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  • Il metodo

    Come affrontare la pigrizia al lavoro?

    La pigrizia e l’efficacia: due facce della stessa medaglia.

    Nel mio vocabolario personale la “pigrizia” è una parola che non è mai esistita. 

    O meglio non l’ho mai concepita. 

    Essere pigri per me ha sempre significato “lasciarsi vivere”, “farsi scivolare la vita addosso” e, per come sono sempre stata, mi è sempre risultata intollerabile.

    Fino ad ora.

    In questi ultimi 2 anni, ho ripensato alla pigrizia abbassando la soglia del mio giudizio.

    L’esperienza pandemica mi ha offerto una bellissima opportunità: rendere tutto più lento.

    In latino piger, viene da pigritia, significa “lento” e, per lo più, ha una connotazione negativa, un impedimento nel raggiungere traguardi.

    In quale parte del corpo e della mente senti la pigrizia? Te ne accorgi?

    “La pigrizia è una condizione deliziosa ma stressante; si deve fare qualcosa per essere felici.”

    Mahatma Gandhi

    I nostri antenati dovevano conservare energie per lottare e conquistare le scarse risorse e per fronteggiare i nemici. Essi facevano sforzi soltanto per ciò che procurava vantaggio nel breve termine. In assenza di medicinali, ripari sicuri, risparmi e scorte, aveva poco senso pensare troppo al futuro. La nostra specie per molto tempo ha avuto la tendenza a risparmiare energia. Si potrebbe dire che abbiamo ereditato la pigrizia dai nostri antenati.

    Quando le risorse disponibili erano scarse, ma soprattutto incerte, si tendeva a risparmiare le proprie energie in vista del fatto che in qualsiasi momento si sarebbe potuta presentare un’occasione in cui ce ne fosse stato davvero bisogno. Magari la pigrizia è dovuta proprio al fatto che percepiamo una certa precarietà nel nostro ambiente circostante e per questo abbiamo bisogno di qualche momento di introspezione e tranquillità per conservare le nostre energie e riflettere.

    Oggi l’incertezza è diversa, ci sono aspettative di vita molto più lunghe e molte più comodità ma, tutto sommato, non così lontana da quella dei nostri antenati, in quanto il nostro istinto tende ancora a conservare energia e ad essere riluttante ad impegnarsi in progetti poco concreti, dalla ricompensa incerta e a lungo termine!

    Secondo dati resi noti dalla Federazione medico sportiva italiana, l’Italia è tra i 20 paesi più pigri al mondo. Si tratta di una condizione che solo in Italia accomuna circa 24 milioni di persone.

    Ciò che fa la differenza nelle persone è l’ambizione e la prospettiva di senso. In tal caso si apre uno scenario tra persone maggiormente orientate al futuro e i “pigri”.

    In una società competitiva, aggressiva e orientata al risultato come è sempre stata la nostra, la pigrizia viene spesso associata alla mediocrità e al fallimento ed è altamente alimentata dalla cultura orale in cui tutto deve essere facile.

    Non solo. In una società dove impera oggi l’incertezza, si cerca di “godere” pienamente nel presente, a discapito di un futuro poco roseo: come nel caso di chi adotta comportamenti poco sani (il bere, il fumo, la sedentarietà, le abbuffate…) per mancanza di uno sguardo lungimirante. Ma il comportamento “pigro” non è associato soltanto al pessimismo.

    Molte persone si comportano così perché non hanno ancora trovato cosa vogliono o perché, per una ragione o per l’altra, non stanno facendo quello che desidererebbero fare.

    Altri fattori che possono condurre alla “pigrizia” sono la paura e la sfiducia in sè.

    Alcune persone temono il successo, o non hanno abbastanza autostima per sentirsi a proprio agio con la riuscita, e la pigrizia diventa un modo per auto-sabotarsi. 

    Per contro, altre persone temono il fallimento e il giudizio altrui e la pigrizia è preferibile alla sconfitta. Per essere realmente pigri dovremmo scegliere di esserlo, cioè sentirci liberi di fare o non fare qualcosa, e preferire il non fare. Ma se sentiamo di non sapere cosa fare o di non avere la capacità di fare… allora la “pigrizia” è una scelta forzata e, pertanto, non è pigrizia! E’ solo motivazione a proteggere la propria (già bassa) autostima. 

    La pigrizia tra dovere e volontà

    A volte la pigrizia è la conseguenza di un conflitto interiore tra ciò che sappiamo dover fare e ciò che vorremmo fare, non si riesce a prendere una decisione e si rimane bloccato tra le due cose, in una situazione ansiogena che ci ruba le energie, che ci svuota interiormente.

