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  • Il metodo

    TRASFORM-AZIONE VERA: Il FARE e la routine del mattino

    La routine del mattino ci ricorda che non esiste un giorno uguale all’altro.

    Ma come? Se è una routine … 

    Joel Olsteen, pastore protestante statunitense, ha detto “La vita inizia ogni mattina”.

    Creare una routine del mattino ti aiuta a sostenere il TUO rinnovamento quotidiano:

    • Ti sveglierai ogni mattina più energico e pronto a massimizzare il tuo potenziale.
    • Sarai meno stressato.
    • Avrai la capacità di superare qualunque ostacolo o sfida.
    • Migliorerai la tua salute generale, e sarai nella migliore forma fisica della tua vita. 
    • Sarai più produttivo e concentrato sulle tue priorità.
    • Avrai la forza per raggiungere i tuoi obiettivi. 

    ·  

    Una routine del mattino non farà miracoli al posto tuo. 

    Scoprirai che la  TUA morning routine non toglie tempo alla tua giornata, ma ne  aggiunge.

    Non è la routine che fa il supermanager, né il sacrificio della vita personale

    La bravura starebbe proprio nel trovare un equilibrio tra questi due aspetti e il senso di ciò che facciamo ogni giorno, e del come lo facciamo.

    Nel 2016 Laura Vanderkam, esperta di gestione del tempo e scrittrice, nel suo libro«What the Most Successful People Do Before Breakfast: A Short Guide to Making Over Your Mornings and Life», indagava che cosa fanno le persone di maggior successo prima della colazione, per iniziare la giornata nel modo più produttivo: da Richard Branson a Sergio Marchionne, da Jack Dorsey a Robert Iger tutti avevano una routine del mattino.

    ll modo in cui trascorri le prime cinque ore della tua giornata può aiutare a viverla al meglio. La routine aumenta inevitabilmente l’efficienza, poiché evita di porti di fronte a delle decisioni, facendoti risparmiare tempo ed energia. 

    Tra il DIRE e il FARE c’è di mezzo…la TUA routine del mattino

    “Svegliarsi presto non fa per me.”

    “ Non ho tempo da dedicare a altre cose”

    “ Prima delle 7 io non esisto”

    Ti riconosci in queste affermazioni? In effetti sono più comuni di quanto non si creda.

    Il primo passo per attivare una buona pratica mattutina è di fatto svegliarsi per avere il tempo di praticare.

    Ma perché proprio al mattino? 

    Perché durante le prime ore la nostra volontà è più forte e gli stimoli esterni non ci colpiscono. 

    Quindi il primo grande atto di coraggio è anticipare la sveglia.

    Non occorre che la tua sveglia suoni alle 5!

    Ti sei mai chiesto quante ore di sonno siano davvero necessarie al nostro organismo? 

    Si dice che la quantità ideale si aggiri tra le 7 e le 9 ore per la maggior parte degli adulti, ma è davvero così? 

    Io, circa 20 anni fa, prima di rendere la mia pratica mattutina una routine, ho fatto una serie di prove. Ho provato ad andare  a dormire puntando la sveglia dopo 5 ore. Il giorno dopo ho puntato la sveglia dopo 6 ore, e il giorno successivo ancora dopo 7. Il risultato non cambiava molto. Continuavo a sentirmi stanca, a dirmi che “ dormivo troppo poco”ecc.

    Una mattina però dovevo essere in aeroporto all’alba per prendere il volo che mi avrebbe portato da quello che allora era il mio fidanzato, che non vedevo da 3 settimane. Indovina un po’? Dopo sole 5 ore di sonno ero in piedi, fresca come una rosa! Per lo stesso principio, un bambino di 10 anni farà dei capricci infiniti per svegliarsi per andare a scuola ogni mattina, e magicamente la mattina di Natale sarà carico come una molla già dalle 7. 

    Credo sia chiaro dove voglio arrivare.

    All’inizio può bastare iniziare con 20 minuti prima del solito orario.

    Con la ripetizione, e la percezione dei primi benefici saremo indotti naturalmente a ricercare un tempo maggiore.

    L’allenamento alla routine si riflette sulla tua quotidianità, favorendo un mindset che ti verrà in soccorso ogni volta che dovrai affrontare un imprevisto o prendere velocemente una decisione.

    Così come un corpo allenato ti restituisce prestazioni migliori, anche una mente allenata all’ordine, alla sequenza, alla presenza ti restituisce un modus operandi che riflette quell’approccio.

    Nel  libro “Il club delle 5 del mattino” Robin Sharma descrive 5 regole fondamentali:

    • Regola n° 1 – La dipendenza dalla distrazione è la fine della tua produzione creativa. Chi fa la storia si prende un ora per sé prima dell’alba per prepararsi ad una giornata di prim’ordine.
    • Regola n° 2 – Le scuse non alimentano il genio. Soltanto perché finora non hai coltivato l’abitudine di alzarti presto non significa che tu non possa farlo adesso.
    • Regola n° 3 – Ogni cambiamento è duro all’inizio, problematico nel mezzo e glorioso alla fine. Tutto ciò che ora trovi facile lo hai trovato difficile all’inizio. Con l’esercizio costante, alzarsi con il sole diventerà un automatismo.
    • Regola n° 4 – Per avere i risultati dei Top 5%, devi iniziare a fare ciò che il 95% della popolazione non vuole fare. Quando inizierai a vivere così, la maggioranza della popolazione ti definirà pazzo. Ricorda che essere etichettato come un tipo strano è il prezzo della grandezza.
    • Regola n° 5 – Quando senti che sei sul punto di mollare, resisti. Il trionfo ama gli inflessibili.

    L’importanza dell’INTENTO nella routine del mattino

    L’intento è il punto di convergenza tra la mente cognitiva e il mondo delle emozioni.

    E’ la direzione che l’arco dà alla freccia. Se sposto il focus cambia la direzione.

    Ma intendere significa tendere all’interno ( in-tendere)

     Nel momento in cui cambio il punto di vista ( l’intento) e inizio la giornata pensando a :

    • dove sono
    • chi sono
    • chi voglio essere
    • a chi sto dando il mio potere
    • cosa voglio per la mia giornata
    • a chi sono grata per questa giornata 

    sto concretamente spostando  il mio intento dall’esterno verso l’interno. 

    Qual’è il tuo primo pensiero appena apri gli occhi?

    Diverso è sentire il suono della sveglia, mettere in moto la gabbia del criceto con la lista di pensieri, catapultarti in doccia, bere velocemente un caffè guardando le mail e considerare normale, ancora prima di iniziare, essere già carico di impegni e con poco tempo per affrontare tutto quello che c’è da fare. 

    E’ così che parti già stanco, in agitazione e, spesso, sopraffatto dal fare sin dalle prime ore del mattino.

    Ma da chi dipende?

    Creare una routine del mattino ti permette di iniziare la tua giornata concentrato in ascolto e con un intento chiaro.

    In “Descrivere l’indescrivibile, Hsing Yun ci regala questa bella definizione di intento:

    L’intento è il nucleo di tutta la vita cosciente. E’ l’intento che genera il karma, è l’intento che aiuta gli altri, è sempre l’intento che ci distoglie dall’illusione dell’individualità e ci orienta  verso le immutabili verità della coscienza risvegliata. L’intento cosciente colora e muove ogni cosa.”

    L’intento sottende alle nostre azioni.

    La routine del mattino in assenza di sforzo

    Quando la routine è installata nella nostra giornata noi non abbiamo più bisogno di sapere, di controllare, di conoscere.

    Siamo in uno stato ordinato e ciclico che ci riallinea alle frequenze dell’Universo: non ci sono cose a caso in natura, se riusciamo a vivere in routine riusciamo ad avere una mente più strutturata e allineata alle regole del Tutto.

    E dove non c’è caos, non c’è affanno.

    E’ un pò come se impostiamo il risparmio energetico alla nostra mente, la routine mattutina evita l’affaticamento mentale. Preparare i vestiti per l’attività fisica e per il lavoro, fissare gli impegni della giornata la sera prima, non ruberà energia alle mansioni più importanti.

    Anche il nostro rapporto con il tempo cambierà.

    L’idea della routine non piace a nessuno, di fatto, ci sembra un privarci della nostra libertà. Sottrarre tempo al poco che già abbiamo.

    E il tempo oggi è una delle risorse fondamentali per gli esseri umani: ne abbiamo poco, e quello percepito come perso è di fatto non recuperabile.

    Avere la routine invece diminuisce la necessità di pianificare, di avere tempo per farlo, e ci solleva dall’esigenza di pensare a come allocare le proprie esigenze. Il tempo è recuperato, espanso, migliorato.

    Di fatto ci allena al pensare meno, evitando la procrastinazione e accelerando l’atto primario di creazione: IL FARE.

    La routine del mattino va costruita

    Non esiste un format di routine che va bene per tutti.

    La morning routine è estremamente personale.

    Si può costruire a step, scegliendo alcune pratiche tra varie possibili.

    Presto ti accorgerai di non togliere del tempo alla tua giornata, ma di aggiungerne.

    Occorre che il ritmo di ognuno sia allineato con quello delle energie che lo muovono.

