a grappolo, che è la più rara e ostica,caratterizzata da dolori violenti nella zona frontale e orbitale che si manifestano in orari tendenzialmente fissi.
    • la cefalea cervicale, che deriva da problemi legati alle vertebre cervicali.
    • Il mal di testa è sempre correlato anche ad una componente emotiva: ansia, depressione, situazioni di stress prolungato possono facilmente alterare l’attività elettrica e la biochimica del cervello, influendo sui vasi sanguigni, che prima si costringono e poi si dilatano, scatenando il dolore.

    Le cause del mal di testa dopo lavoro sono molteplici e tra le principali troviamo:

    • stress fisico e/o psicologico
    • ansia
    • postura errata
    • disidratazione
    • alimentazione scorretta o intolleranze
    • cattiva digestione
    • costipazione
    • insonnia
    • squilibri ormonali legati al ciclo mestruale per le donne)

    Per quanto riguarda la postura correlata  al mal di testa dopo lavoro la sezione Cefalea e Dolore Facciale del dipartimento di Fisiopatologia Clinica e del CPO Piemonte dell’Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista – Molinette di Torino ha condotto uno studio su oltre 2.000 dipendenti del Comune di Torino. 

    I lavoratori pubblici del capoluogo piemontese sono stati divisi in 2 gruppi: a uno sono stati assegnati esercizi posturali da eseguire ogni 2 o 3 ore durante l’orario di lavoro e in parte anche a casa, nel tempo libero; gli altri hanno continuato con le precedenti abitudini. Se all’inizio del programma di esercizi posturali la media era di 7 giorni di mal di testa da ufficio al mese e 11 giorni di indolenzimento e dolori muscolari a collo e spalle, dopo i 7 mesi del programma di esercizi è stata riportata una riduzione del 34% dei giorni di mal di testa da ufficio e di dolori muscolari compreso il calo del 29% nel ricorso ad analgesici.

    Lo yoga, per esempio,  è una disciplina e uno stile di vita che, nel tempo, ha dimostrato avere numerosi effetti benefici sulle persone che soffrono di mal di testa dopo lavoro, a causa di un aumento della serotonina, la cui carenza è indicata tra le possibili cause del mal di testa localizzato.

    Uno studio su neurology.com, condotto da un team dell’All India Institute of Medical Sciences, coordinato da Rohit Bhatia, ha preso a campione un gruppo di volontari che soffriva di frequenti emicranie e che, per questo, assumevano dei farmaci regolarmente prescritti dai medici.

    Si trattava di 114 persone di età compresa tra 17 e 50 anni che soffrivano di mal di testa dalle 4 alle 14 volte su base mensile. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: yoga più farmaci, o solo farmaci.

    Il primo gruppo praticava yoga con un’insegnante 1 ora per 3 volte la settimana.

    Tutti i partecipanti all’esperimento hanno ottenuto miglioramenti nella gestione della frequenza e dell’intensità dell’emicrania, ma i partecipanti al gruppo yoga hanno riportato risultati significativamente migliori, ovvero una riduzione del 50% degli eventi mensili di emicrania, contro una riduzione del 12% di chi assumeva solo farmaci.

    Oltre ai farmaci, i partecipanti di entrambi i gruppi sono stati informati sui cambiamenti dello stile di vita che possono ridurre l’incidenza dell’emicrania, come dormire a sufficienza, mangiare sano ed esercitarsi.

    Il mal di testa dopo lavoro è un segnale per trasformare la propria energia 

    E’ importante cercare di avere chiaro qual è la natura del mal di testa che sentiamo, poiché spesso è causato da semplice disidratazione. 

    E’ sempre bene mantenere il corpo idratato (almeno 8 bicchieri al giorno lontani dai pasti e possibilmente di acqua tiepido/calda)

    Questo comporta entrare in ascolto dei messaggi che il nostro corpo ci manda.

    Esiste anche un altro approccio alla manifestazione dei disagi del corpo, in cui peraltro credo molto e da anni studio e approfondisco, ovvero quello secondo il quale ogni sintomo che il nostro corpo manifesta è un messaggio specifico che ci viene mandato per farci porre l’attenzione su un aspetto da accogliere e/o trasformare nella nostra vita e che richiede la nostra attenzione.