    In questo caso non è una questione di mancanza di volontà, anzi, perché la forza di volontà nel fare è uguale al dispiacere nel compiere un’azione che non ci aggrada, e siccome la somma di due forze di uguale intensità che vanno in direzione opposte è nulla, non si va da nessuna parte e si rimane bloccati nella più totale apatia senza sapere cosa fare.  

    Cosa ci spinge a rimanere imprigionati in quel limbo? Spesso il motivo che si nasconde dietro quel circolo vizioso è una voglia di scappare da una realtà che non ci piace o dalla quale abbiamo poche speranze di uscire, allora ci costruiamo un mondo intermedio, illusorio, che ci chiede poco sforzo, al costo di sacrificare parte della nostra vita pur di sentirci al riparo dal dolore che potrebbe causarci, secondo la nostra visione delle cose, una presa di responsabilità.

    La pigrizia che fa bene

    “Sceglierò sempre un pigro per fare un lavoro difficile, perché troverà sempre un modo facile per farlo”.

    Bill Gates

    La pigrizia simula quel confortevole divano in cui sprofondare per fuggire dalla realtà. Ci si abbandona a essa quando la nostra vita appare costellata di paure. La paura di non riuscire a realizzare tutto quello che ci eravamo prefissati, di fallire, di deludere le aspettative altrui, l’angoscia di dover affrontare cose che sfuggono al nostro controllo.

    Ma ci sono diverse modalità d’espressione della pigrizia. E la differenza è sostanziale. 

    La pigrizia accidiosa, per esempio è quella di chi trova sempre un buon motivo per non fare nulla, in casa come sul lavoro. E’ uno dei sette peccati capitali, bollato non solo dal cristianesimo ma da tutte le religioni monoteiste (nessun Dio è pigro, e l’uomo resta a sua immagine e e somiglianza). La pigrizia accidiosa brucia i propri talenti, spreca le energie che ognuno di noi possiede, taglia il terreno sotto i piedi della vita. 

    Ti mette in una condizione di perenne letargo dove l’unica cosa che riesci a sentire forte e chiara è il rancore, l’invidia nei confronti degli altri che invece, con il loro attivismo e con il loro impegno, riescono a raggiungere risultati significativi

    Spegne singole persone e intere società, accumula una serie infinita di occasioni perdute e sprecate, allarga distanze e diseguaglianze. Non produce alcuna spinta a condividere qualcosa di utile e di costruttivo, è uno spreco.

    Poi c’è la pigrizia autorigenerativa, uno stile di vita che oggi appare rivoluzionario, che si fonda sulla pacatezza, sul religioso rispetto del tempo e dei cicli naturali, sull’osservazione prima dell’azione sempre e comunque, sul pensiero che porta a respirare prima di parlare a sproposito. È una pigrizia oziosa, laddove l’ozio ti protegge da questa corsa frenetica nella quale tutti siamo schiacciati nella vita quotidiana, prigioniera del tempo presente. Solo e sempre presente.

    Questa forma di pigrizia ha un enorme valore positivo. È la più importante difesa, forse l’unica davvero vincente, che abbiamo contro l’invasione schiacciante della tecnologia. Non ci rendiamo conto di come la tecnologia può essere una forma di dittatura per l’uomo come persona unica e speciale e gli impone attivismo e connessioni continue, h24. È la pigrizia contro l’obbligo (che spesso ci sentiamo) di essere sempre a portata di mail, di click e di link. 

    La pigrizia autorigenerativa ti fa correre quando serve. Ma ti aiuta a rilassarti quando puoi permetterlo. Ti consente di recuperare l’emozione di uno sguardo che si allunga su un bel panorama, su un tramonto, sulle nuvole che si addensano in cielo. È una pigrizia che non cede un millimetro all’ansia, allo stress, al logorarsi nelle continue rincorse di qualcosa che spesso è il nulla più totale. E’ la pigrizia del ritrovare se stessi. Dell’abbandonarsi a una lettura, a un’opera d’arte, a un film, a una musica, a quelle sensazioni che fanno battere davvero il cuore e ci trascinano verso la contemplazione della bellezza. È una pigrizia tutta da scoprire, come recita, con un titolo accattivante, il libro Elogio della pigrizia (edizioni Dehoniane) scritto da Jacques Leclercq

    La nostra pigrizia, per un’esistenza più lenta e pacata, è un soffio di felicità, secondo quanto diceva il filosofo Pascal: “La felicità vera sta solo nel riposo e non nel tumulto”. Aggiungendo l’invito a stare almeno un’ora al giorno a pensare  a se stessi. A concentrarsi, pigramente, nel proprio stato d’animo

    La pigrizia in azienda fa risparmiare 

    Andrea Giuliodori, Founder di EfficaceMente sostiene ci siano casi in cui pensare come un pigro potrebbe essere economicamente vantaggioso e renderci più produttivi

