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  • Il metodo

    La Mindfulness come sostegno al cambiamento organizzativo

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    Il cambiamento organizzativo è come un seme che va piantato e il nostro atteggiamento può far sbocciare e crescere una meravigliosa pianta oppure uccidere il seme sul nascere.

    Le nostre abitudini digitali stanno cambiando il nostro cervello: da esseri umani predisposti all’empatia, all’amore, alla crescita collettiva, ci stiamo disconnettendo. Spesso alla mattina la prima cosa che facciamo, molti di noi ancora sotto le lenzuola, è controllare il cellulare. E’ un’abitudine. Ancora a letto, la giornata non è ancora iniziata, e già ci sentiamo in ansia e stress. Quando ancora siamo nella fase di passaggio tra onde alfa (nel passaggio tra il sonno e la veglia), e le onde beta (quelle che attivano lo stato di allerta e azione) essere sensibili agli stimoli, ci porta in uno stato di re-attività. Quindi, per tutto il resto della giornata, reagiremo “da vittime” agli stimoli esterni, invece di decidere consapevolmente, quale azione vogliamo agire. L’abitudine, o meglio la dipendenza digitale, ci catapulta in uno stato di stress, aggressione, insoddisfazione, frustrazione, ansia e angoscia. Emozioni che facilmente ci portiamo dietro tutto il giorno con colleghi, sconosciuti, con noi stessi e con il partner. E tutto ciò peraltro influenza anche lo stato emotivo degli altri.

    Gli effetti che le nostre dipendenze digitali stanno avendo sulla nostra salute riguardano:

    • il dormire male
    • la concentrazione che è passata negli ultimi decenni da 12 a 8 secondi (meno dei nove secondi di un pesce rosso, secondo uno studio della Microsoft), 
    • l’irascibilità
    • la pazienza
    • la difficoltà a gestire emozioni forti
    • le nostre conversazioni a tavola che spesso sono distratte da suonerie e ricerche in internet.

    Controlliamo mediamente il display del nostro telefono ogni 6,5 minuti per 150 volte al giorno, siamo fisicamente in una stanza, ma la nostra mente è insieme al telefono, in un’altra.

    Quando gli stimoli esterni arrivano, una chiamata, una richiesta, una parola o un gesto, reagiamo come fossero minacce. Diventano fonti di stress, da cui difenderci. 

    Recenti ricerche hanno dimostrato come dal 50% al 70% degli sforzi attivati dalle aziende per realizzare dei cambiamenti organizzativi non raggiungano l’obiettivo prefissato. Uno dei problemi è che il cambiamento organizzativo, qualora riconosciuto, troppo spesso viene considerato un semplice processo da attivare alla stregua di altre procedure aziendali. Ma il cambiamento se si limita ad essere una procedura aziendale è già in sé destinato all’autofallimento.

    Ciò che uccide il cambiamento organizzativo è il nostro atteggiamento mentale. L’abitudine a guardare le cose sempre dallo stesso punto di vista, focalizzandosi sempre solo sui problemi e raramente sulla soluzione.

    E, dal nostro atteggiamento verso il cambiamento nasce l’emozione. Che può essere di ansia e di paura oppure, di speranza e di ottimismo.

    Durante i periodi di cambiamento, gran parte di ciò che accade è spesso fuori dal nostro controllo.

    Il cervello per lo più registra il cambiamento, che sia conosciuto o del tutto ignoto, come una minaccia, in quanto, in realtà, non del tutto conosciuto. La risposta più comune alla richiesta di cambiamento è dunque:

    • cercare di resistere nella posizione attuale di maggior comfort
    • ostacolare l’innovazione che risulta invece incerta

    Gli esseri umani cercano di evitare o ignorare le situazioni specifiche che causano stress. Da un punto di vista psicologico si osserva che solo quando siamo disposti a rimanere aperti, alla situazione presente esattamente com’è, anche se scomoda e incerta, aumenta effettivamente la nostra capacità di gestire lo stress del cambiamento organizzativo. Diventiamo più consapevoli delle nostre risposte emotive di paura e più abili ad attraversarle senza agire– in modo più o meno consapevole – comportamenti di resistenza o di ostacolo al cambiamento.

    Quali sono i maggiori ostacoli del cambiamento organizzativo?

    Si tratta per lo più di:

    • Abitudini
    • Atteggiamenti 
    • Emozioni (paura vs opportunità).