    Questo concetto lo descrive molto bene Claudia Rainville nel suo libro Ogni sintomo è un messaggio e descrive il mal di testa in questo modo:

    “Il mal di testa può avere svariate cause; può essere di breve durata, provocato da un’iperattività del pensiero o da un’eccessiva tensione, quando ad esempio ci mettiamo in testa di voler capire proprio tutto, cosa frequente fra gli studenti.

    Può accadere anche che ci ostiniamo a voler trovare da soli la soluzione di un problema piuttosto che chiedere aiuto al prossimo. A volte il dolore è così intenso da darci l’impressione che la testa stia per scoppiare: in questo caso, il mal di testa nasce quasi sempre da emozioni represse, trattenute.

    Chi soffre di mal di testa spesso ha sviluppato una tale capacità di controllo delle proprie emozioni da sentirsi spiazzato quando una di esse tenta di emergere: più cercano di soffocarla, più hanno mal di testa. 

    Ma se con dolcezza ed accoglienza, si lascia riaffiorare l’emozione, una volta liberata, il mal di testa scompare. Spesso è associato per lo più alla paura ed alla insicurezza.
    Che cosa mi rende insicuro o mi crea tensione?
    Di cosa ho paura?
    Ho difficoltà a esprimere i miei bisogni o le mie emozioni?
    Mi è già capitato di sentirmi minacciato?

    L’emicrania è un dolore acuto che colpisce solo un lato della testa. 

    Si presenta con crisi accompagnate da nausea e, a volte, da vomito. Le emicranie sono la manifestazione di un surplus emotivo rispetto a una situazione in cui ci siamo sentiti costretti o minacciati.”

    Il corpo è l’amico sincero, come sostiene Winkler Volker, la mente mente, il corpo mai.

    Eppure trascorriamo le nostre giornate, affidando alla nostra mente e ai nostri pensieri la responsabilità dei nostri successi e soddisfazioni.

    Attraverso i nostri pensieri, per lo più frutto di credenze ben radicate che ci portiamo appresso da anni, gestiamo la nostra vita e le nostre scelte.

    Eppure, come sostiene anche Daniel Kahneman nel libro “Pensieri lenti, pensieri veloci” il 95% delle nostre decisioni, anche se ben ponderate, non sono frutto di scelte razionali.

    Il modo in cui una persona elabora concetti ed emozioni può influire in modo significativo sul mal di testa dopo lavoro.

    Eppure, per compiere queste elaborazioni mentali, noi utilizziamo il cervello e i suoi neuroni: com’è possibile che il modo in cui lo utilizziamo non influenzi la sua salute? 

    Sarebbe come dire che il modo in cui usiamo i nostri muscoli non influisce sul loro stato fisico.

    Se dunque soffriamo di mal di testa, probabilmente un buon modo di guarire potrebbe essere un cambiamento nel modo di “usare la testa”. 

    Ogni cefalea va ovviamente valutata singolarmente e da competenze diverse dalla mia, ma ci sono comunque riflessioni trasversali che riguardano in particolar modo il sistema energetico e la nostra relazione con il controllo, il perfezionismo e la rigidità.

    L’origine del mal di testa dopo lavoro

    Il mal di testa non colpisce a caso: quando si cronicizza tende a scegliere le sue “vittime” fra persone che hanno un’attività di pensiero ipersviluppata e che difficilmente riescono a staccare la spina e a far riposare la mente. 

