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  • Il metodo

    Ti senti stanco quando l’autorità prevale

    La mia sveglia suona molto presto al mattino. Diciamo che quando (poche volte) suona alle 6.30 è troppo tardi.

    Ciò che mi spinge a mantenere l’orario del mattino tra le 5.30 e le 6 è la consapevolezza che ci sono molte cose da fare. 

    Nessuno apparentemente mi obbliga a farle, se non la voce della mia autorità interna. 

    Come libera professionista, mi sento “molto professionista e poco libera“ perchè il mio datore di lavoro è sempre con me. 

    Mi ricorda ogni giorno della settimana e in qualsiasi orario, lui non distingue il mercoledì dalla domenica, cosa avrei dovuto fare, cosa ho concluso e cosa devo ancora fare. 

    E questa sua sollecitazione non andrebbe mai in vacanza, perché conosce solo questa modalità, vuole essere sicuro e stare nella sua “zona di comfort”. 

    Mi richiama continuamente all’azione.

    Di fatto sono grata al mio datore di lavoro interno che mi richiama all’ordine, e mi accorgo della differenza quando non lo fa. Ma sicuramente lui ascolta solo se stesso e non lascia spazio ad altri aspetti preziosi, vitali e nutrienti della mia vita.

    In quest’epoca di dematerializzazione degli uffici non mi sento minacciata, perché ormai da anni ho compreso che lo spazio del mio ufficio riguarda altro, ma la ricerca per affinare dove sta quest’altro è l’aspetto che mi appassiona da anni.

    Si tratta di mettere insieme 3 sedi:

    personalmente, ho compreso che il mio cuore sente le emozioni che mi attraversano ed anche quelle altrui, la mia testa lavora sempre con pensieri che vanno anche nella direzione della mia libertà. Ma il motivo della mia stanchezza e’ la sede della mia anima, essenza, spiritus, sense of life, Vita ognuno la chiami come crede.

    Di fatto mi sento stanca quando la mia anima si sente schiacciata, pressata dalle continue richieste del mio datore di lavoro interno e dalle cose da fare.

    Lo spazio della mia anima si muove su altri paradigmi, per esempio rispetto al concetto di TEMPO. Lei vorrebbe lascialo andare, perderlo per poi recuperarlo.

    Ogni mattina, prima di iniziare la mia giornata, mi occupo di lei attraverso una pratica che, da oltre venticinque anni, ho affinato e migliorato ma è davvero poca cosa, rispetto al suo bisogno.

    Ecco da dove ha origine la mia stanchezza.

    Quando l’autorità esterna o interna ti invade, ti senti stanco.

    Mi aiuta senz’altro prendermi delle giornate promettendo al mio datore interno che recupererò, ma oggi ho la consapevolezza che ne ho bisogno tutti i giorni per alimentare la mia vitalità ed energia, soprattutto per poter essere poi in grado di dare agli altri senza farsi prosciugare.

    Così ho introdotto nella mia quotidianità da smart workers ( a dir la verità ho iniziato molto tempo prima ) oltre alla lista del “to do” anche quella del “to be”: lista di piccole cose ordinarie in cui lascio che la  mia anima respiri, prenda vita senza lasciarsi “ soffocare” dagli impegni.

    Nella mia lista ci sono:

    • momenti di respiro consapevole
    • metto il telefono in silenzioso 
    • bevo acqua ad occhi chiusi
    • attenzione
    • prendersi cura 
    • gratitudine 
    • immaginare

    Queste attività in maniera alternata, le distribuisco nell’agenda della mia giornata.

    Perchè ti senti stanco?

    E’ normale sentirsi stanchi, capita a tutti. E le vacanze servono spesso proprio a questo: recuperare e riposarci.

    Ma la stanchezza non è una ed unica per tutti.

    Distinguiamo 3 tipi di stanchezza:

    Stanchezza del corpo, dopo una corsa, una gara … E’ una stanchezza gioiosa e appagante.