    “L’abitudine si forma a partire dalla gratificazione ripetuta del desiderio, e in questo modo il condizionamento abituale può trasformarsi in compulsione”.

    Nyanaponika Thera, monaco buddista

    Questa definizione del monaco buddista trova sintonia anche nelle scoperte più recenti delle neuroscienze con Gerald Edelman, premio nobel “NeuralDarwinism”

    Il concetto base che li accomuna è che la ripetizione genera l’abitudine.

    Quando ripetiamo all’infinito l’abitudine, si fortifica la relativa connessione neurale, mentre quelle che corrispondono a percorsi alternativi si indeboliscono. Le cellule del cervello corrispondenti al circuito prescelto sviluppano dei collegamenti sempre più forti, mentre i collegamenti relativi a reazioni alternative diventano più deboli. In questo modo le abitudini diventano schemi di comportamento, che ci aiutano ad organizzare il nostro mondo delle informazioni. Sono modelli mentali a cui la mente accede per organizzare, immagazzinare e mettere in atto le conseguenti azioni.

    Questi modelli sono dispositivi mentali essenziali per muoverci in un mondo complesso. 

    Consiglio a tal proposito la lettura di Tara Bennett Golemann “Alchimia Emotiva”.

    La buona notizia è che l’essere umano può imparare qualunque cosa: anche a cambiare i vecchi schemi, quindi le vecchie abitudini! 

    La verità è che il cambiamento, l’incertezza sono proprio ciò che ci contraddistingue.

    Noi siamo incertezza e cambiamento. L’unica cosa di cui siamo certi è che non possiamo non cambiare. Ci impegniamo tantissimo, lottiamo contro il cambiamento, ma ad oggi non abbiamo ancora trovato nulla che sia in grado di evitarlo.

    Il nostro stesso respiro, ciò che ci alimenta ogni istante della nostra vita è qualcosa di cui possiamo diventare più consapevoli, utilizzarlo come “strumento” per vivere meglio ma …sempre in prestito perché ogni giorno sappiamo di non sapere quanto durerà.

    Cosa sostiene il cambiamento organizzativo?

    Ho provato a fare un elenco degli ingredienti principali che sono necessari per accogliere ed essere co-creatori del cambiamento:

    1. ATTEGGIAMENTO MENTALE: può anche non piacermi ciò che mi sta intorno, ma se voglio vivere bene, e con più consapevolezza, è utile trovare quelle informazioni che mi aiutano a capire cosa e come fare per reagire al cambiamento. 
    2. CONSAPEVOLEZZA DI SÉ: una sana consapevolezza di sé significa avere percezione della propria autoefficacia personale (ho imparato, so fare, posso imparare).  È praticare l’attenzione al momento presente.
    3. AUTOSTIMA: io sono unico, non speciale, ma importante. Il mio lavoro conta. Le mie azioni hanno un valore. Chi sono io in realtà? Quanto ho permesso che le parole e le opinioni degli altri ostacolassero le mie scelte, le mie opinioni verso me stesso. La mancanza di autostima spegna il cambiamento.
    4. MOTIVAZIONE:  mi sento utile, apporto valore all’organizzazione. E’ indispensabile avere o ritrovare la motivazione e per farlo l’unica strada di sicuro successo è lavoro di crescita personale.
    5. L’ANTIFRAGILITA’ che, come la definisce Nassim Nicholas Taleb in “Antifragile”, va al di là della resilienza e della robustezza. L’antifragile ama il caos e l’incertezza, il che significa anche che ama l’errore, o quanto meno un certo tipo di errore. Grazie all’antifragilità siamo molto più bravi a fare che a pensare. Sempre Taleb sostiene ”preferirei essere stupido e antifragile, piuttosto che intelligente e fragile”. La fragilità può essere misurata, il rischio non è misurabile. L’antifragilità contraddistingue tutti i sistemi naturali (e complessi) che sono sopravvissuti, privarli della casualità, volatilità e dei fattori di stress potrà solo danneggiarli: si indeboliranno e andranno incontro alla distruzione. Siamo riusciti a rendere fragile l’economia, la nostra salute, la vita politica, l’istruzione…sopprimendo la casualità e la volatilità.

    Come ci viene in aiuto la Mindfulness nel cambiamento organizzativo e nella trasformazione digitale? 