    Per esempio, ecco come potrebbe svilupparsi una sequenza tipo:

    1. Respirazione: mentre sei ancora sotto le coperte, ascolta il corpo e chiediti come vuoi sentirti oggi. Stiracchia il corpo e fai una respirazione profonda per almeno 3 inspiri e 3 espiri calmi e profondi.
    1. Affermazioni di potere: ripeti alcune affermazioni ogni mattina che ti riportino velocemente a come vuoi vivere ed essere nella giornata. Esempi di affermazione di potere possono essere: io sono attento e accogliente, io sono in ascolto e paziente, io sono creativo e cooperativo, io sono disponibile e connesso, ecc. Pensa a cosa desideri. Può essere qualunque cosa: fitness, business, vita personale. Pensa a perché lo desideri. Capire quali sono le motivazioni che ti portano a desiderare una determinata cosa ti aiuta ad avere uno scopo ben preciso. Pensa a chi vuoi diventare per realizzarlo. A differenza del film, non puoi cambiare la tua vita con un clic. Devi essere tu il primo a cambiare. Pensa a cosa sei disposto a fare per ottenerlo. Se vuoi dimagrire, potresti impegnarti a correre 10km al giorno. Se vuoi migliorare la gestione del tuo business, potresti impegnarti a seguire un corso di formazione al mese. Lo scopo della visualizzazione è quello di generare dei risultati positivi immaginando comportamenti e risultati che vorresti si verificassero. Gli atleti utilizzano spesso questa tecnica prima delle gare più importanti. Immaginare – visualizzare – il risultato di una partita, di una gara, li aiuta a raggiungere i loro obiettivi. Non solo atleti, però. Diversi personaggi famosi e di successo hanno dichiarato che le visualizzazioni hanno letteralmente cambiato la loro vita.  
    1. Visualizzazione: usa la mente immaginale (noi pensiamo prima per immagini che per parole). Utilizza al meglio questo dono che abbiamo tutti e crea immagini ricche di dettagli di cosa vuoi e di come vuoi essere nella tua giornata. Prova a immaginarti già  inserito nelle riunioni, nelle telefonate, nei pranzi di lavoro ecc. immagina toni, espressioni, abbigliamento, ambienti luci ecc. Preparati. Scegli in una posizione comoda, respira profondamente, chiudi gli occhi, libera la mente e preparati alla visualizzazione.Visualizza quello che desideri. Non lasciare che la paura del successo ti impedisca di visualizzarlo. È più comune di quello che pensi. Tendiamo ad avere paura di immaginare qualcosa di troppo. Troppo bello, troppo grande, troppo successo. “E se non si dovesse verificare?” Abbandona tutti i pensieri negativi e concentrati su quello che desideri davvero. Visualizza chi devi essere e cosa devi fare. Non appena avrai una chiara immagine di quello che desideri, visualizza cosa devi fare e la persona che devi diventare per fare in modo che quella visione si trasformi in realtà. Crea una vision board. Questo non deve necessariamente far parte della visualizzazione, ma se sei una persona creativa – o vuoi cimentarti in qualcosa di nuovo – prendi in considerazione l’idea di creare una vision board. Può essere un’attività divertente, quasi un hobby, e l’unico limite è la tua creatività.  
    1. Silenzio: Il silenzio è uno dei modi migliori per ridurre lo stress, conoscerti meglio e guadagnare la chiarezza necessaria per restare concentrati sui tuoi obiettivi e sulle tue priorità. Meditazione o preghiera con riconoscimento di gratitudine alla vita e alle nuove opportunità che nasceranno durante la giornata. Vedi questo silenzio come un regalo che fai a te stesso.
    2. Attività fisica: Muovere il corpo inonda il sistema di dopamina e questo aiuta ad avere più fiducia e a lavorare in modo più produttivo. “Se non trovi il tempo per fare esercizio, probabilmente troverai il tempo per ammalarti“ Robin Sharma
    3. Lettura o scrittura: il cervello, in particolare la corteccia prefrontale, è più attivo e prontamente creativo subito dopo il sonno. Quindi leggere e appuntarsi le cose, può dare chiarezza alle idee e ci aiuta a migliorare il nostro sapere. “La lettura è per la mente ciò che l’esercizio è per il corpo e la preghiera per l’anima: diventiamo i libri che leggiamo.” Matthew Kelly Un calcolo veloce? Considera che leggendo solo 5 pagine al giorno, in un anno avrai letto ben 1825 pagine, quasi 9 libri. E questo solo con 5 pagine. Pensa cosa potresti fare con 10 o 15.

    Creare una routine che si basi su tutte o solo alcune di queste pratiche è utile soprattutto a chi si ritrova in situazioni che sembrano ripetersi, in cui il procrastinare sembra l’unica soluzione possibile. Per chi non attiva i meccanismi di apprendimento che gli consentono di evolvere invece di stare.

    La nuova buona pratica porta a circoli virtuosi che spezzano le abitudini che non ci servono più, che non sono funzionali al fluire della nostra energia.

    Alcune previsioni di come potrebbe andare la TUA routine del mattino

    Ecco una previsione  di come potrebbe andare il tuo primo mese di morning routine:

    • Fase uno – Insopportabile (Giorno 1 – 10) Cerca di resistere, e ricorda che i primi giorni sono solo temporanei, nulla permane per sempre. Il nostro inconscio non vuole mai il cambiamento. Dobbiamo mandare un’informazione nuova al nostro corpo e alla nostra mente che quello che stiamo facendo lo stiamo facendo per il nostro bene. Il primo giorno potresti svegliarti carico, ma difficilmente i giorni seguenti sarai pieno di energie, al suono della sveglia. La notizia positiva è che devi solo superare quel primo, insopportabile momento: non appena avrai iniziato la tua routine del mattino  ti sentirai come nuovo.
    • Fase due – Disagevole (Giorno 11 – 20) La sveglia non è più insopportabile, hai già iniziato a vedere i primi vantaggi della tua morning routine e sei disposto a continuare. Ti sarai abituato alle difficoltà principali, ma il tuo corpo e la tua mente sono già pronti a beneficiare di tutti i vantaggi che comportano le tue attività. 
    • Fase tre – Inarrestabile (Giorno 21 – 30) Ci sei quasi, l’abitudine è quasi del tutto formata. Un ultimo sforzo, e quello che sembrava un obiettivo irraggiungibile è diventato parte integrante non solo della tua daily routine, ma della tua identità. Probabilmente a questo punto stai già parlando a tutti della tua incredibile routine del mattino, e di tutti i vantaggi che hai riscontrato.

    Ti  invito dunque ad anticipare la sveglia, e a non perdere il prossimo articolo per iniziare insieme una piccola grande rivoluzione mattutina.

    Se poi ti sei perso i 4 precedenti articoli del  verbo “DIRE” ecco i link:

    . IL DIRE E IL RISPETTARE LE REGOLE IN AZIENDA E NELLA VITA

    . IL DIRE E L’AVERE SUCCESSO IN AZIENDA E NELLA VITA

    . IL DIRE E LA COMUNICAZIONE EMPATICA E POTENZIANTE

    . IL DIRE IMPLICA IL VERBO SBAGLIARE

    Se invece sei alla ricerca di un supporto, puoi contattarci e saremo felici di poterti accompagnare nello sviluppo del benessere organizzativo e dello sviluppo umano in  azienda, attraverso il metodo Energyogant di myHARA, concreto e misurabile

    Simona Santiani 3387438166 – info@myhara.it

  • Il metodo

    La bellezza dell’incertezza del futuro

    Perché la nostra mente, prima di compiere qualsiasi azione, cerca di vagliare il maggior numero di possibilità?

    «La vita si vive nell’incertezza, per quanto ci si sforzi del contrario. […] nessuna [decisione] sarà esente da rischi e assicurata contro insuccesso e rimpianti tardivi. » (Zygmunt Bauman, L’arte della vita, 2008)

    Spesso da bambina avevo la sensazione di andare in una direzione ben precisa, come se stessi seguendo una linea invisibile. Il senso di incertezza non mi apparteneva, come probabilmente all’inizio non appartiene a nessun bambino. 

    Ho sempre sentito che il nuovo era in qualche modo predestinato e, il più delle volte, ero certa che qualsiasi cosa avessi fatto o vissuto sarebbe stata sempre la cosa giusta.

    Grazie a questa certezza dell’incerto mi sono spesso permessa di osare, a volte anche troppo. 

    Lungo il percorso della mia vita ho compreso che le persone che ho conosciuto, i libri che ho  letto, i partner che ho avuto, i cambiamenti di lavoro che ho fatto mi hanno aiutato a compiere il prossimo passo.

    Grazie al lavoro di crescita personale, che con passione perseguo dall’età di 18 anni, ho compreso di voler sempre seguire la via più giusta per me con un’innata certezza.

    Tuttavia tutte le volte che questa, veniva o viene a mancare, mi è sempre capitato di essere aiutata – a volte anche strattonata – da situazioni, persone, eventi  che velocemente mi fanno e mi hanno sempre fatto  tornare in me per riprendere la direzione giusta per me. Questo oggi lo definisco il sano egoismo vitale: quello che ci permette di “darci” di “metterci a servizio” in pienezza e nutrite per poterci aprire allo scambio senza essere prosciugati.

    A causa di questo “direzionamento”, molte volte mi sono ritrovata a far fatica a capire chi mi diceva: “ho provato a fare questo lavoro, ma ho solo perso tempo” oppure “ho frequentato questo corso – o – ho seguito questo personaggio, ma ho deviato il mio percorso”.

    Con questa certezza dell’incertezza ho sempre seguito la linea insondabile che mi ha portato – e sempre mi porterà – dove devo essere, in ogni momento e situazione.

    Questa traccia intensa non è sempre stata piacevole: a volte è stato più facile seguirla, altre volte molto dolorosa e straziante. 

    Ma, avendo avuto un’educazione dove il motto di mio padre era “Non mollare mai”, non mi sono mai tirata indietro e ho sempre accettato le conseguenze e gli effetti collaterali dei diversi vissuti.

    Il risultato di tutto ciò è che non mi sono mai pentita di quello che la vita mi ha sempre generosamente e abbondantemente dato. Mi sono sempre sentita, una ragazza prima e una donna poi, fortunata.

    È un dono che mi sono costruita con una ferma intenzione: voglio essere viva ad ogni istante!I Non importa se sto bene o male, ma voglio vivere davvero questa vita. Costi quel che costi!

    È la scelta più dolorosa e liberatoria che abbia mai fatto.

    Dall’incertezza del futuro non si può scappare

    Paradossalmente questa sembra essere l’unica certezza che si ha su di essa. 

    I nostri mezzi ‒ che sono il pensiero, la parola, le azioni ‒ non appaiono fino ad ora strumenti sufficienti a togliere l’incertezza della nostra vita.

    Dobbiamo prendere atto del fatto che l’incertezza del futuro, come la contraddizione, sono parte della nostra natura e, solo in questo modo, potremmo rendere i nostri passi meno pesanti, meno turbati da queste compagne di vita.

    L’incertezza però ha sempre una feritoia di luce che taglia il buio: altrimenti sarebbe disperazione. 

    Quella luce ci rivela l’esistenza delle possibilità ma anche ci rivela quanto è in divenire quello che abbiamo di fronte a noi

    Non sappiamo mai in che direzione volgeranno le cose.

    Quanto conta  l’energia personale nell’incertezza del futuro?

    È in questo momento che l’umore e la nostra energia fanno la differenza. 

    Se il nostro umore è basso stentiamo a sopportare l’incertezza e preferiamo lamentarci di quello che accadrà. 

    Se il nostro umore è alto ci metteremo nella luce e decideremo che andrà tutto bene. 

    L’incertezza è una fatica perché ci mette di fronte al fatto di non sapere come andrà a finire. Ci permette, come dice Emily Dickinson, di abitare la casa delle possibilità.