    I nostri muscoli sorridono. E’ una stanchezza che rigenera.

    Stanchezza della mente, quando siamo nella gabbia del criceto e i nostri pensieri girano continuamente. Le nostre palpebre sono pesanti, la nostra testa si sente piena, la mascella e le spalle sono contratte, il cuore è chiuso. E’ una stanchezza da cui si fa fatica ad uscire perchè spesso il sonno non porta rigenerazione e riposo. Anzi. Così potrebbero mostrarsi 2 possibilità per gestire questa stanchezza:

    1. fare qualcosa di fisicamente estremamente faticoso in modo da non poter pensare. La velocità dello sforzo fisico supera quella dei pensieri
    1. prendersi il tempo per esplorare quei pensieri, attraverso la pratica della meditazione. Questa seconda possibilità è sicuramente più complessa.

    Stanchezza del cuore a livello fisico corrisponde con la chiusura del diaframma e con la sensazione di un pugno allo stomaco.

    Ci rendiamo conto della distanza tra le nostre emozioni e sentimenti e quelle dell’altro.

    Pensiamo di essere stati illusi o delusi, o entrambi. Necessitiamo di prenderci cura, cullare il nostro cuore.

    Stanchezza della mente che prevale su corpo e cuore, è la stanchezza del nostro ego, dell’ambizione che vive di corsa per raggiungere e superare tappe, obiettivi, che perde di vista se ciò che sta rincorrendo è ciò che vuole e inevitabilmente si perde il senso del piacere. Il piacere di vivere e la libertà di essere ciò che si è. In questa fase l’unico riposo è 

    “mollare la presa”, lasciare andare.

    In senso fisiologico si può considerare la stanchezza come un segnale di allarme che scatta quando l’organismo si avvicina ai propri limiti. A volte ci sentiamo arrabbiati, infelici ma siamo solo stanchi.

    Le neuroscienze affermano che l’essere umano perde energia se nel suo animo non trova più immagini che lo motivano e che creano nuove connessioni nel suo cervello.

    Un proverbio africano recita:

    Il cammino attraverso la foresta non è lungo se si ama la persona che si va a trovare. 

    Se durante il cammino non hai una direzione, non senti appagato e non ritrovi dentro di te le giuste motivazioni il viaggio può diventare un incubo.

    Alla fine ti senti stanco: stanco perché’ sei “scollato” da te!

    L’insoddisfazione può avere così effetti sul corpo e sulla mente, per cui non va sottovalutata, ma bensì riconosciuta e affrontata per trasformarla in un motore positivo per il nostro benessere.

    In una società dove tutto è possibile ma poco è effettivamente raggiungibile per i più, il terreno è molto fertile per il proliferare di insoddisfatti cronici e quindi di immotivati perennemente stanchi: stanchi di iniziare, stanchi di cercare, stanchi di pensare, e di agire.

    Le principali forme di insoddisfazione sono collegate alla natura dei bisogni umani:

    1. non sentirsi realizzati nei ruoli professionali e in quelli privati
    2. non sentirsi importanti
    3. non sentirsi amati o di appartenere
    4. non avere una vita stimolante e varia
    5. non soddisfare i bisogni primari (sessuali, deprivazione sensoriale etc.)

    Ti senti stanco quando provi gratitudine? 

    Essere grati vuol dire prima di tutto osservare e riconoscere.

    Vuol dire sapersi fermare, nonostante il ritmo frenetico della vita quotidiana, ed imparare ad ascoltarsi, a leggere nei meandri della propria anima, colei che sa sempre cosa vuole e il cammino da percorrere. 

    La nostra anima sa, lei bussa alla nostra porta costantemente. E’ la nostra struttura egoica (nessun giudizio negativo sul nostro ego) che prevale e non ascolta. Ad un certo punto l’anima, per poter essere ascoltata, ci manda sintomi nel corpo fisico e anche lì a volte stentiamo ad ascoltare. 