    Quando pratichiamo la mindfulness ci alleniamo su due aspetti:

    • osservare senza giudizio le acque turbolente del cambiamento, la situazione stessa e la nostra risposta ad essa
    • cavalcare l’onda prendendone l’energia vitale

    Non possiamo controllare il cambiamento ma possiamo gestire il modo in cui rispondiamo ad esso. E così facendo, riduciamo l’impatto su di noi e sull’azienda.

    Si sostiene che la consapevolezza migliora la disponibilità al cambiamento.

    A livello individuale, la consapevolezza rappresenta uno stile cognitivo che migliora la prontezza rendendo gli atteggiamenti dei dipendenti e l’esperienza percepita più flessibili e migliorando il controllo percepito e modificando l’autoefficacia. A livello collettivo, la consapevolezza è il risultato di processi di organizzazione che stabiliscono culture organizzative che accrescono la disponibilità e sono caratterizzate da apprendimento, comunicazione aperta, relazioni di lavoro solidali e processo decisionale partecipativo. La consapevolezza è stata trascurata come fattore che alimenta la prontezza al cambiamento.

    La mindfulness è una forma di meditazione, ovvero un modo specifico di meditare. I suoi benefici sono gli stessi di molti altri approcci di meditazione.

    Se nelle tecniche di meditazione tradizionali ci si focalizza su un preciso oggetto di meditazione (che può essere il proprio respiro, un mantra, una candela o altro), nella meditazione mindfulness lo scopo è quello di prendere consapevolezza di tutto ciò che ci circonda nell’attimo presente. Nonostante la psicologia occidentale sia tradizionalmente scettica quando si parla di meditazione, molti studi hanno riportato che una vita più consapevole ti permettere di trarre dei benefici evidenti per il tuo organismo e per la tua salute mentale.

    Molti psicologi, definiti “incorporazionisti”, hanno integrato queste tecniche a un percorso psicoterapeutico complesso in modo complementare alla terapia classica.

    Dedicando pochi minuti a questa pratica, infatti, si può riscontrare un incremento dell’attività della corteccia cerebrale prefrontale dove risiedono le emozioni positive e un intervento neuro-modulato sugli assi dell’ipofisi e la secrezione di cortisolo. Tutto questo si traduce in 

    • una regolazione delle emozioni
    • una maggiore concentrazione
    • un senso di tranquillità
    • un maggiore rilassamento del corpo  
    • un miglioramento della qualità del sonno.

    John Kabat-Zinn ha fondato il Center for Mindfulness presso la University of Massachusetts Medical School e l’Oasis Institute for Mindfulness-Based Professional Education and Training.

    È qui che Kabat-Zinn ha sviluppato il Mindfulness Based Stress Reduction un programma di otto settimane volto a ridurre lo stress.

    Kabat-Zinn ha appreso e studiato la mindfulness sotto la guida di diversi insegnanti buddisti, tra cui Thich Nhat Hanh (una figura influente e popolare anche nella corrente occidentale della mindfulness). Questo gli ha dato modo di apprendere i principi fondamentali della mindfulness, che ha integrato con la scienza occidentale per sviluppare MBSR.

    Perché la combinazione di pratiche di consapevolezza e tecniche di gestione del cambiamento organizzativo è così potente?

    Perché guida l’individuo, attraverso il suo viaggio di cambiamento in modo consapevole e personale. Essere guidati abilmente attraverso le fasi del viaggio di cambiamento di un individuo apre gli occhi dell’ascoltatore nella privacy e nella sicurezza della propria mente. La maggior parte delle persone non è desiderosa di discutere apertamente delle ragioni per cui è turbata o indifferente a un cambiamento, ma di solito è curiosa di esplorare il proprio mondo interiore in uno spazio personale.

    Aumenta la consapevolezza di sé, delle proprie emozioni, reazioni e comportamenti. Le persone impegnate tendono a vivere in modalità sopravvivenza e pilota automatico, senza prendersi momenti di tranquillità per riflettere su come stanno vivendo un difficile cambiamento nelle loro vite. Spesso sono ansiosi, frustrati e amareggiati. Non si rendono conto di come le loro emozioni, reazioni e comportamenti stiano influenzando la loro esperienza e nemmeno come gli altri li percepiscono al lavoro. La maggior parte delle persone non si considererebbe resistente.

    E’ di aiuto nel fare chiarezza, nell’ascoltarsi, nel far emergere quel che c’è per poter poi da quello spazio di comprensione decidere come agire nel cambiamento. C’è un grande potere personale nel rendersi conto di avere il controllo delle proprie reazioni. 