    • Razionalità in eccesso
      “Penso, dunque sono”: potrebbe essere questo il motto di chi soffre di mal di testa. Non c’è nulla che, secondo lui, non debba cadere sotto il bisturi tagliente della razionalità. Ogni questione viene sottoposta a un’analisi impietosa e rigorosa: non si smette di pensare fino a quando non se ne viene a capo e tutto ciò non permette  di prendere in considerazione le cose anche in altro modo. 
    • Perfezionismo
      “Volere è potere: in ogni caso bisogna sempre dare il massimo”: questo è il motto del perfezionista. E chi soffre di mal di testa ha sempre l’asticella molto alta verso se stessi e verso gli altri. Ha un giudice interiore molto severo ed il giudizio altrui ha un peso significativo. La paura di sbagliare governa la sua energia e vitalità. Ogni gesto diventa una performance che finisce col perdere di vista l’obiettivo concreto e i desideri più elementari.
    • Formalismo
      Molto formale nei modi, il cefalalgico tiene a fare buona impressione sugli altri, si sente piuttosto a disagio quando è al centro dell’attenzione, preferisce passare inosservato e dare un’immagine di normalità. In genere giudica con poco favore ciò che è vistoso e diffida delle persone spontanee. Molto del suo formalismo è dovuto a un’educazione rigida che per lo più è molto lontana dal suo sentire e volere. 
    • Altruismo eccessivo
      Soffre di mal di testa chi non si tira mai indietro. La sua disponibilità nei confronti degli altri spesso però è guidata dal bisogno di controllo. Ecco perché buona parte dei suoi interventi o dei gesti di abnegazione, più che da una genuina disponibilità, nascono dal desiderio di fare le cose a suo modo. Vi è una tensione e una gran fatica nel voler tenere tutto sotto controllo. Perdere il controllo genera paura dell’ignoto e di non conoscere eventuali reazioni. Ma sia in uno nell’altro modo, per l’altruista eccessivo si tratta di tensione, che si ripercuote inevitabilmente in emicrania. 
    • Rancori accumulati
      Il passato è come un enorme archivio di “sospesi” esperienze, ricordi belli o brutti che siano si mettono via ma non si cancellano. Lo stesso vale per i torti subiti: chi soffre di mal di testa non lascia cadere, anzi, tende a essere piuttosto rancoroso. Difficilmente però riesce a esprimere ciò che sente: trattiene, salvo poi esplodere istintivamente. Spesso si sente vittima di torti subiti.

    Quando ci permettiamo di  entrare in confidenza con il nostro mal di testa ed accoglierlo, senza conflitto, chiedendogli cosa ci vuole comunicare, stiamo orientando tutta la nostra energia mentale, fisica, emotiva verso una trasformazione. Il nostro sistema cellulare si attiva e si crea un nuovo movimento. Questo  movimento porta  una ridistribuzione cellulare e di ossigeno in tutto il corpo e l’energia si vitalizza. 

    Come debellare il mal di testa dopo lavoro?

    Ogni cura per il mal di testa va accompagnata da un cambiamento mentale e psichico. Ci sono cefalee che beneficiano della capacità di esprimere le emozioni, altre dal ridurre l’eccessivo controllo, altre dalla risoluzione di conflitti interiori, altre ancora del lasciare più spazio alla creatività, all’istinto e all’intuizione. Non si può ottenere tutto velocemente perché il cervello è ancorato alla sua modalità di pensiero ma con pazienza si può sviluppare un atteggiamento mentale più lineare e scorrevole, portando netti miglioramenti alla sintomatologia.

    l mal di testa esprime sempre qualcosa di esistenziale e di importante. A volte può trattarsi semplicemente di energia repressa (fisica, sessuale, affettiva, creativa), a volte rivela la presenza di un vissuto interiore cui la persona non dà spazio, perché non può, non riesce o non sa che esiste. Un vissuto costituito da un conflitto importante che chiede di essere risolto o da una rabbia che ha assoluto bisogno di essere espressa ma non ci riesce.

    Spesso soffre di emicrania la persona istintiva, entusiasta, energica, ma suo malgrado compressa da schemi di razionalità e autocontrollo, imposti dalle regole e dal sistema aziendale, che la bloccano. 

    A soffrirne è la testa, cui tocca l’ingrato compito di raffreddare continuamente il “ fuoco” interno. 

    L’ipertrofia della ragione è quindi un meccanismo di difesa che un soggetto intelligente e dotato mette in atto per difendersi da “un incandescenza” emotiva che non sa come maneggiare e teme di lasciar fluire. Solo che la tattica non funziona e il mal di testa compare proprio per ricordarcelo.