    Vivere è una forma di incertezza, non sappiamo cosa verrà dopo e come. Nel momento in cui conosciamo già cosa succederà dopo è come se cominciassimo a morire un po’. 

    Un artista non sa mai esattamente cosa sta facendo un po’. Lo supponiamo ma il vero salto lo facciamo dopo aver fatto un passo nel buio. (Pema Chodron)

    La paura dell’incertezza del futuro

    Vivere nella perenne incertezza ci fa invadere dalla paura. 

    Paura di perdere la possibilità di sostenersi economicamente, paura di non poter proteggere economicamente la famiglia che abbiamo creato, o di non poter costruire un futuro. Stati d’animo che stagnano dentro ogni lavoratore precario e non precario. 

    La vita organizzativa è apparentemente sempre meno priva di certezze. 

    Cosa faremo tra cinque anni? Quale sarà il responsabile fra due anni o fra sei mesi ? Con quale team ci confronteremo  fra un anno? Domande senza risposta che alimentano l’incertezza nel futuro.

    La preoccupazione di non sapere se sarai licenziato, se sarai in grado di pagare le tue bollette e se hai ancora un futuro all’interno di un’organizzazione, è ovviamente molto stressante.

    Più le persone si preoccupano di perdere il lavoro, più basso è il loro benessere e più si rilevano problemi di salute.

    La preoccupazione di perdere il proprio lavoro non motiva, anzi in genere porta a prestazioni peggiori sul lavoro.

    Ci piace avere il controllo su tutto ciò che succede, però non tutto dipende da noi. Il futuro è incerto e, di conseguenza, proviamo disagio, ansia, paura, frustrazione e impotenza.

    Per coloro che quotidianamente sono costretti a convivere con disturbi psicologici quali la depressione e l’ansia, sopravvivere all’incertezza potrebbe rivelarsi un ostacolo davvero insormontabile.

    Cosa possiamo fare per imparare a convivere con l’incertezza del futuro?

    1. Capisci che la certezza non esiste.

    La nostra vita è in continuo cambiamento e l’unica certezza che abbiamo è probabilmente che non esistono certezze. Pensare di potere controllare ciò che ci accade è illusorio. Volere gestire e controllare tutto impedisce di comprendere che l’incertezza nel futuro è parte integrante delle nostre vite e come tale va accettata.

    2. Accetta l’incertezza.

    Non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro: per questo, invece di lottare contro l’insicurezza è preferibile osservarla, riconoscerla ed accettarla.

    3. Vivi il presente.

    Non possiamo cambiare il passato e il futuro è incerto. Ciò che possiamo cambiare è il presente. 

    Pertanto focalizziamoci su di esso e concentriamoci sul qui ed ora godendo degli aspetti positivi che abbiamo, sviluppando gratitudine anche per le piccole cose, ponendo attenzione ai dettagli e agendo quando qualche aspetto della nostra vita non va come vorremmo. 

    4. Ridimensiona la paura del fallimento.

    Nel caso della preoccupazione per il lavoro è importante concentrarsi sul positivo, sui nostri comportamenti che hanno buone probabilità di successo e crearsi delle alternative al proprio lavoro attuale, tenendo in considerazione le nostre aspirazioni ma anche la realtà del mercato del lavoro.

    5. Allena la resilienza.

    L’incertezza ci spaventa soprattutto perché temiamo di non riuscire a reagire in modo adeguato agli eventi, soprattutto a quelli negativi. Tendiamo a sottovalutare le nostre capacità di adattamento agli avvenimenti meno lieti, ma in realtà, dopo avere provato impotenza o incertezza, riusciamo a ritrovare un equilibrio. La resilienza va esercitata.

    6. Analizza le emozioni.

    Le emozioni che proviamo sono un feedback dal quale trarre suggerimenti sulle decisioni o sui comportamenti da attuare. Ascoltare le proprie emozioni dà la possibilità di scoprire valori e credenze profonde che ci guidano e quindi eventualmente rivederle nel caso in cui non risultino più essere funzionali per noi.

    7. Confrontati.

    Condividere i propri stati d’animo e le proprie preoccupazioni aiutano a comprendere che ognuno ha un rapporto diverso con le incertezze e il confronto giova ad acquisire punti di vista.

    Muoversi nell’incertezza del futuro

    Ciò che è vivo sfugge al nostro controllo!

    Le persone ci sorprendono, la vita ci sorprende e tutta la nostra certezza e la nostra sicurezza non sono altro che un momento di stabilità in mezzo al mare dell’instabilità. 

    Rimanere fermi, non rischiare, non ci garantirà una vita sicura. Ci garantirà solo una vita immobile.

    Si può certamente scegliere di vivere così, non c’e’ nulla di male anzi, forse per certi aspetti, si vive più a lungo. Ma è triste.

    Così ogni volta che senti incertezza domandati: come posso aprirmi  al nuovo? Cosa mi porta la giornata di oggi? Cosa devo comprendere di questa giornata?

    Spostare l’attenzione dal conosciuto allo sconosciuto ci permette, ogni giorno, di nascere più saggi e non più vecchi.

    La cosa più commovente della vita è la sua incertezza. Lo so e lo sento.

    E riconosco che c’è una bellezza nella fioritura e una bellezza nel cambiamento. Non possiamo più accontentarci di dire che è bello un ramo fiorito: abbiamo bisogno di imparare a riconoscere la bellezza anche quando e’ rinsecchito e che proprio  la sua trasformazione contribuisce alla bellezza: una bellezza che includa imperfezione e ’incertezza.

    Se c’è una cosa che può costantemente bloccare dall’ottenere quello che si vuole nella vita è l’incertezza. 

    In realtà, non è proprio l’incertezza, ma il modo con cui siamo abituati a reagire. 

    La ragione principale? La paura dell’incertezza. 

    Questa paura può fermarci sul posto.

    Possiamo diventare amici dell’incertezza, perché per quanto spiacevole possa essere, ne riconosciamo il valore, diamo atto e diamo dignità ad un qualcosa che è già qui con noi.

    Questa sembra essere una paura di fondo, presente e comune a tutti. Tutti noi vogliamo sapere se le cose succederanno, come accadono e quando. Ci piace l’idea di poter predire con esattezza come le cose si evolveranno in ogni aspetto. 

    Ma la vita resta incerta. Più otteniamo nella vita e più si aprono incognite, più rivoluzionari siamo, meno certezze incontriamo.

    Se andiamo a smascherare le nostre più grandi paure, ciò che sottende è  un nucleo di incertezza.

    Tutto ciò che noi evitiamo viene registrato dal nostro sistema nervoso come una minaccia e  il nostro sistema nervoso innesca sempre  una reazione difensiva,come l’attacco-fuga. Questo succede anche se semplicemente immaginiamo la situazione.

    Ci sono un sacco di cose su cui abbiamo una certa dose di influenza all’interno delle nostre vite, ma ci saranno sempre altre cose su cui non avremo mai il minimo controllo.

    Manipoliamo il mondo che ci circonda, per avere l’illusione di poter prevedere. 

    Ci raccontiamo che se ci prendiamo cura di noi, se ci occupiamo degli altri o se lavoriamo sodo, allora le cose saranno sicure, certe. Non lo sono.

    La mancanza di controllo è sconcertante e se davvero ci concediamo di sentirlo, è un po’ come sentire di cadere. Quando però abbracciamo questa sensazione può essere anche esilarante, non c’è più la paura a trattenerci dal fare qualcosa di nuovo.

    Alla fine, anche nella sensazione di cadere può cambiare il nostro punto di vista.

    Un conto è cadere da un  dirupo, diverso se ci tuffiamo da uno scoglio…

    L’incertezza del futuro, in realtà, è il nostro dono più grande

    Imparare ad amare l’incertezza è una delle cose più rivoluzionarie che possiamo fare.

    Nella nostra vita noi corriamo tanto: perché la velocità rafforza la sicurezza dei  nostri movimenti e annulla la percezione dell’incertezza, quell’elemento così fondamentale al nostro vero equilibrio.

    Spesso confondiamo cosa significa essere sicuri. 

    Se agiamo in maniera difensiva, infatti, possiamo avere una grande sensazione di sicurezza ma non è detto che ciò che facciamo ci metta davvero al sicuro. Anzi spesso è il contrario…

    Da dove origina la  paura dell’incertezza?

    Abbiamo paura dell’incertezza perché le nostre difese – attivate dalla rabbia e dalla paura – strutturano dei blocchi – fisici e mentali – che confondiamo con sicurezza. 

    Ci danno una percezione globale e ci fanno perdere i particolari e il loro continuo cambiare. Sopprimono emozioni che ci fanno paura, ma che così continuano ad essere nascoste dentro di noi e ad agire indisturbate.

    Quando siamo incerti le nostre difese sono abbassate, ci apriamo alla vulnerabilità  e cogliamo il mutare delle cose, lo spazio che c’è tra fare o non fare qualcosa, l’impossibilità di sapere prima come andrà a finire. Ci trema la terra sotto i piedi.

    Saggezza è usare le difese solo quando sono necessarie: per il resto proviamo a percorrere il territorio dell’incertezza perché ci porterà alle nostre vere emozioni.

    La nostra antipatia per l’incertezza ci fa dimenticare che solo attraverso l’instabilità possiamo camminare e andare avanti. Lo stesso camminare cos’è? Se non un tentativo continuo, ad ogni passo, di cadere e recuperare, cadere  e recuperare l’equilibrio.Solo attraverso l’incertezza apriamo nuove prospettive. 

    Fidarsi del cambiamento è un altro modo per fidarsi della vita e non viverlo come un nemico ma come un’opportunità  nella crescita.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Essere sempre preoccupati ci rende stanchi

    Essere sempre preoccupati è quasi un’abitudine.

    Cosa alimenta la nostra stanchezza oggi?

    La prima porta di accesso alla stanchezza è la PAURA

    Una persona non ha paura, se agisce.

    Spesso ci illudiamo che la fretta ci aiuti a raggiungere i nostri traguardi. 

    Nella maggior parte dei casi non è così.

    Dopo una giornata di lavoro capita di sentirsi stanchissimi, svuotati, senza più energie per far nulla, neppure per fare un po’ di sport o preparare la cena.

    Questo indifferentemente se siamo in smart working o in ufficio. Anzi spesso più nel primo caso.

    La causa di tanta stanchezza è spesso da attribuire ad un’alterata gestione delle emozioni e delle energie: sentirsi esausti è l’espressione fisica di uno stato neurologico, che coinvolge le nostre emozioni e il nostro corpo energetico.