    • Come sto reagendo? 
    • Come voglio essere? 
    • Cosa significa per me il cambiamento? 
    • Che tipo di influenza posso avere sul cambiamento? 
    • Quale esperienza preferirei avere?

    Che cosa fa una meditazione di gestione del cambiamento organizzativo

    Guida e sostiene la persona in modo delicato, ma potente, aumentando l’autoconsapevolezza delle proprie reazioni, emozioni e comportamenti relativi al cambiamento difficile scelto. Aiuta la persona ad identificare con più chiarezza come preferirebbe agire nel cambiamento e a porre  intenzioni positive. Sebbene non abbiamo sempre il controllo sul cambiamento, la mindfulness ci riporta sempre al nostro potere personale e a come scegliamo di reagire o di agire a un cambiamento. La mindfulness allena la persona ad osservare le cose così come sono senza formulare un giudizio, calma lo stato agitato dei pensieri e connette la persona alle sue più profonde forze intrinseche. E’ stato dimostrato come, chi pratica mindfulness in azienda tende ad essere più calmo e sereno, rispetto ai loro colleghi che non lo fanno, e ricordando quanto discusso prima, ovvero che la mindfulness non è necessariamente ottenibile tramite pratiche meditative, scopriamo in questa sezione alcune delle azioni percorribili e i principi sui quali esse si basano, scorgendone inoltre le criticità:

    • Coerenza tra gli interventi preposti: immaginiamoci un datore di lavoro, che voglia valorizzare la pausa lavorativa, adibendo a tal scopo, delle aree relax nella propria azienda. Poniamo che, questa stanza non venga mai utilizzata dagli stessi dirigenti. Per diminuire la dissonanza tra il datore di lavoro e i dirigenti, è necessario lavorare insieme sulla cultura e i valori aziendali  per creare coerenza tra azioni e pensieri;
    • Porsi sullo stesso piano del lavoratore: una scarsa consapevolezza del proprio modo di agire, può condurre, a comportamenti non funzionali, al contesto lavorativo, all’interazione coi propri colleghi e alla natura del compito richiesto in quel momento. Investendo sulla mindfulness, si può lavorare con le persone per sostenerle nel  “rompere” vecchi automatismi, a favore di nuovi comportamenti, efficaci anche in momenti difficili. Weick e Sutcliffe ritengono necessario far affidamento ad un approccio mindfulness, quando vi è l’esigenza di prendere una decisione rapida ed importante, dando priorità alla propria competenza (o a quella dei propri collaboratori), piuttosto che far affidamento sulla propria autorità;
    • Buona leadership: Buoni leader si nasce o si diventa ? Vi sono tuttavia, diversi modelli di leadership che apportano differenti riflessi sulla struttura organizzativa. La leadership di senso abbraccia tutti i tipi di leadershio ed è focalizzata sul prendersi cura, mantenere alta la creatività e la performance del proprio gruppo,mediante un equo incoraggiamento di tutti membri del proprio gruppo di lavoro . Le caratteristiche vincenti di una leadership di senso, sono state messe in relazione con i livelli di mindfulness e grazie a tale connubio, il leader può rafforzare le doti che portano il proprio team, a risolvere problemi e situazioni di stallo, in maniera creativa e vincente, poiché dinanzi ad una situazione problematica, una strategia prodotta da vecchie scelte, oltre che obsoleta, può rivelarsi sconveniente.
    • Decision Making: Hammond ha asserito che delle ottime pre-condizioni garantiscono una presa di decisione efficace. E fa riferimento ad un basso ricorso a processi euristici, unitamente ad un’alta attenzione data agli stimoli di natura interna ed esterna. La mindfulness, si caratterizza per essere un approccio adatto per unire a fattore comune entrambi gli aspetti, interrompendo i vecchi automatismi di pensiero è lecito aspettarsi un potenziamento delle dinamiche che conducono alla formazione della decisione, diminuendo i bias, e riducendo l’errore fondamentale di attribuzione, fattori che dispongono verso una decisione efficace.
    • Agire sulla percezione e competenze: una piena consapevolezza del modo di essere e di stare in un contesto lavorativo, va quindi di pari passo all’attenta analisi dei vissuti emotivi.

    Questi sono solo alcuni dei benefici della mindfulness nel cambiamento organizzativo.

    Se sei interessato ad approfondire, o sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

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