    Alcuni suggerimenti per attenuare l’emicrania al lavoro

    • La respirazione consapevole che da atto involontario diviene volontaria implica un maggiore apporto di ossigeno in tutto il corpo, sino ai distretti periferici. Ci sono tecniche di controllo del respiro molto efficaci per sciogliere il mal di testa, sempre con la supervisione di una guida
    • Migliorare la propria postura, specie quando si è seduti in ufficio o in auto, evitando di curvare la colonna vertebrale
    • Durante il lavoro al computer far riposare la vista periodicamente, guardando fuori dalla finestra e mettendo a fuoco oggetti lontani;
    • Dormire regolarmente, garantirsi un sonno di qualità che deve rispettare i propri ritmi circadiani.
    • Un’alimentazione bilanciata tra frutta, verdura proteine e carboidrati. Osservarsi: quali cibi creano pesantezza, osservare le associazioni, i condimenti. Preferire cibi freschi e poco trattati

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Imparare a fidarsi

    L’azienda è un corpo vitale unico. Imparare a fidarsi di sé e degli altri è il punto di partenza per darle energia e partecipare alla sua evoluzione e crescita.

    Come in un albero la capacità di svilupparsi in altezza dipende dalle radici, anche in un organismo aziendale la potenzialità di crescita, e resistenza, si basa sulla sua essenza “sommersa”: quella delle persone che la compongono, che ne alimentano l’anima.

    In Natura le radici rappresentano la parte più energica dell’albero e sostengono il tronco dando vita a chiome ampie e rigogliosità di foglie.

    In Azienda le radici sono i principi vitali sui quali si basa il pensiero, l’azione e l’interazione, il nutrimento delle persone.

    Questi principi  generano i risultati, la soddisfazione, la sostenibilità, la bellezza, il senso di appartenenza, la prospettiva di crescita.

    E’ grazie alla forza del sommerso che si dà valore al manifesto.

    Quali sono i principi vitali da applicare, per gestire e indirizzare l’energia in azienda?

    Entriamo nell’esplorazione del “ sommerso”, le radici aziendali, le fonti di nutrimento quotidiano e scopriamo insieme i principi che rafforzano e generano energia. 

    Ne abbiamo individuati 8 . 

    Non esiste priorità del primo sull’ultimo, esiste UNITA’ nella loro ricerca e applicazione .

    Gli 8 principi principi vitali dell’azienda: 

    • FIDUCIA
    • PAZIENZA
    • NON VIOLENZA
    • ATTENZIONE
    • ASCOLTO
    • AZIONE
    • SCELTA
    • SENSO

    Come in ogni sistema vitale anche in questo caso la singola parte influenza il TUTTO, e viceversa.

    Partendo da queste basi l’azienda può manifestarsi in forma nuova, positiva, elastica.

    Il radicamento delle basi tenderà a generare, nel futuro, risultati nuovi, metodologie flessibili e capacità di resistenza nei momenti avversi.

    Oggi vogliamo approfondire il tema della FIDUCIA.

    Imparare a fidarsi in azienda. Di chi?

    Innanzi tutto di se stessi.

    L’affidamento è un atto volontario. 

    E’ la risultante di un processo di analisi che ci porta ad una decisione: assumere il rischio che la fiducia riposta non sarà tradita e che il risultato atteso si realizzerà.

    Il rischio è calcolato in base a informazioni che abbiamo elaborato e che riguardano il passato ( esperienza), e sensazioni che ci fanno elaborare il futuro ( proiezioni).

    Il processo si concretizza nella nostra mente, un attimo prima di esprimerlo verbalmente, attraverso un immagine.

    E’ così che la fiducia in sé stessi parte dall’immagine che abbiamo di noi.

    Lo sapevi che il cervello non è in grado di distinguere tra realtà e immaginazione?

    Le immagini mentali influenzano il corpo, le emozioni e il comportamento.

    Non ha importanza se l’immagine riguarda la realtà o qualcosa di totalmente mentale.

    In te avverranno cambiamenti corporei che saranno coerenti con l’immagine stessa e che ti spingeranno ad agire nello stesso modo.

    Ecco perchè avere fiducia in sé parte dall’immagine che abbiamo di noi.