    La paura ha come primo effetto il freezing, cioè ci paralizza.

    La paura è proprio la paralisi di un impulso.

    Un gatto inseguito da un cane non ha paura. 

    Se avesse paura il cane lo prenderebbe.

    Il gatto che deve scappare non ha tempo di avere paura.

    Quando la persona ha un impulso e lo trattiene, comincia ad avere paura.

    Capita spesso durante una giornata. 

    Vorremmo intervenire in riunione, chiedere un aumento di stipendio, contattare o abbracciare una persona, ma ci tratteniamo e teniamo la nostra energia chiusa, implosa.

    Noi siamo incredibilmente trattenuti in tutto.

    Quando una persona si sente stanca e senza energia?

    Quando prevalgono i “mi piace” sui social e NON nella vita.

    Come sostiene Igor Sibaldi, quando il “devo”, il “posso”, il “bisogna” contano più del “mi piace”.

    Quanto è importante il “mi piace” nelle tue decisioni e cambia lo stato di essere sempre preoccupati?

    Oppure è più facile dire “sì, questa cosa può piacermi…quindi la scelgo” oppure “devo farmi piacere questa decisione…”o “ bisogna che mi faccia piacere…”

    Tra “devo” e “bisogna” c’è una differenza: il devo riguarda la prima persona singolare (me stesso), il “bisogna” è collettivo e condivisibile.

    In azienda imperano facilmente entrambi.

    Solo che tra un “posso”, un “devo” e un “bisogna” trascorre tutta la giornata! Come ti ritrovi in tutto ciò?

    La seconda porta di accesso alla stanchezza è la PRE-OCCUPAZIONE

    La pre-occupazione è NON occuparsi di qualcosa.

    Il contrario di preoccuparsi è occuparsi.

    Se ti stai occupando di qualcosa NON ti preoccupi di quel qualcosa. Te ne stai occupando.

    Pre-occuparsi è trattenere quelle energie che ti permetterebbero di affrontare un determinato problema, che appunto per quello ti preoccupa.

    Nella nostra cultura ed educazione preoccuparsi appartiene ad un senso di responsabilità.

    Mi preoccupo perché sono responsabile.

    Addirittura, soprattutto in passato, c’è sempre stato quasi un “parlare bene della preoccupazione”

    Perché si parla bene della preoccupazione?

    Essere preoccupati sembra una cosa illustre, addirittura conviviale.

    Sono preoccupato di qualcosa e mi piacerebbe che anche gli altri lo fossero con me. 

    Così la preoccupazione sembra qualcosa di bello, legittima e mi fa sentire “ facente parte”.

    Non mi sento solo.

    Preoccupazione e Paura vanno a braccetto.

    Perché non provare a capovolgere completamente il punto di vista e i significati delle parole e invece di essere sempre preoccupati non preoccuparci mai più di niente!

    Viceversa, occuparci di tutto quello che ci interessa, soprattutto di quello che ci può portare verso situazioni, cose, persone che ci piacciono.

    La conseguenza dell’assenza di piacere è un accumulo di stanchezza, fisica, mentale emotiva.

    E allora aneliamo alle nostre vacanze come alla tregua dei nostri stati emotivi ed energetici.

    La terza porta di accesso alla stanchezza è il TRATTENERE

    Solitamente tratteniamo per non preoccuparci. Sembra un ossimoro.

    La pre-occupazione si mette in moto e il non dire, il non fare ci trattiene.

    Se tratteniamo abbiamo la sensazione di essere più al sicuro.

    Preoccuparsi significa tenere ferme le energie, il trattenere è l’estendersi di questo bloccarsi.

    Ecco che “posso”, “devo”, ”bisogna” appesantiscono la nostra vita ogni giorno e la nostra energia è sempre più trattenuta.

    Ci siamo riempiti di energia trattenuta.

    Non abbiamo più desideri o abbiamo desideri influenzati da preoccupazioni.

    Per esempio, soprattutto in questo momento c’è una forte preoccupazione nei confronti della salute.

    Il desiderio è: “Voglio essere sempre sano”.

    E’un desiderio impossibile, che genera conflitto interno, tensione e stanchezza.

    I disagi del tuo corpo sono informazioni che la tua mente da sola non è stata in grado di comunicarti. Per cui chiede aiuto al corpo fisico che offre l’opportunità di riflettere e trasformare. 

    E così aumenta la nostra stanchezza e preoccupazione.

    Paura, preoccupazione e trattenere abbassano la nostra energia emozionale.

    Ezra Pound disse “Non vi è intelligenza senza emozione”

    La preoccupazione sul lavoro e nella vita aumenta quando di fronte alle pressioni esterne, percepite come pericoli o minacce, si risponde con un atteggiamento, istintivo, primordiale di difesa e attacco

    Le neuroscienze sempre più ci dimostrano quanto le emozioni siano guidate da meccanismi fisici grazie alla produzione di ormoni che innescano una serie di risposte emozionali riconoscibili anche nel corpo fisico (es. battito cardiaco accelerato, contrazioni muscolari, perdita di focus e concentrazione) 

    La paura, il preoccuparsi, il trattenere generano emozioni e reazioni che possono diventare un fattore “inquinante” capace di contaminare le migliori intenzioni e gli sforzi lavorativi fino a dissipare tutte le energie.

    Spesso, anche in maniera inconsapevole, in azienda si usano, come stimolo all’azione, le emozioni negative di paura, rabbia e difesa per ottenere i risultati desiderati dai collaboratori.

    Una continua esposizione a forti emozioni negative determina un abbassamento del potere cognitivo del 30-40% per una durata di circa 40-60 minuti dall’esposizione alla “minaccia” nel breve termine. E nel lungo termine è dimostrata una maggiore incidenza di problemi di salute.

    I comportamenti che abbassano l’energia emozionale e alimentano la sensazione di essere sempre preoccupati.

    Vediamone insieme alcuni:

    1. Utilizzare un linguaggio non rispettoso lede il bisogno di sicurezza insito in ognuno di noi.
    2. Essere ingiusti con le persone alimenta un clima di sfiducia e di isolamento
    3. Non essere veramente interessati agli altri sottolinea il non far sentire importante l’altro come persona e la chiusura di chi non ascolta verso il nuovo e il diverso
    4. Non apprezzare abbatte i processi di miglioramento e crescita 
    5. Non dare feedback genera disorientamento e priva della possibilità di trasformare
    6. Mostrare disinteresse per il lavoro svolto dagli altri perché troppo concentrati su di Sé
    7. Accusare o criticare con il focus sulle criticità piuttosto che sulle soluzioni
    8. Fissare scadenze impossibili aumenta lo stato di stress e inadeguatezza
    9. Non fare domande strettamente legato al non ascolto, ma ulteriore aggravio di un arrogante atteggiamento nei confronti dei collaboratori
    10. Non dare spazio ai collaboratori, svilendo per accrescere il proprio valore 

    Le decisioni che prendiamo ogni giorno dipendono dallo stato emotivo in cui ci troviamo.

    Il 90% delle nostre decisioni avvengono dal mondo emotivo, anche se ben ponderate.

    Avere un buon livello di energia emozionale è fondamentale per incrementare e rendere sostenibile nel tempo la produttività personale e aziendale.

    Lavorare 10 ore ad efficienza 40% oppure lavorare 4 ore ad efficienza 90% non è una della preoccupazioni principali delle aziende.

    La reale efficienza nella gestione delle persone in azienda deve partire dalla considerazione che ciascun individuo è un complesso sistema energetico in funzione. 

    E’ fondamentale comprendere bene le  regole ed i  principi di funzionamento di detto sistema energetico prima di poterne ottimizzare realmente il rendimento.

    Cosa significa energia personale?
    Ti senti con più energia quando sei riposato ad inizio giornata? 

    Oppure quando sei riuscito a concludere in meno tempo del solito un compito importante, grazie ad un grado di concentrazione elevata e sei soddisfatto e felice? 

    Senti di avere più energia quando ti immergi in un’attività che ti fa stare in completo stato di flow, quasi dimenticandoti del tempo che passa?

    Hai molta energia quando sei circondato da un clima sereno e collaborativo?

    Oppure quando ti senti semplicemente apprezzato e tenuto in considerazione dai tuoi colleghi?
    L’energia è collegata ai risultati che tu ottieni e di conseguenza ai risultati che l’azienda ottiene. 

    Ma attenzione!

    Non possiamo “ciucciare” energia da fonti esterne e non possiamo comprarla.

    Possiamo solo scambiarla. 

    L’importante è che nello scambio ognuno si arricchisca e non ci sia uno sbilanciamento tra chi offre e chi prende.

    Noi possiamo pertanto solo reagire positivamente o negativamente agli input che quotidianamente riceviamo dall’ambiente in cui siamo immersi.

    L’azienda Probios, come descrivono Jeffrey Liker e Gary Covins nel libro Toyota way per la Lean leadership, grazie ad  un intervento focalizzato sull’incremento di energia in azienda, ha portato a un cambio generale di abitudini organizzative e individuali, favorendo la crescita complessiva dell’azienda: + 60% negli ultimi 2 anni.

    L’energia delle persone è profondamente correlata ai risultati individuali ed aziendali.

    Quando le persone sono prive di energia e vivono trattenute gli effetti sono evidenti, in termini di prestazioni e risultati. Non a caso circa il 70% dei progetti di cambiamento in azienda falliscono. 

    Una delle cause più ricorrenti di fallimento risulta essere proprio la mancanza di energia a sostegno del cambiamento.

    La nostra vita è la somma dei nostri vissuti e delle nostre abitudini, sia quando ne siamo consapevoli, sia quando agiamo inconsciamente spinti da esse.


    La stessa cosa succede anche in azienda.

    Il nostro stile di vita è influenzato largamente dalle abitudini degli altri, dalle convinzioni dominanti del nostro contesto aziendale, dall’ambiente fisico che ci circonda, dalle relazioni e dalle comunicazioni con e tra le persone con cui lavoriamo quotidianamente.

    Possiamo cambiare la nostra vita in azienda, solo quando vogliamo intervenire sul cambiamento del nostro stile di vita.

    Sottolineo volutamente VOGLIAMO, perché è molto diverso dal DOBBIAMO.