    1. Un pigro è furbo. Per quanto ci si possa sforzare, non si riuscirà mai a far lavorare un pigro più del dovuto. Un pigro ricerca costantemente il modo per non lavorare più di quanto strettamente necessario. 
    2. Un pigro è efficace. Un pigro cerca sempre di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo: come un gatto, un pigro concentra le energie necessarie per raggiungere il suo obiettivo in un lasso di tempo ristretto e poi torna ad oziare al sole.
    3. Un pigro sa definire le priorità. Se un pigro è costretto a completare 100 attività, inizierà sempre dalle 3 che gli possono garantire l’outcome maggiore. Un pigro non spreca tempo con le attività di scarso rilievo: se costringete un pigro a lavorare andrà subito al sodo, impegnandosi sulle attività di maggiore impatto.
    4. Un pigro conosce il valore del tempo. Non c’è cosa che infastidisce di più un pigro di chi approfitta del suo tempo; per questo motivo un pigro è un artista delle tecniche di gestione del tempo. Per un pigro ogni minuto di lavoro è unico e prezioso, ma soprattutto, ogni minuto di lavoro è un minuto rubato all’ozio.
    5. Un pigro sceglie sempre il sentiero più breve. Di fronte all’inevitabile, un pigro sceglie sempre il sentiero più breve: un pigro non procastina i propri doveri, perché sa che procrastinare i propri doveri significa procrastinare gli adorati momenti di piacere.
    6. Un pigro conosce e sfrutta la leva. Archimede è il santo protettore dei pigri. Date ad un pigro una leva e solleverà il mondo… comodamente seduto sulla poltrona di casa. Che si tratti di sfruttare il potere della delega o di utilizzare la leva finanziaria, un pigro troverà sempre il modo per ottenere i risultati desiderati con il minimo impegno possibile… il suo naturalmente.

    La maggior parte pensa a Ben Franklin come un gran lavoratore, vanno però ricordate le sue parole “l’uomo più pigro del mondo. Ho inventato tutte quelle cose per salvarmi dalla fatica. “Anche se una persona pigra potrebbe non avere il desiderio di lavorare senza sosta, ciò non significa che non abbia ambizioni. Franklin era pigro, quindi ha inventato modi per lavorare più facile, voleva fare meno lavoro. È l’idea di abbracciare la pigrizia e usarla a proprio vantaggio.

    Se esiste una buona scorciatoia o un metodo più efficiente per eseguire un’attività, una persona pigra tenterà di capirla. D’altronde la società non è passata dal camminare ai cavalli, dai treni alle automobili, agli aeroplani, perché a tutti piace correre su lunghe distanze. Ogni essere umano possiede una naturale pigrizia, che ha portato a tutto, dalle microonde ai telecomandi.

    La pigrizia come tratto e la pigrizia come atteggiamento

    Una persona pigra non ha un insaziabile bisogno di rimanere occupata. Piuttosto, una persona pigra abbraccia i tempi di inattività. Una persona pigra non lavorerà per il gusto di lavorare sodo. Di conseguenza, una persona pigra mantiene la sua mente fresca e riposata, il che porta a una migliore produttività perché un lavoratore riposato che minimizza i compiti ha una maggiore attenzione, quindi una maggiore efficacia.

    Le persone pigre preferiscono non lavorare, ovviamente. Se esiste un’opportunità per delegare il lavoro ad altri, i lavoratori pigri condivideranno felicemente il carico di lavoro. Inoltre, nessun lavoratore pigro vuole ripulire il caos di un altro lavoratore, quindi sono abili nel trovare la persona giusta per fare il lavoro. Inoltre, le persone pigre si astengono dal microgestire, evitare incontri senza fine e non necessitano di costanti aggiornamenti di stato. Tendono a porre domande generali e guidare i propri lavoratori. Evitano anche di raccogliere opinioni, perché ciò spesso porta a più lavoro. Alla fine, la pigrizia può portare a una gestione efficace perché i lavoratori pigri selezionano la persona giusta per il lavoro giusto, lasciano che quella persona faccia il proprio lavoro e quindi passa all’attività successiva.

    La pigrizia raramente porta a combattere o pugnalare qualcuno alla schiena per andare avanti al lavoro, parlando metaforicamente. Se è una scelta tra la politica dell’ufficio e passare una giornata senza drammi, una persona pigra di solito eviterà il dramma.

    Una cosa però è essere pigri e creare metodi con cui semplificare un lavoro. Un’altra cosa è essere pigri e rifiutarsi di fare al meglio il proprio lavoro. Come sostiene Mauro Scardovelli, la pigrizia è la matrice fondamentale delle nevrosi. In uno stato depressivo c’è una dose importante di pigrizia. Ogni volta che evitiamo, ci stiamo indebolendo.