    Tipicamente accade con la stanchezza, che deve proprio farci stramazzare a terra per fermarci.

    Conoscersi e ri-conoscersi vuol dire anche imparare a fidarsi di sé

    Essere coscienti di chi siamo, cosa stiamo vivendo e chi intorno a noi collabora (persone, natura, contesti) alla nostra migliore espressione, significa sviluppare attenzione, e ciò ci restituisce la percezione di senso del nostro agire, del nostro valore, evitando sovraccarichi fisici e dispersione di energia.

    I benefici della gratitudine influiscono positivamente anche sulla carriera e sulla quotidianità: lo riporta Forbes, citando lo studio di Bersin&Associates, che le aziende che “eccellono nel riconoscimento dei lavoratori” sono 12 volte più propense a ottenere rilevanti risultati di business. 

    A livello psicofisico, invece, il Washington Post riporta le scoperte del ricercatore Robert Emmons dell’University of California, il quale ha compilato una lista di fattori benefici sulla mente e sul corpo causati dalla gratitudine consapevole: nel dettaglio, praticare gratitudine abbassa i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, del 23%, riduce del 7% i sintomi di infiammazione nei pazienti con insufficienza cardiaca, combatte la depressione, diminuisce la pressione sanguigna e migliora la qualità del sonno. Per essere efficace, però, la gratitudine dev’essere coltivata ogni giorno. 

    “Grazie” è il plurale di “grazia”

    Nella mistica di tutte le religioni esiste il concetto di “grazia”, come dono che proviene da un regno altro a quello umano: la grazia come qualcosa di divino dunque, eppure reale, come sentimento che ci inonda, ci sorprende e ci rende grati.

    La semplice riconoscenza nei confronti dell’esistenza, di ogni nuovo momento presente, può dare nuova linfa al nostro vivere, infondendo anche al nostro agire una qualità completamente differente da quella che esperiamo quando guardiamo il mondo a partire dalla “mancanza”.

    Una pratica di gratitudine è quella di prendersi tutti i giorni 5 minuti per ringraziare : persone o qualcosa che vi è capitato, oppure scrivere (aiuta molto) cosa è andato bene e cosa può essere migliorabile. 

    Annotare  le cose belle che sono capitate a noi o agli altri aumenta la nostra vitalità ed energia.

    Fare apprezzamenti.

    Ringraziare i collaboratori per un successo ottenuto.

    La gratitudine è un’abitudine.

    Quando ti senti stanco non ti accorgi dei ladri di energia 

    Apportare il giusto nutrimento a sostegno della nostra energia è necessario affinché la nostra vitalità si possa manifestare attraverso il corpo ( in azioni focalizzate ed efficienti), i pensieri ( a sostegno di creatività e brio mentale) e le emozioni ( a favore di positività e fiducia nel futuro).

    La sfida del momento è riuscire ad essere propositivi per se stessi, e come leader, anche per i propri collaboratori.

    In una fase storica di smaterializzazione del posto di lavoro e di distanziamento fisico, e quindi di poca empatia, sostenere e dare strumenti per superare la stanchezza diventa prioritario per continuare ad avanzare verso quello che il futuro ha in serbo per noi.

    Chi sono i ladri di energia?

    Non sono solo le persone, i famosi “vampiri “ del lamento, ma le anche nostre abitudini quotidiane.

    Alcuni spunti : 

    • “Always on”, essere sempre connessi, perchè non è salutare
    • Pensieri negativi che influenzano la nostra lucidità mentale, perché le frequenze si riconoscono e si attraggono
    • Alimentazione sbilanciata che sottrae invece che ricaricare, perchè una pancia piena non significa sempre benessere
    • Mancanza di atti di gratificazione personale, perchè non sempre sono gli altri a doverci riconoscere
    • Promesse mancate
    • Non accettare
    • Non perdonare
    • Rabbia e risentimento
    • Incapacità a dire di no, perché sottrarsi non è resa ma una decisione.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

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