    Evitare la stanchezza sostenendo l’energia emotiva ci solleva dall’essere sempre preoccupati

    Ti suggerisco alcuni passaggi che potrebbero esserti utili:

    1. Osserva e scrivi un elenco delle tue abitudini dominanti
      Chi sei? Noi siamo ben oltre ciò che facciamo, ma siamo anche ciò che facciamo ripetutamente. Che ci piaccia o non ci piaccia. 

    Quali sono le tue abitudini ricorrenti? Es. dal numero di volte che leggi le email a quelle in cui vai a prendere il caffè, dal numero di volte che arrivi tardi ad una riunione a quello in cui pratichi sport. Impara ad osservarti come se avessi una telecamera in grado di andare avanti e indietro nel tempo. Resterai sorpreso dal renderti conto che ripeti costantemente le stesse azioni.
    Divertiti nell’elencare le tue abitudini, con occhio imparziale. Osservati e descriviti come se guardassi la vita di un altro.

    1. Osserva che consapevolezza hai delle conseguenze del tuo stile di vita attuale
      Spesso manteniamo in vita le nostre abitudini perché non siamo sufficientemente consapevoli di cosa esse stanno causando in noi. Dopo aver stilato l’elenco del punto precedente, domandati:
      Che ripercussioni potrebbero avere sulla mia vita se continuassi ad avere tali abitudini per i prossimi 5 o 10 anni?
      Che cosa sto perdendo o di cosa mi sto privando a causa di queste abitudini? 

    Le conseguenze di queste abitudini mi rendono felice?

    Osservati e descrivi le conseguenze del tuo stile di vita attuale. Fallo senza riserve e osserva il giudice interiore che non ama il cambiamento. Non giudicarti, scrivi di pancia.

    1. Individua un’area di intervento. Una sola, concreta e alla tua portata.

    Ciò che ci spaventa è l’idea di una grande cambiamento. Non succede nulla se pensiamo al grande cambiamento del nostro stile di vita.
    Possiamo scegliere una sola area di intervento e cominciare ad agire per modificare qualcosa in tale area. Con quale criterio scelgo l’area “ giusta”? 

    Prova a risponderti silenziosamente a queste domande :
    Quale delle mie abitudini ha la conseguenza che mi piace meno o il sacrificio che mi pesa di più?
    Quale area della mia vita mi piacerebbe modificare di più?
    Dove penso sia più facile intervenire?

    Per il nostro cervello non esistono grandi o piccole scelte. Per lui ogni scelta è uguale e comporta lo stesso dispendio cognitivo. Sono le nostre convinzioni, le nostre proiezioni, le nostre immagini correlate a quanto stiamo decidendo a far sentire più o meno importanti alcune aree rispetto ad altre.

    4) Crea una nuova abitudine

    La maggior parte delle nostre abitudini restano tali per tutta la vita, non tutte ovviamente. E’ difficile modificare un’abitudine, dopo che essa è entrata nel nostro schema di funzionamento neurologico. Però possiamo progettare un’altra abitudine che ci aiuti a sostituire la precedente.

    5) Preparati ed Accogli le difficoltà

    E’ normale all’inizio sentirsi impacciati, ma dopo poco non ci ricordiamo più neanche come facevamo prima.

     È utile prepararsi in anticipo alle resistenze interne che nasceranno con diverse tecniche:

    • Preparare una frase chiave da ripetere alle minime avvisaglie, che ci ricorda il motivo per cui stiamo andando in quella direzione.
    • Preparare domanda chiave: per es. qual è la cosa peggiore che mi potrebbe accadere?
    • Scegliere una persona chiave che ci supporta durante questi cambiamenti (un parente, un amico, un coach, un collega).
      L’importante è averci pensato prima in modo che le difficoltà non ci colgano di sorpresa.

    6) Non aspettare

    Molte persone restano per anni nelle stesse condizioni di disagio perché vedono dinanzi a sé un gap troppo grande da superare, tanto grande da lasciarsi intimorire e abbandonano le velleità di cambiamento, restando fermi o quasi. 

    7) Siamo ciò che facciamo ripetutamente

    Non basta fare una o due volte l’azione che porta ad un risultato diverso. Prima che le azioni diventino nuove abitudini, è necessario ripeterle con costanza e a lungo. Quando abbiamo la costanza e la tenacia di continuare a fare le cose giuste, il risultato arriva. Sono sostanzialmente d’accordo con quanto affermano in Toyota quando dicono che

    Se seguiamo i processi giusti, i risultati sono una naturale conseguenza di ciò che facciamo.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    Quanto la tua energia personale sostenibile è rinnovabile?

    L’energia personale in azienda e nella vita potenzia la nostra concentrazione e i nostri risultati, qualunque essi siano.

    L’energia personale va esplorata, ricercata.

    Non si vede. Ma si sente.

    Ecco perché diciamo che il benessere è una ricerca attiva.

    Attiva nel senso di  mutevole e trasformativa.

    Concretamente è uno stato continuo di ascolto, osservazione, ricerca di equilibrio a più livelli: fisico, emotivo e mentale.

    Ogni sera ci impegniamo ad avere smartphone, computer,ipad,  apple watch ecc. sempre carichi; abbiamo alimentatori a fianco al letto, in macchina, in ufficio ma… prestiamo la stessa attenzione a “caricare” ogni giorno la nostra energia personale?

    Se non siamo “carichi e rinnovati” noi per primi, come possiamo caricare gli altri, che siano persone o strumenti?

    Secondo le tradizioni orientali tutti nasciamo con una riserva energetica chiamata Jing: è come se nascessimo con delle batterie in dotazione e una volta esaurite la vita abbandona il nostro corpo. 

    Per evitare di disperdere energia inutilmente, dobbiamo assicurarci di introdurre sempre nuova energia, evitando di ricorrere alle riserve di Jing, custodite nei nostri reni. 

    Jing è infatti una forza costituzionale, è paragonabile alla riserva della benzina della nostra auto, che se va troppo sotto la soglia si spegne e non va più. 

    Jing è ciò che aiuta l’embrione prima, e il bambino poi, a crescere. 

    Questa forza cambia e si sviluppa con noi seguendo i cicli naturali dell’evoluzione del corpo: i cicli sono di 7 anni per le donne e 8 per gli uomini. 

    In tutto ciò c’è una buona e una cattiva notizia.

    La “cattiva” notizia è che la quantità di Jing non può essere aumentata, nasciamo con una riserva che ci porteremo avanti fino al suo esaurimento, ma la “buona” notizia è che possiamo creare delle scorte energetiche che supportano e aiutano la preservazione del nostro Jing essenziale. 

    Nutrire l’energia personale nel corpo fisico.

    Per sostenere l’energia personale  è necessario prendersi cura dei propri reni.

    Quali sono i fattori che indeboliscono il nostro Jin?

    · stress

    · paura

    · troppo lavoro

    · non dormire abbastanza

    · consumo di sostanze tossiche e eccesso di stimolanti

    · consumo eccessivo di dolci

    · consumo eccessivo di proteine animali

    Quali sono invece le abitudini che aiutano a rafforzare i reni e quindi a preservare la nostra energia essenziale?

    · camminare e fare attività fisica moderata

    · mangiare poco la sera

    · dormire a sufficienza

    · tenere i reni e la testa al caldo

    · non stare troppo a lungo in piedi

    Anche l’alimentazione, che e’ un aspetto importante del nutrimento, e che sicuramente non significa  mangiare un po’ di tutto, può contribuire a rafforzare i reni.

    Per esempio:

    · cereali integrali in chicco

    · legumi

    · radici (ad esempio carota) e in generale le verdure invernali

    · doppie cotture (es. riso saltato) e cotture lunghe in generale (es. stufatura)

    · gomasio e sale marino integrale del Mediterraneo

    · condimenti a lunga fermentazione quali shoyu, miso, verdure in salamoia, fermentate (es. crauti)

    · alghe in generale e kombu in particolare.

    Di nutrimento dell’energia e di alimentazione abbiamo parlato ​​

    Quindi, una dieta senza eccesso di dolce (es. zucchero) e acido (es.carne) rende non solo il nostro corpo più forte, ma ci dà l’energia necessaria per non sentirci stanchi.

    Nonostante tutto però sembra che la tendenza occidentale miri ad esaurire le nostre batterie, a non tenere conto della nostra riserva.

    La riserva ce l’abbiamo tutti, l’energia fa parte di noi come il naso aquilino o le fossette sulle guance, ma la dimensione del nostro serbatoio non è uguale per tutti. 

    E non conta, secondo la tradizione orientale, neppure l’età anagrafica.

    Puoi essere giovane con un piccolo serbatoio di riserva, o anziano con una grande energia.

    L’energia personale consente di stabilire il nostro ritmo vitale, di dosare le risorse, di comprendere fino a che punto è possibile sobbarcarsi dei pesi o impegni e quando invece è meglio fermarsi.

    Sfortunatamente non esiste la chirurgia plastica per la nostra energia vitale: certo ognuno di noi può avvertire, per periodi più o meno lunghi, variazioni del nostro tono o forza vitale.

    C’è chi si sente inspiegabilmente stanco o rallentato e chi invece sembra sempre godere di vivacità. Ma sono tutte variazioni transitorie.

    L’energia vitale personale innata finisce sempre per prevalere sui tentativi di modificarla.

    Ecco perché’ esistono persone mai stanche, mentre altre, terminata una normale giornata lavorativa, andrebbero in letargo.

    L’energia inoltre è anche fonte di calore.

    Si tratta di calore umano, che si traduce in capacità di abbandonarsi ai propri sentimenti, di esprimere emozioni,di farsi coinvolgere dalle passioni.

    Anche in questo caso viene chiamata in causa la nostra riserva energetica:

    una cosa è bruciare l’energia perché infiammati di collera, l’altra è gestire le proprie emozioni e distribuire la propria energia per mantenere uno stato di benessere.

    L’energia è ciò che ci da vita e che crea la nostra vita.

    Essere vivo però non va confuso con l’essere vitale.

    Respirare, mangiare, dormire, agire senza comprensione e conoscenza non ci rende vitali.

    Il mondo nel quale abbiamo radicato le nostre convinzioni, per lo più, ci allontana dalla nostra energia personale, la utilizza disperdendola, a volte la prosciuga.

    Come contattare la nostra energia personale e dirigerla bene?

    Imparando ad osservare noi stessi.

    Guardarsi: la disposizione del nostro corpo nello spazio può darci un’idea rispetto all’espansione e connessione della nostra energia, riconoscendone il suo fluire verso l’alto o verso il basso.

    Se l’energia collassa, il peso del corpo gravita verso la terra.

    Le curvature verso il basso, le spalle, la schiena, lo sguardo, ne sono un esempio.