    Noi siamo molto più intelligenti di quanto crediamo. Oggi però c’è una disabilità mentale diffusa. L’intelligenza si può sviluppare solo ad un patto: che il centro del cuore si apra come un fiore di loto.

    Si apra a che cosa?

    Alla relazione.

    Noi siamo esseri creativi ed è pazzesco come ci riduciamo…La pigrizia è l’incapacità di guidare se stessi ed è uno dei più grandi ostacoli alla crescita spirituale. Fare ciò che è indispensabile e non di più fa parte di un sistema di risparmio economico. La pigrizia è una maniera di esternalizzare i costi della propria cattiva politica economica personale.

    Non so governare me stesso, non so tenere a bada gli elementi di disturbo.

    Così faccio pagare il prezzo al gruppo con cui collaboro che non può evolvere.

    La pigrizia è un inquinante che impedisce lo scorrere dell’amore.

    Per essere capaci di amare bisogna vincere con benevolenza la propria pigrizia.

    Decidere se affidarci ad un atto di pigrizia o no è un atto di discernimento.

    Come si fa a discernere?

    Recupero energie? E’ veramente utile? O è una carezza all’ego ?

    Meno accarezziamo l’ego più andiamo da qualche altra parte…verso la vita che vogliamo realizzare.

    D’altro canto, la vita è realizzare chi siamo.

    Mi piace molto una definizione che ho sentito dire da Scardovelli durante un suo seminario:

    “Noi apprendiamo non perché portiamo qualcosa dentro, ma perché togliamo le ingessature mentali.

    Quando riusciamo a fare questo, vedrete che gioia alzarsi al mattino come essere completamente nuovo, ogni giorno”

    Ci vogliono menti musicali, menti che danzano, un pensiero pulito non incastrato.

    Quali le radici della pigrizia?

    Per vincere la pigrizia si ha bisogno di creare un alto senso di se stessi: ‘Devo farlo per me’. Quando mi rifaccio il letto al mattino, lo faccio per me perché merito e desidero vivere in un ambiente ordinato. Quando lavo i piatti e li rimetto a posto, lo faccio per me, perché ho diritto a vivere in un luogo pulito. Quando porto a termine un progetto di lavoro, lo faccio per me perché desidero dare il mio contributo. Faccio queste cose a partire dal rispetto per me stesso e non solo a motivo di quello che gli altri potrebbero pensare. La pigrizia bussa alla nostra porta quando abbiamo più bisogno di uscire, di rischiare, di provare cose nuove. Si tratta di una “strategia emotiva e mentale sbagliata” che apparentemente ci protegge da tutto quello che ha il sopravvento su di noi, da ciò che ci fa stare male, da ciò che ci spaventa. Per questo la pigrizia compare nelle nostre vite proprio quando siamo sul punto di esplodere, quando i problemi sono troppi, quando tutto ci fa male e non sappiamo che cosa fare o non vogliamo fare nulla.

    Jerome Klapka aveva scritto una frase che rendeva bene l’idea di pigrizia: “Il lavoro mi piace, mi affascina. Potrei stare seduto per ore a guardarlo”.

    La pigrizia può essere una virtù degenerata e nasce e si alimenta da una radicale noia di vivere. È espressione di un vuoto spirituale nel quale non si incontra né Dio né l’uomo. Il vizio si configura quando l’uomo non si scuote, non ingaggia battaglia, ma si lascia abbracciare, cullare, assorbire dai tentacoli del vuoto. Il peccato si annida non tanto nella sensazione di vuoto, ma nella sua accettazione come situazione invincibile. La pigrizia non è semplice inattività.

    In Hindi, la parola equivalente a ‘fare uno sforzo’, ‘pursharath’ significa letteralmente ‘per il bene dell’anima’. Perciò, quando si fa qualcosa, facciamo in modo che sia a beneficio dell’anima e non solo lagna e fatica.

    Quali quindi le radici della pigrizia? 

    Sicuramente una delle cause, tenendo conto il contesto attuale, è da ricercare in un eccesso vizioso nel consumo dei beni, delle esperienze, delle emozioni. Ogni eccesso non stimola, ma satura. Ed è qui che s’impianta la pigrizia. Nel Buddismo la parola Kausidya viene comunemente tradotta come ‘pigrizia’ o ‘inerzia spirituale’, volendo dire che per quanto qualcuno possa essere dipendente dal lavoro e lavorare 16 ore al giorno, se questo qualcuno non dedica un po’ di tempo a coltivare la virtù o a purificare la mente, viene chiamato pigro.

    E allora …Sii pigro una volta ogni tanto!

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