    Fermarsi e “guardarsi” ci porta ad imparare a fidarsi di noi

    E’ il primo passo per poi fidarsi dell’altro, anche in azienda.

    Le visualizzazioni positive sono una tecnica potente, nota ed applicata, che nutre la mente con immagini e sensazioni predisponendo la persona a diventare ciò che desidera essere.

    L’importante è che l’intento sia chiaro e la spinta motivazionale sentita : così si può  sostenere l’immagine di sé. 

    Occorre quindi visualizzarsi nella situazione che ci crea criticità e trasformarla nella nostra mente al fine di generare un’azione positiva nella realtà.

    “E’ la mente  il principale motore che ti spinge ad agire: se non la predisponi positivamente – in una direzione costruttiva e finalizzata alla realizzazione dei tuoi obiettivi – difficilmente potrai attuare azioni efficaci per realizzare ciò che desideri. Ecco perché nutrire la propria mente con immagini e visualizzazioni positive è fondamentale.”

    Oltre all’elaborazione dell’immagine di chi vogliamo essere esiste un altro punto di fuoco/ focus determinante: avere la visione consapevole di cosa siamo.

    Le tecniche di esplorazione del corpo e del respiro ci accompagnano in questa ricerca: 

    la consapevolezza della propria forma/ energia e del proprio respiro diventano un’ ulteriore risorsa interiore che sostiene l’energia positiva dell’immaginazione e ne amplifica il potere.

    Ora la domanda la faccio a te: quanto sei disposto a cambiare la tua immagine per proiettarti in una situazione attuale, positiva e vincente?

    Il periodo che stiamo vivendo porta con sé dubbi ed incertezze che minano la nostra capacità di andare oltre il momento, con visioni positive e prospettive di crescita.

    Questa sensazione limitante e di confusione, rispetto agli schemi che da sempre ci hanno proposto e sulla base dei quali ci siamo formati, ha un’incidenza a livello trasversale.

    La fiducia cioè l’atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità è oggi un obiettivo ricercato da tutti:  manager, collaboratori, aziende.

    Il distanziamento ha portato con sé nuove criticità : in azienda il non poter vedere i propri colleghi / collaboratori può creare sfiducia nel fatto che stiano effettivamente lavorando. 

    Il dubbio porta a maggiori richieste da parte dei manager che si riversano sul benessere dei collaboratori intenti a ricercare un nuovo equilibrio tra vita e lavoro.

    Risultato : lo stress lavorativo di ognuno di noi si accentua.

    Si genera così da un lato la paura di non godere la fiducia dei capi, e dall’altro quella di non avere strumenti a cui affidarsi per attuare dinamiche di controllo e microgestione a distanza.

    Dobbiamo (ri) imparare a fidarci

    Occorre un “cambiamento di direzione” della forma – pensiero.

    Sostenere la nostra capacità di generare immagini e costruire azioni.

    Sostenere una maggiore creatività e apertura mentale, recuperando l’entusiasmo in noi stessi, e nell’ambiente che ci circonda.

    Ma non solo: la motivazione, ora più che mai, deve creare un sistema unico che ingloba quello aziendale e quello di vita affinché si possa avanzare insieme, uniti ma separati, anche a distanza.

    Nella vita come in azienda vanno sviluppate capacità nuove e specifiche :

    • Maggiore creatività, entusiasmo e motivazione
    • Nuovi schemi mentali
    • Ampliamento capacità di osservazione
    • Trasformare le re-azioni in azioni consapevoli
    • Incremento capacità di lavorare in team

    Capacità che ci permettono di affiardci: a sé , agli altri , a quello che l’oggi ci propone e, con fiducia rafforzare le basi sulle quali costruiamo il domani, senza limiti e paure.

    “Pensa, credi, sogna e osa.” – Walt Disney

    Esercizio:

    Ti suggeriamo di approfondire questo tema, leggendo uno di questi libri:

    • Fiducia e sfiducia. Imparare dalle delusioni della vita” di Krishnananda e Amana
    • Sullamore e la solitudine” di Krishnamurti
    • Manuale del Guerriero della luce” di Paulo Coelho

    oppure guardando il film “I sogni segreti di Walter Mitty“.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.