    D’altro canto l’eccessivo protendersi verso l’alto, e l’esterno, petto in fuori e pancia in dentro, denota un eccessiva presenza di Ego dove l’energia è spesso solo nello sforzo di dover fare, impiegata per imporsi all’esterno.

    La forza vitale va cercato al centro. 

    Ricordandoci che siamo connessi alla Terra, che ci sostiene e ci da radici, e al cielo, che ci da visione e orizzonti.

    L’unione di queste due forze è un soffio vitale che inaliamo ad ogni respiro.

    E’ un’energia che, in un ciclo perpetuo nasce e muore ad ogni inspirazione/ espirazione. Arriva al nostro centro, la nostra Hara, e ci restituisce al mondo.

    Nelle discipline orientali, ma anche nelle arti marziali, si parla di prana.

    Nutrire l’energia personale nel corpo energetico

    Nella filosofia Vedanta si parla di Pranamayakosa cioè di corpo energetico, che scorre nel corpo fisico come un sistema circolatorio parallelo e diffuso come quello sanguigno.

    il corpo fisico senza il corpo energetico è materia morta. La nostra esistenza dipende dal prana (energia) assunto sotto forma di cibo, acqua e respirazione.

    Il prana assunto attraverso la respirazione è la forma di energia più sottile per il corpo materiale, infatti senza cibo la sua sopravvivenza è possibile fino e oltre 6 settimane, senza acqua 3 giorni, senza aria, invece, la vita del corpo materiale cessa dopo soltanto 6 minuti.

    Ma esistono altri corpi, come guaine concentriche, che ci definiscono per livelli che vanno da quello materico a quello più sottile ed eterico spirituale.

    Il Pranamayakosa è lo stadio dell’energia vitale.

    Questo corpo è simile per dimensione e forma a quello fisico e, come quello fisico ha una sua struttura fisiologica gestita da “centrali energetiche” dette chakra dalle quali scorre l’energia attraverso una sorta di rete sottile di “canali di collegamento”, le nadi, la cui funzione è quella di distribuire il prana attraverso le varie strutture umane. Non esiste una sola particella dell’essere umano che non funzioni come organo di ricezione, trasformazione e trasmissione dell’energia sottile.

    il nostro corpo energetico è il ponte tra  il nostro corpo fisico e quello mentale.

    Il cervello manda lo stimolo al corpo energetico che, grazie alla sua forza permette al corpo fisico di compiere l’azione.

    Spesso le persone hanno una respirazione ridotta e faticano molto a sentire il corpo che respira.

    La respirazione consapevole avviene nella parte bassa del corpo.

    E’ così che ci rigeneriamo, respirando con tutto il corpo.

    Connettendoci con l’Hara: visualizzando un punto interno più o meno 4 dita sotto l’ombelico e posto al centro tra addome e zona lombare.

    Tanto più abbiamo bisogno di energia forte e concentrata, tanto più stare in connessione con quel punto fisico del corpo ci riporta presenza, forza e radicamento.

    L’energia personale si rigenera nel vuoto

    Come trovare il punto che ci permette di riconoscere, allenare e gestire la nostra energia personale? Come fare, da dove devo partire? 

    In realtà non occorre FARE niente.

    Il FARE è territorio della mente. L’energia è un sentire.

    Il vuoto e’ potenzialità in divenire. Solo nel vuoto posso ricaricarmi ed inserire qualcosa di nuovo.

    Il vuoto mentale è la non mente o mente meditativa.

    Non abbiamo bisogno di sforzarci per sentire l’energia, ma entrare  in uno stato  di vuoto e osservazione della non mente.

    La mente cognitiva ci parla di Osservatore-Osservato.

    Tra l’Osservatore e l’Osservato c’è uno spazio, all’interno del quale i nostri pensieri e le nostre emozioni si srotolano e condizionano l Osservato.

    Entrare nello spazio di vuoto, significa placare la frenesia mentale e stare nella MENTE meditativa. Una mente che non giudica, non ha aspettative nè pretese, ma semplicemente è.

    Essere nella mente meditativa significa stare nell’ osservazione e fare spazio.

    Il vuoto non è associato al niente ma allo svanire delle cose, lo svanire delle emozioni.

    Lo svanire delle emozioni non ha un carico, e quindi ci libera e ci apre al nuovo.

    Nel vuoto non si sa cosa succederà, non c’è un giusto e uno sbagliato. 

    Senza aspettativa e senza pretesa si attiva leggerezza e liberazione.

    Anche nell’osservazione del chi sono e cosa voglio e, soprattutto, nel senso di quello che faccio, osservo la qualità della mia energia, dove e’ greve e boccata e dove libera e vibrante.

    Dove esprimo la mia unicità? Dove dirigo la mia energia? 

    Abbiamo parlato di senso del lavoro in questo articolo

    Il “lavoro” sull’energia implica un approccio orchestrale: va fatto a più livelli attivando comprensione, osservazione e strumenti pratici che sostengono la ricerca di equilibrio e connessione di tutte le nostre espressioni (corpo, mente, emozioni).

    Le 4 fasi del ciclo dell’energia personale sostenibile e rinnovabile

    E’ un approccio che prevede la visione circolare del fluire energetico. Solo se tutte e 4 le fasi vengono attraversate si può parlare di energia sostenibile e rinnovabile.

    Sostenibile, dal latino “ sub-tinere”= tenere da sotto. Abbiamo bisogno di creare il presupposto per cui ci siano radici forti, per cui la nostra energia sia sostenuta dall’appartenenza al Tutto, alla Natura, dove il Tutto è nell’Uno e l’Uno è nel Tutto.

    Sostenibile nel senso di rispettoso del cicli della natura che corrispondono ai nostri cicli.

    Rinnovabile, dal latino Re-Novare, rendere nuovo. Abbiamo visto che abbiamo una grande responsabilità nel mantenere un buon livello energetico personale e che lo possiamo fare con una visione integrata ed inclusiva delle diverse parti di noi.

    Proviamo con un esempio semplice e comune, ma questo approccio possiamo declinarlo su tutto.

    Immaginate di avere il desiderio di fare un viaggio.

    Proviamo ad analizzare il percorso intuitivo, mentale ed emotivo che guida il processo (energetico) nella decisione.

    fase 1)  PENSIERO

    “ Mi piacerebbe andare a Praga!”

    Quale è l’atteggiamento iniziale con cui approcci questo pensiero? 

    Farà caldo, farà freddo, devo lasciare i bambini, costerà troppo, devo chiedere un permesso al lavoro…oppure immagino la prima cena nel miglior ristorante di Praga, godo all’idea di camminare nel clima freddo e affascinante di Praga ecc, che bello prenoto e vado …dove vanno i tuoi pensieri ?

    fase 2)  INFORMAZIONE

    “Cerco il volo, l’albergo, informazioni sulla località”

    Anche in questo caso osserva con quale atteggiamento cerchi l’informazione? 

    Il tuo pensiero iniziale, il tuo atteggiamento influenza la modalità con cui cerchi le informazioni.

    fase 3)  AZIONE

    “ Prenoto e si parte ” 

    E’ il momento in cui il pensiero si fa solido, l’energia iniziale prende forma nell’azione. Da quale atteggiamento e informazione abbiamo reso “ solido” il nostro pensiero?

    Pensiero, Informazione e Azione sono fondamentali per il l ciclo di sviluppo dell’energia personale ma  solo nella fase 4 possiamo parlare di energia sostenibile e rinnovabile.

    fase 4) RIPETIZIONE

    “Ora sono so come organizzare un altro viaggio”

    Il pensiero “solido” diventa forza vitale, quando si ripete nel tempo.

    Costanza e ripetizione, proprio come carichi il tuo telefono tutte le sere, rendono la tua energia sostenibile e rinnovabile.

    Abbiamo visto come la comprensione della circolarità dell’energia personale su un piano mentale fisico ed emotivo non cambiano la nostra riserva costitutiva essenziale, ma potenziano la nostra capacità di gestirla al meglio e di farla durare a lungo nel tempo per cogliere sempre al megio cio’ che la vita lavorativa e personale ci offre!

    Buona estate a tutti  piena di energia!

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

  • Il metodo

    La leadership emotiva passa attraverso l’energia del corpo

    Nel 2005 sono stata operata alle corde vocali perchè avevo un nodulo che ostruiva il passaggio del suono. Le corde vocali si erano irrigidite e mi ritrovai completamente afona.

    Per il mio lavoro in particolare, sempre a contatto con le persone, anche nell’insegnamento, era un disagio penalizzante.

    Ma è stata anche la mia fortuna.

    Venivo da un’esperienza aziendale di leadership tradizionale, up & down, e la mia difficoltà principale era “starci dentro”.

    Avevo un ruolo manageriale e il lavoro mi piaceva, ma ero sempre in conflitto con ciò che sentivo e con l’ambiente aziendale.

    Ecco che il sintomo fisico mi arrivò proprio colpendo la gola. 

    Non riuscivo a comunicare quello che ero. 

    Le mie corde vocali erano impregnate di un miscuglio di emozioni, di conflitto e dolore.

    Lavoravo già da parecchi anni sull’intelligenza emotiva e le emozioni nel corpo, mi ero laureata con una tesi sulla comunicazione non verbale, ma era più facile riconoscerle negli altri che in me.

    Dopo il 2005 ho compreso che, se non mi fossi presa la responsabilità di lavorare in primis su di me, non avrei mai potuto guidare, ispirare nessun altro, nemmeno i miei figli, anzi soprattutto loro.

    Non ci addentriamo in questa sede sul significato dell’intelligenza emotiva essendoci una bibliografia amplissima e, trovando in Goleman, il padre dell’intelligenza emotiva.

    Saper guidare è un’abilità importante per chi lavora in gruppo. Che si tratti della direzione di un’impresa o della necessità di motivare i colleghi, essere capaci di ispirare e dirigere è fondamentale per raggiungere qualunque obiettivo.

    Goleman ci parla di 6 tipi di leadership emotiva ma ci dice anche che non esiste uno stile di leadership emotiva migliore di altre. 

    Si basano tutti sulla capacità di capire le emozioni altrui.

    Ma come faccio a comprendere le emozioni altrui se non riconosco le mie?

    E’ importante notare che molte persone non riescono a capire le proprie emozioni perché non sanno interpretare bene i segnali inviati dal proprio corpo. 

    Solitamente associamo le emozioni a un sentimento, ma in realtà tutte le emozioni partono da una sensazione fisica. Questo vuol dire che, indipendentemente dal nostro grado di confusione, possiamo entrare in contatto con un’emozione prestando attenzione a cosa succede al nostro corpo.

    Essere consapevoli del proprio corpo può sembrare la cosa più semplice.

    In realtà scopriamo che non è proprio così. 

    Se stiamo fermi non lo sentiamo. Se camminiamo siamo distratti da altre sensazioni.

    Le ragioni per cui e’ importante essere consapevoli del proprio corpo sono :

    • la consapevolezza del proprio corpo è un evento in continuo movimento che ci ancora al momento presente
    • le sensazioni fisiche sono porte d’ingresso per riconoscere le proprie emozioni
    • le sensazioni fisiche accompagnano i processi di pensiero e, a volte, attivano pensieri ripetitivi
    • la consapevolezza corporea riduce l’eccessiva identificazione con gli stati mentali negativi
    • ci permette di incontrare, in modo delicato, quello che tendiamo ad evitare emotivamente

    Evitare di sentire il corpo ha una ragione principalmente pratica: evitare di sentire le emozioni.

    E’ piu’ accettabile avere una tensione sulle spalle, piuttosto che sentire la rabbia; avere un vuoto allo stomaco piuttosto che sentire la paura.

    Quindi il  primo passo è sicuramente allenarsi ad ascoltare il proprio corpo.

    Vantaggi e Svantaggi della leadership emotiva

    La sfida è riconoscere vantaggi e svantaggi della leadership emotiva e “surfare” in equilibrio tra il fare e il sentire, l’imporre e l’accogliere, l’azione e la riflessione. 

    Tutto ciò ha a che fare con la nostra energia personale maschile e femminile. 

    • Prosperare in periodi di caos e di cambiamenti turbolenti
    • Essere sincero nel comunicare verità “dolorose”
    • Ispirare, generare, rendere sentito l’obiettivo dell’azienda
    • Promuovere innovazione e creatività
    • Creare relazioni cordiali e durevoli sia all’interno che verso i clienti
    • Essere empatici ma autorevoli

    La leadership emotiva comprende ognuna di queste possibilità.

    Come qualunque altra competenza o approccio, può avere  aspetti positivi e negativi. Considerarli ci aiuterà a decidere se fare appello alle emozioni sia la scelta più adeguata o se, al contrario, sia meglio ricorrere a un approccio più basato sulla logica e meno sull’empatia.

    Vantaggi:

    Non si può negare che dirigere un gruppo avendo a disposizione una buona dose di intelligenza emotiva offre benefici di ogni tipo. Tra i principali troviamo un ottimo equilibrio tra il raggiungimento degli obiettivi e buone relazioni all’interno del gruppo. Questo probabilmente significa dover sacrificare, in certa misura, l’efficienza dell’impresa, in cambio offrirà maggiore benessere ai dipendenti.

    Un buon leader emotivo deve essere capace di valorizzare le qualità dell’equipe, di aiutare gli altri a scoprire e sviluppare talenti e competenze. Uno dei risultati sarà una maggiore motivazione del gruppo, fondamentale per il buon andamento dell’azienda.

    Svantaggi:

    Adottare la leadership emotiva, tuttavia, può non essere sempre ottimale. In alcune circostanze potrebbe dare corso ad una serie di ripercussioni negative, tra cui:

    • Portare il leader ad agire in modo impulsivo. Un atteggiamento simile può essere svantaggioso per l’azienda e per il raggiungimento degli obiettivi nel caso in cui richiedano un orientamento più razionale.
    • Causare problemi di autocontrollo. In alcune occasioni, un leader deve prendere decisioni difficili, dure a livello emotivo. Un eccesso di empatia può rendere la gestione complicata o andare contro il processo stesso.
    • Provocare fluttuazioni emotive. Un eccesso di empatia o connessione con le proprie emozioni può far sì che queste influiscano troppo sullo stato d’animo del leader. Un leader, in linea di massima, deve essere un esempio di solidità e stabilità; diventa invece complicato esserlo quando si è in balia di emozioni non controllate.

    Come l’intelligenza emotiva influenza la leadership emotiva

    L’intelligenza emotiva può essere riconosciuta come l’insieme di specifiche capacità quali: consapevolezza, padronanza di sé,  motivazione, empatia, abilità nelle relazioni interpersonali, che permettono di utilizzare le emozioni come un patrimonio di ricchezza a vantaggio nostro e della collettività.

    L’IE ( intelligenza emotiva) incontra la leadership là dove si manifestano capacità di: 

    • ascolto
    • empatia
    • autorevolezza
    • capacità di ispirare gli altri a partire da ciò che li motiva, capacità di creare un ambiente emotivamente sicuro
    • influenzare emotivamente i propri collaboratori, saperli motivare innescando sentimenti positivi e riuscendo a liberare l’espressione del talento personale

    Goleman in Leadership emotiva. Una nuova intelligenza per guidarci oltre la crisi, afferma che Il leader emotivo è una persona “dotata di uno speciale talento di calamita limbica” che ha la capacità di creare risonanza, di stimolare comportamenti che permettano di suscitare emozioni positive, entrando in contatto e influenzando il cervello emotivo dei propri collaboratori.

    Come afferma Goleman, “ I leader sanno scuoterci. Accendono il nostro entusiasmo e animano quanto di meglio c’è in noi.”

    La leadership emotiva è sinergia tra energia maschile e femminile

    La cultura occidentale ha da sempre scelto lo sviluppo dell’intelligenza cognitiva e ha fatto della mente e del logos la propria coppia d’assi, ignorando che le emozioni sono alla base di ogni comportamento umano. 

    Così sono stati costruiti i nostri modelli di management, e il ruolo di leader costruito su valori maschili, indipendentemente dal gender del leader, e per tradizione associato al concetto di forza, decisione, e razionalità.

    Sarebbe riduttivo negare che valori come empatia, nuova leadership, balance sono entrati a livello concettuale nelle organizzazioni ma non ne permeano ancora il terreno.

    Definiamo il femminile come l’energia dell’emotività, dei sentimenti, della sensibilità e della ricettività, della cura, della creatività. Viceversa il maschile richiama razionalità, azione, freddezza, coraggio, lealtà, individualismo e spinta all’avere. Il femminile è per lo più interiore e si declina nella cura del particolare, nell’andare dentro. Il senso prevalente è il tatto, legato alla carezza, al gesto che guarisce. L’energia maschile è orientata al sociale, al dominio, all’andare verso l’esterno e conseguentemente la vista prevale sugli altri sensi.

    Come  attuare una trasformazione a favore di una  leadership emotiva?

    Un primo passo è osservare in che equilibrio sono le nostre 2 energie maschili e femminili.

    Perché il successo di un’autentica leadership emotiva deve tenere conto del proprio femminile. Altrimenti il conflitto interno si manifesta all’esterno e non siamo riconosciuti.

    Permettere all’uomo di riconoscere le proprie emozioni significa integrare la propria energia femminile. Permettere alla donna di esprimere il potere femminile con le caratteristiche del femminile permette di abbassare il disequilibrio dell’energia maschile della donna in azienda.

    Per esercitare una bisogna riscoprirsi esploratori.

    Fare l’esploratore significa sapersi muovere su qualsiasi tipologia di terreno, sapersi orientare in qualsiasi momento della notte e del giorno, riconoscere i pericoli affrontarli e trovare la giusta soluzione. Ecco perché oltre al piano delle competenze, è opportuno sapersi destreggiare in ogni occasione che si presenta.

    Ma fare l’esploratore significa anche ascoltare, accogliere il sentiero. Fidarsi di sé e dei propri compagni di viaggio. Prendersene cura affinché la traversata sia sicura per tutti, per sé, per loro, per il mezzo di esplorazione e per la meta da raggiungere.

    E’ con questo spirito, e con la ricerca dell’equilibrio tra il proprio maschile e femminile che si affinano gli strumenti da mettere in campo di volta in volta affinché la situazione sia sotto controllo ma non controllata, sia gestita ma non schiacciata.

    In più una leadership emotivamente intelligente si riconosce nella capacità di dare cattive notizie in modo comunque generativo per il gruppo e per le persone. https://www.energyogant.it/la-nuova-leadership-e-adattiva-e-condivisa/

    Tra le principali caratteristiche di coloro che hanno un’alta intelligenza emotiva viene individuato l’essere perenni apprendisti, life-long learners che costantemente sentono il bisogno di crescere, di farsi domande, di imparare cose nuove e in nuovi modi, persone disposte a cambiare le loro idee per aprirsi al nuovo.

    Per concludere in leggerezza, suggerisco di dare un’occhiata alla serie New Amsterdam su Netflix dove Max,  il leader, a mio parere è un buon tentativo di leadership emotiva.

    “Un pittore mi disse che nessuno può disegnare un albero senza diventare in qualche modo un albero; o disegnare un bambino studiando soltanto il profilo della sua forma… ma col guardare per un po’ di tempo i suoi movimenti e i giochi, il pittore entra nella sua natura e quindi può disegnarlo.” (Ralph Waldo Emerson)

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.

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  • Il metodo

    Ti senti stanco quando l’autorità prevale

    La mia sveglia suona molto presto al mattino. Diciamo che quando (poche volte) suona alle 6.30 è troppo tardi.

    Ciò che mi spinge a mantenere l’orario del mattino tra le 5.30 e le 6 è la consapevolezza che ci sono molte cose da fare. 

    Nessuno apparentemente mi obbliga a farle, se non la voce della mia autorità interna. 

    Come libera professionista, mi sento “molto professionista e poco libera“ perchè il mio datore di lavoro è sempre con me. 

    Mi ricorda ogni giorno della settimana e in qualsiasi orario, lui non distingue il mercoledì dalla domenica, cosa avrei dovuto fare, cosa ho concluso e cosa devo ancora fare. 

    E questa sua sollecitazione non andrebbe mai in vacanza, perché conosce solo questa modalità, vuole essere sicuro e stare nella sua “zona di comfort”. 

    Mi richiama continuamente all’azione.

    Di fatto sono grata al mio datore di lavoro interno che mi richiama all’ordine, e mi accorgo della differenza quando non lo fa. Ma sicuramente lui ascolta solo se stesso e non lascia spazio ad altri aspetti preziosi, vitali e nutrienti della mia vita.

    In quest’epoca di dematerializzazione degli uffici non mi sento minacciata, perché ormai da anni ho compreso che lo spazio del mio ufficio riguarda altro, ma la ricerca per affinare dove sta quest’altro è l’aspetto che mi appassiona da anni.

    Si tratta di mettere insieme 3 sedi:

    personalmente, ho compreso che il mio cuore sente le emozioni che mi attraversano ed anche quelle altrui, la mia testa lavora sempre con pensieri che vanno anche nella direzione della mia libertà. Ma il motivo della mia stanchezza e’ la sede della mia anima, essenza, spiritus, sense of life, Vita ognuno la chiami come crede.

    Di fatto mi sento stanca quando la mia anima si sente schiacciata, pressata dalle continue richieste del mio datore di lavoro interno e dalle cose da fare.

    Lo spazio della mia anima si muove su altri paradigmi, per esempio rispetto al concetto di TEMPO. Lei vorrebbe lascialo andare, perderlo per poi recuperarlo.

    Ogni mattina, prima di iniziare la mia giornata, mi occupo di lei attraverso una pratica che, da oltre venticinque anni, ho affinato e migliorato ma è davvero poca cosa, rispetto al suo bisogno.

    Ecco da dove ha origine la mia stanchezza.

    Quando l’autorità esterna o interna ti invade, ti senti stanco.

    Mi aiuta senz’altro prendermi delle giornate promettendo al mio datore interno che recupererò, ma oggi ho la consapevolezza che ne ho bisogno tutti i giorni per alimentare la mia vitalità ed energia, soprattutto per poter essere poi in grado di dare agli altri senza farsi prosciugare.

    Così ho introdotto nella mia quotidianità da smart workers ( a dir la verità ho iniziato molto tempo prima ) oltre alla lista del “to do” anche quella del “to be”: lista di piccole cose ordinarie in cui lascio che la  mia anima respiri, prenda vita senza lasciarsi “ soffocare” dagli impegni.

    Nella mia lista ci sono:

    • momenti di respiro consapevole
    • metto il telefono in silenzioso 
    • bevo acqua ad occhi chiusi
    • attenzione
    • prendersi cura 
    • gratitudine 
    • immaginare

    Queste attività in maniera alternata, le distribuisco nell’agenda della mia giornata.

    Perchè ti senti stanco?

    E’ normale sentirsi stanchi, capita a tutti. E le vacanze servono spesso proprio a questo: recuperare e riposarci.

    Ma la stanchezza non è una ed unica per tutti.

    Distinguiamo 3 tipi di stanchezza:

    Stanchezza del corpo, dopo una corsa, una gara … E’ una stanchezza gioiosa e appagante.

    I nostri muscoli sorridono. E’ una stanchezza che rigenera.

    Stanchezza della mente, quando siamo nella gabbia del criceto e i nostri pensieri girano continuamente. Le nostre palpebre sono pesanti, la nostra testa si sente piena, la mascella e le spalle sono contratte, il cuore è chiuso. E’ una stanchezza da cui si fa fatica ad uscire perchè spesso il sonno non porta rigenerazione e riposo. Anzi. Così potrebbero mostrarsi 2 possibilità per gestire questa stanchezza:

    1. fare qualcosa di fisicamente estremamente faticoso in modo da non poter pensare. La velocità dello sforzo fisico supera quella dei pensieri
    1. prendersi il tempo per esplorare quei pensieri, attraverso la pratica della meditazione. Questa seconda possibilità è sicuramente più complessa.

    Stanchezza del cuore a livello fisico corrisponde con la chiusura del diaframma e con la sensazione di un pugno allo stomaco.

    Ci rendiamo conto della distanza tra le nostre emozioni e sentimenti e quelle dell’altro.

    Pensiamo di essere stati illusi o delusi, o entrambi. Necessitiamo di prenderci cura, cullare il nostro cuore.

    Stanchezza della mente che prevale su corpo e cuore, è la stanchezza del nostro ego, dell’ambizione che vive di corsa per raggiungere e superare tappe, obiettivi, che perde di vista se ciò che sta rincorrendo è ciò che vuole e inevitabilmente si perde il senso del piacere. Il piacere di vivere e la libertà di essere ciò che si è. In questa fase l’unico riposo è 

    “mollare la presa”, lasciare andare.

    In senso fisiologico si può considerare la stanchezza come un segnale di allarme che scatta quando l’organismo si avvicina ai propri limiti. A volte ci sentiamo arrabbiati, infelici ma siamo solo stanchi.

    Le neuroscienze affermano che l’essere umano perde energia se nel suo animo non trova più immagini che lo motivano e che creano nuove connessioni nel suo cervello.

    Un proverbio africano recita:

    Il cammino attraverso la foresta non è lungo se si ama la persona che si va a trovare. 

    Se durante il cammino non hai una direzione, non senti appagato e non ritrovi dentro di te le giuste motivazioni il viaggio può diventare un incubo.

    Alla fine ti senti stanco: stanco perché’ sei “scollato” da te!

    L’insoddisfazione può avere così effetti sul corpo e sulla mente, per cui non va sottovalutata, ma bensì riconosciuta e affrontata per trasformarla in un motore positivo per il nostro benessere.

    In una società dove tutto è possibile ma poco è effettivamente raggiungibile per i più, il terreno è molto fertile per il proliferare di insoddisfatti cronici e quindi di immotivati perennemente stanchi: stanchi di iniziare, stanchi di cercare, stanchi di pensare, e di agire.

    Le principali forme di insoddisfazione sono collegate alla natura dei bisogni umani:

    1. non sentirsi realizzati nei ruoli professionali e in quelli privati
    2. non sentirsi importanti
    3. non sentirsi amati o di appartenere
    4. non avere una vita stimolante e varia
    5. non soddisfare i bisogni primari (sessuali, deprivazione sensoriale etc.)

    Ti senti stanco quando provi gratitudine? 

    Essere grati vuol dire prima di tutto osservare e riconoscere.

    Vuol dire sapersi fermare, nonostante il ritmo frenetico della vita quotidiana, ed imparare ad ascoltarsi, a leggere nei meandri della propria anima, colei che sa sempre cosa vuole e il cammino da percorrere. 

    La nostra anima sa, lei bussa alla nostra porta costantemente. E’ la nostra struttura egoica (nessun giudizio negativo sul nostro ego) che prevale e non ascolta. Ad un certo punto l’anima, per poter essere ascoltata, ci manda sintomi nel corpo fisico e anche lì a volte stentiamo ad ascoltare. 

    Tipicamente accade con la stanchezza, che deve proprio farci stramazzare a terra per fermarci.

    Conoscersi e ri-conoscersi vuol dire anche imparare a fidarsi di sé

    Essere coscienti di chi siamo, cosa stiamo vivendo e chi intorno a noi collabora (persone, natura, contesti) alla nostra migliore espressione, significa sviluppare attenzione, e ciò ci restituisce la percezione di senso del nostro agire, del nostro valore, evitando sovraccarichi fisici e dispersione di energia.

    I benefici della gratitudine influiscono positivamente anche sulla carriera e sulla quotidianità: lo riporta Forbes, citando lo studio di Bersin&Associates, che le aziende che “eccellono nel riconoscimento dei lavoratori” sono 12 volte più propense a ottenere rilevanti risultati di business. 

    A livello psicofisico, invece, il Washington Post riporta le scoperte del ricercatore Robert Emmons dell’University of California, il quale ha compilato una lista di fattori benefici sulla mente e sul corpo causati dalla gratitudine consapevole: nel dettaglio, praticare gratitudine abbassa i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, del 23%, riduce del 7% i sintomi di infiammazione nei pazienti con insufficienza cardiaca, combatte la depressione, diminuisce la pressione sanguigna e migliora la qualità del sonno. Per essere efficace, però, la gratitudine dev’essere coltivata ogni giorno. 

    “Grazie” è il plurale di “grazia”

    Nella mistica di tutte le religioni esiste il concetto di “grazia”, come dono che proviene da un regno altro a quello umano: la grazia come qualcosa di divino dunque, eppure reale, come sentimento che ci inonda, ci sorprende e ci rende grati.

    La semplice riconoscenza nei confronti dell’esistenza, di ogni nuovo momento presente, può dare nuova linfa al nostro vivere, infondendo anche al nostro agire una qualità completamente differente da quella che esperiamo quando guardiamo il mondo a partire dalla “mancanza”.

    Una pratica di gratitudine è quella di prendersi tutti i giorni 5 minuti per ringraziare : persone o qualcosa che vi è capitato, oppure scrivere (aiuta molto) cosa è andato bene e cosa può essere migliorabile. 

    Annotare  le cose belle che sono capitate a noi o agli altri aumenta la nostra vitalità ed energia.

    Fare apprezzamenti.

    Ringraziare i collaboratori per un successo ottenuto.

    La gratitudine è un’abitudine.

    Quando ti senti stanco non ti accorgi dei ladri di energia 

    Apportare il giusto nutrimento a sostegno della nostra energia è necessario affinché la nostra vitalità si possa manifestare attraverso il corpo ( in azioni focalizzate ed efficienti), i pensieri ( a sostegno di creatività e brio mentale) e le emozioni ( a favore di positività e fiducia nel futuro).

    La sfida del momento è riuscire ad essere propositivi per se stessi, e come leader, anche per i propri collaboratori.

    In una fase storica di smaterializzazione del posto di lavoro e di distanziamento fisico, e quindi di poca empatia, sostenere e dare strumenti per superare la stanchezza diventa prioritario per continuare ad avanzare verso quello che il futuro ha in serbo per noi.

    Chi sono i ladri di energia?

    Non sono solo le persone, i famosi “vampiri “ del lamento, ma le anche nostre abitudini quotidiane.

    Alcuni spunti : 

    • “Always on”, essere sempre connessi, perchè non è salutare
    • Pensieri negativi che influenzano la nostra lucidità mentale, perché le frequenze si riconoscono e si attraggono
    • Alimentazione sbilanciata che sottrae invece che ricaricare, perchè una pancia piena non significa sempre benessere
    • Mancanza di atti di gratificazione personale, perchè non sempre sono gli altri a doverci riconoscere
    • Promesse mancate
    • Non accettare
    • Non perdonare
    • Rabbia e risentimento
    • Incapacità a dire di no, perché sottrarsi non è resa ma una decisione.

    ENERGYOGANT

    Il metodo Energyogant concreto e misurabile, ha come intento il miglioramento e il sostegno dell’energia personale anche nei momenti di alto impatto lavorativo.

    E’ suddiviso in 4 macro aree all’interno delle quali vengono forniti strumenti e feedback per sviluppare energia, creatività, concentrazione e vitalità nel singolo, migliorando il  benessere organizzativo.